In questi ultimi vent’anni in Italia la violenza mafiosa sembra essersi fatta silenziosa; la mafia è morta? verrebbe da chiedersi. Il silenzio delle sparatorie, l’assenza di corpi coperti di sangue e lasciati inanimi sulle strade coincide veramente con la fine della mafia?
Nell’atmosfera sobria e raffinata del college Nurfield di Oxford, tra le mura che tanta storia hanno visto scorrere La VOCE di New York ha conversato di cose su Cosa Nostra con il Professore Federico Varese, che in qualità di esperto di mafia, qui insegna alla cattedra di Criminologia e conduce ricerche sul crimine organizzato e corruzione. Oggetto di studi e indagine di un suo libro è stata la Russian Mafia, (Oxford University Press 2001), mentre di recente pubblicazione il libro Mafias on the Move: How Organized Crime Conquers New Territories (Princeton Univ. Press 2012).
Il professor Varese ha analizzato approfonditamente i movimenti della mafia italiana in territorio nazionale dove nuovi insediamenti delle organizzazioni mafiose furono favorite dal soggiorno obbligato e/o dall’immigrazione economica. “Il trasferimento è stata una buona cosa”, ebbe a dire il pentito Gaspare Mutolo in un documento citato nel libro di Varese, “poiché ci ha permesso di entrare in contatto con nuove persone, di scoprire nuovi posti e nuove città”.
Uno dei primi casi di insediamento mafioso fu Bardonecchia, paesotto ai confini con la Francia e primo comune sciolto dal Presidente della Repubblica nel 1995 per infiltrazioni mafiose. A Bardonecchia erano stati inviati per soggiorno obbligato membri della ‘Ndrangheta proveniente dall’Aspromonte. Questa mafia campeggiata da Rocco Lo Presti riuscì ben presto a dominare il settore delle costruzioni negli anni ’50 e ’60, quando la costruzione del tunnel Freius di collegamento con la Francia, aveva favorito un fermento economico. La mafia riesce così ad offrire forza lavoro competitiva, protezione illegale (violenza ) per sedare le dispute fino ad infiltrarsi abbondantemente nelle strutture amministrative politiche.
Dal caso di Bardonecchia, Varese illustra come diversi fattori devono essere simultaneamente presenti per favorire l’insediamento della mafia in nuovi territori. Dal ragionamento accademico del Professore si desume che il bisogno di protezione illegale nasce dove è in crescita una realtà economica in espansione e dove questa coincide con una carenza se non mancanza di forme di protezione istituzionali. Questi sono gli elementi humus che favoriscono la penetrazione mafiosa. Questi sono gli elementi che favoriranno l’insediamento delle cinque famiglie di Cosa Nostra in New York, la nascita della mafia Russa e quella cinese…
Professor Varese, la mafia è davvero in forte declino e forse già scomparsa come pensa qualcuno?
Sicuramente in questi ultimi decenni la mafia ha subito una forte pressione da parte dell’attività repressiva dello stato, molte delle proprietà dei mafiosi sono state confiscate e molti boss sono in carcere. Ma la mafia non è scomparsa; continua a lavorare silenziosamente nel territorio riscuotendo i prodotti delle estorsioni e controllando il settore degli appalti. Va, però aggiunto che la mafia si è adattata alle nuove esigenze, al nuovo sistema dei mercati. Del resto nei processi di adattamento la mafia è maestra. Basti ricordare che alle sue origini gli interessi della mafia giravano intorno al commercio degli agrumi per poi spostarsi verso il controllo del mercato edilizio negli anni 50-60’ per cambiare ancora interessi negli anni ‘70 quando la mafia ha dominato il controllo del commercio delle sostanze stupefacenti. Grande capacità di adattarsi ai cambiamenti del mercato e di rinnovarsi.
Quali cambiamenti lei intravede nella mafia moderna?
Oggigiorno dobbiamo tener conto che le innovazioni sia nelle comunicazioni che nei trasporti non possono che favorire una globalizzazione del crimine. Quindi dovremmo avere maggior allerta sui movimenti delle mafie e capire con quali modalità le mafie si muovono e si insediano nei nuovi territori.
