Caro Direttore,
C’era una volta, non moltissimo tempo fa, un Paese fantastico e bellissimo, dove gli occhi si riempivano di paesaggi e colori abbaglianti, dove le opere d’arte, di cui il territorio era ricco, si ergevano maestose e fiere. Dove c’era tanto sole e la giusta dose di nuvole, con estati calde e produttive di ogni prelibatezza gastronomica e con inverni da trascorrere nel tepore delle mura domestiche o tra la natura infreddolita ma pura.
Il Popolo che lo abitava, era colto e istruito, lavoratore integerrimo, intelligente, furbo nella giusta maniera, ma comunque rispettoso della propria Patria, per cui aveva combattuto e respinto nemici della peggior specie. Con sacrificio e dedizione, questo Popolo definito “Sovrano” produceva per se e per altri su un territorio ricco, forte e vario, ogni bene di consumo, mettendo in atto le conoscenze e la preparazione che in tutti era innata, come se ognuno serbasse in se una dote del tutto naturale.
Questo Paese un giorno, risvegliandosi a fatica da un turbolento periodo, non capiva più se tutto quello di cui aveva gioito in passato fosse solo una mera illusione o un sogno talmente ingannevole da sembrare realtà.
C’erano uomini di dubbia reputazione e donne con discutibili titoli che si affannavano a destra e a manca, per difendere il loro non meglio specificato operato e la loro innata buona fede.
C’erano altri tipi di uomini e donne che, nascondendosi dietro le nefandezze di quelli sopra citati, ridistribuivano tra di loro, denari, servizi, cariche e tanto, tanto potere e, sempre nell’ombra di un finto bene collettivo, si ergevano a paladini di un popolo ormai allo stremo, che una certa categoria di galantuomini mai e poi mai li avrebbe voluti come rappresentanti. In tutto questo ciarpame , il Popolo veniva distratto e intossicato da interminabili dirette da campi di calcio di tutta Europa, galvanizzati da discorsi con pochi congiuntivi e tanti aggettivi superlativi del goleador di turno, spaventati da retrocessioni e acquisizioni, senza minimamente essere toccato da un eventuale innalzamento dell’IVA o dal debito pubblico, forti e certi però dell’azzeramento dell’Imu . Una parte del Popolo, ancora sana, si arrovellava e non si capacitava di quando stava succedendo. Economi, strateghi, leader, maghi e fatucchiere si sbattevano a destra e a manca, si strappavano le vesti tra di loro punzecchiati in arene televisive da Travaglio e Santoro, ma non trovando soluzioni, davano solo e sempre giustificazioni. Tutti, ma proprio tutti, facevano grandi fuochi con tanto fumo da oscurare la visuale a chi voleva vedere. Vedere chiaro.
E mentre le file per accaparrarsi l’ultimo Iphone crescevano, le fabbriche chiudevano.
Mentre la tv mostrava la Concordia riportata in asse, i consumi colavano a picco.
Mentre le Camere erano riunite, le famiglie venivano sfasciate da suicidi disperati.
Mentre i massimi evasori spergiuravano di essere innocenti, tante piccole imprese non riuscivano a pagare i tributi dovuti.
Mentre la politica fa i conti, il Popolo, quello convinto di vivere in un Paese perfetto, lentamente muore. E con loro muoiono i sogni, le certezze, le speranze, il futuro. Lentamente, anche l’ultimo dei tesori sta scomparendo…. la dignità di un Popolo in passato definito “grande”.
"In nome dello Stato Sovrano”…..ma non era “il Popolo Sovrano”?
Maria Antonietta Fordellone, Piedimonte S. Germano (Frosinone)