In Svezia, il Paese europeo più “accogliente”, i migranti sono un problema. Nei giorni scorsi alcuni centri che li dovrebbero accogliere sono stati dati alle fiamme. Tre gli incendi a distanza di pochi giorni uno dall’altro: in una la scuola (destinata, per l’appunto, ad accogliere i migranti) a Smaland, in un edificio ad Arlov Scania (dove erano ospitati i bambini richiedenti asilo) e all’interno di un edificio scolastico a Kungsbacka, vicino Goteborg dove “Metà dell’edificio è stato danneggiato dal fuoco”, come ha riferito Mikael Lindgren, capo operatore dei servizi di emergenza Greater Gothenburg. Incendi che ricordano quello appiccato alla moschea di Eskilstuna, a un centinaio di chilometri da Stoccolma, e quello di Eslov (anche questo ha avuto come bersaglio alcuni locali adibiti a moschea).
Pochi i dubbi sulle cause degli incidenti: anche se ancora non è possibile parlare di certezze (non essendo state effettuate le indagini di rito), molti osservatori ritengono che si sia trattato dell’ennesimo attacco contro i migranti. Negli ultimi mesi, infatti, la Svezia è stata teatro di non meno di 14 presunti attacchi incendiari analoghi. Nel 2015 il cambio di governo è stato seguito dall’adozione di una diversa politica in materia di accoglienza degli extracomunitari, se è vero che nei primi tre mesi dell’anno il Paese è scivolato al quinto posto per richieste di accoglienza con un calo del 41% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Gli svedesi si sono resi conto che il numero dei migranti accolti, sebbene in calo in termini assoluti, è comunque elevato in rapporto alla popolazione: sono 8,4 i richiedenti asilo ogni mille abitanti (contro i 2,5 della Germania e 1,1 dell’Italia). Un numero di migranti che, pur non elevatissimo in assoluto, ha causato squilibri sociali che sono sfociati in duri scontri.
Qualche mese fa anche la capitale svedese, Stoccolma, è stata teatro di atti di violenza: centinaia di giovani, per lo più immigrati, per diverse notti hanno infranto vetrine e dato alle fiamme auto (a scatenare gli scontri era stata l’uccisione di un uomo di 69 anni che aveva assalito i poliziotti con un machete). Manifestazioni che hanno rafforzato il premier Stefan Lofven che, in più occasioni, ha dichiarato di essere d’accordo nel limitare l’accoglienza dei migranti e che si è sempre dichiarato contrario alle politiche di asilo. Di diverso parere il predecessore di Lofven, Fredrik Reinfeldt, capo del governo dal 2006 al 2014, che ha dichiarato: "Penso che sia pericoloso per tracciare un quadro della Svezia con una capitale separato dalla sua periferia”.
Stoccolma ha dichiarato di considerare superato il principio affermato dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu) e ribadito dalla Grande Chambre della Corte europea dei diritti dell’uomo (che meno di un anno fa, in un caso analogo verificatosi in Svizzera, ha condannato le autorità elvetiche per aver disposto l’espulsione verso l’Italia di alcuni richiedenti asilo di nazionalità afgana senza aver ottenuto dalle autorità italiane preliminari garanzie, in particolare per ciò che riguarda il trattamento del nucleo familiare).
Il premier ha dichiarato che la Svezia applicherà il Regolamento Dublino anche ai migranti provenienti dall’Italia. Ciò significa che, se i cittadini potranno entrare nel Paese scandinavo, i migranti privi di garanzie specifiche saranno rispediti nel Paese di provenienza anche se provenienti dall’Unione Europea. A confermarlo è stato il Migrationsverket (l’ufficio nazionale per l’immigrazione svedese). La decisione sarebbe stata resa necessaria dal crescere del flusso di migranti che cercano di entrare in Svezia. Italia, Grecia, Turchia, Slovenia e altri Paesi europei spesso sono solo punti di transito: la meta finale di molti migranti sono i Paesi nordeuropei e quelli scandinavi. Nel 2014, la Svezia è stata la seconda meta più ambita dai richiedenti asilo (dopo la Germania).
Il problema è che, spesso, gli immigrati giunti nei Paesi del Nord Europa restano delusi: i loro sogni di un futuro migliore si scontrano con una situazione reale molto diversa. Anche in Svezia, le disuguaglianze sociali cominciano ad essere eccessive e ciò genera violenza e intolleranza. La disoccupazione è in aumento, ma il numero degli immigrati e dei giovani senza lavoro è doppio rispetto alla percentuale totale. Come ha spiegato il professor Edda Manga, docente di storia delle idee: “Abbiamo problemi che non avevamo prima. Abbiamo molte persone che non sono coperte dal sistema sociale. Abbiamo persone che non hanno una casa. E alcuni ultranazionalisti e populisti fanno un’analisi di questa situazione e dicono che dipende dall’immigrazione. È un’idea semplicistica che molte persone prendono come spiegazione che naturalmente offre una soluzione molto semplice. Sbarazzatevi degli immigrati e tutto tornerà come prima”.
L’idea che buona parte dei problemi della Svezia derivi dall’eccessivo numero di immigrati è diventata cavallo di battaglia dell’estrema destra (che non a caso dal 2010 è tornata a farsi sentire e ora è la terza forza politica della Svezia). Sono in molti oggi (e tra loro la giornalista svedese Ingrid Carlqvist) a ritenere che la causa di tanta violenza è conseguenza della mancata integrazione dei migranti. Sarebbe stato questo a causare un’esplosione di violenza senza precedenti in Svezia, una delle nazioni più tranquille d'Europa. Almeno fino a qualche anno fa.