E’ possibile tracciare un percorso della mafia italiana in Europa ?
La strage di Duisburg dove rimasero uccisi 5 giovani calabresi e avvenuta nel ferragosto del 2007 e oltre ad essere la conseguenza di una lotta fra le diverse ‘ndrine calabresi fu la testimonianza della presenza della ’Ndrangheta in Germania. Del resto è la mafia calabrese in questi ultimi decenni ad essere considerata la mafia più potente grazie al dominio del commercio della droga. Questa predominanza sulle altre mafie è stata favorita dalla presenza del porto di Gioia Tauro (Calabria) che meglio di altri porti nel Sud si presta per questo tipo di commercio.
Si hanno tracce di presenze mafiose in territorio britannico?
L’arresto nel 1995 di Antonio La Torre, proprietario di un ristorante ad Aberdeen rappresentò una grande vittoria per la lotta alla mafia. La Torre era un camorrista, membro del clan La Torre di cui suo fratello Augusto era capo indiscusso. Antonio La Torre si era insediato in Scozia nel 1984 sia per sfuggire alla giustizia italiana che per facilitare il riciclaggio di soldi sporchi attraverso l’attività di ristoratore. Il caso di La Torre è interessante poiché la Corte Italiana riesce ad ottenere l’estradizione del camorrista nel 2005 come effetto dell’approvazione del Mandato di Arresto Europeo (MAE) che è una procedura giudiziaria che facilita le estradizioni tra gli Stati membri dell’UE.
Anche Roberto Saviano sul The Telegraph commenta che l’impero della famiglia La Torre era un impero che un tempo valeva milioni di euro e che aveva trovato in Aberdeen un paradiso lontano dalle gang del napoletano. “Un altro caso di un mafioso su territorio britannico che invece non ha avuto un esito positivo è il caso di Domenico Rancatore, figlio del boss Francesco di Trabia (Sicilia) e condannato a 7 anni di reclusione per associazione mafiosa dal Tribunale italiano. Rifugiatosi in Inghilterra sotto il falso nome di Marc Skinner ha qui vissuto indisturbato per venti anni”.
La richiesta di estradizione non ha avuto esito positivo per dei cavilli giudiziari. Lo stesso Giudice Riddle motivò la scelta di non concedere l’estradizione in quanto “le condizioni di prigionia in Italia non sarebbero state consoni al rispetto dei diritti umani”.
[Nonostante la dichiarazione del giudice britannico appaia ingiustificata nei confronti del sistema giustiziario italiano ha di fatto permesso a Domenico Rancadore di essere un libero cittadino nonostante la condanna. Questo episodio, che inevitabilmente getta qualche ombra sul rapporto tra la giustizia italiana e quella britannica in relazione alla questione mafia, ci induce a riflettere e ad ipotizzare che sono ancora molte le zone fosche e impenetrabili dei movimenti delle mafie. Queste considerazioni inducono inevitabilmente un’ulteriore domanda al Professore Varese, nda].
Si possono intravedere collegamenti tra i movimenti finanziari della City di Londra e possibili interessi della mafia?
E’ difficile trovare evidenze di riciclaggio di denaro sporco in UK. Il Regno Unito si è dotato di una regolamentazione che permette a molte banche di non imporre la trasparenza. Basti immaginare alla creazione dei Trust che non hanno l’obbligo di essere registrati e che invece possono protegge le identità di chi ne fa uso. Inoltre alla City di Londra sono direttamente collegate le banche aventi sede nelle quattordici isole fiscali offshore come le British Virgin Island, l’isola Jersey, le Bermuda etc….
Non è inopportuno, quindi, pensare che la tutelata segretezza dei tanti paradisi fiscali possa attrarre i cospicui guadagni delle mafie tutte. Potrebbe esserci una correlazione tra la nuova tendenza delle mafie a creare profitto attraverso canali virtuali sofisticati e il riposo delle armi? Ci si auspica che ad un silenzio delle sparatorie, non coincida un dormiente interesse da parte delle agenzie investigative sulle tematiche mafiose.