La vittoria di Zohran Mamdani alle primarie democratiche per la carica di sindaco di New York segna una frattura storica nel partito. Con il 43,5% dei voti, contro il 36,4% di Andrew Cuomo, il 33enne consigliere comunale del Queens ha scalzato l’uomo simbolo del vecchio establishment, tre volte governatore, appoggiato da Bill Clinton e Michael Bloomberg.
È una rivoluzione politica che parte dal basso: un democratico socialista, figlio della regista Mira Nair, sostenuto da Alexandria Ocasio-Cortez e Bernie Sanders, che ha saputo mobilitare giovani, lavoratori, immigrati e minoranze razziali in una città lacerata dalla crisi economica e abitativa.
Da una parte Mamdani, con una piattaforma radicale che include trasporti gratuiti, asili nido universali, congelamento degli affitti e tassazione progressiva sui ricchi. Dall’altra Cuomo, incarnazione della politica tradizionale, tentato da un ritorno sulla scena dopo lo scandalo molestie che lo aveva costretto alle dimissioni nel 2021.
La sfida è andata oltre i programmi. Si è trasformata in uno scontro generazionale e simbolico. Mamdani ha parlato di equità e dignità, Cuomo di sicurezza e pragmatismo. Il primo ha riempito strade e social network, il secondo si è affidato a sinagoghe, sindacati e milioni in spot elettorali. Il risultato è stato chiaro: un’ondata giovane e di sinistra ha travolto l’argine dell’establishment tradizionale.
Trip Yang, stratega democratico, ha commentato: “È la più grande sorpresa nella storia politica moderna di New York”.
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La vittoria di Mamdani ha un precedente altrettanto clamoroso: quella di Alexandria Ocasio-Cortez nel 2018 contro Joseph Crowley, considerato all’epoca il possibile successore di Nancy Pelosi come speaker della Camera. Crowley, all’epoca numero 4 della leadership democratica, non perdeva una primaria dal 2004 e disponeva di risorse economiche, alleanze e potere dentro il partito. Eppure fu sconfitto da una 28enne che allora nessuno prendeva sul serio, con una campagna costruita porta a porta, online e con l’appoggio della base progressista.
La vittoria di Ocasio-Cortez fu un campanello d’allarme che molti leader democratici ignorarono. Come allora, anche oggi l’establishment ha sottovalutato il malcontento profondo del proprio elettorato, l’urgenza di cambiamento generazionale, razziale e ideologico che ribolle nei distretti urbani più popolosi. Mamdani, come Ocasio-Cortez, ha vinto non solo contro un avversario, ma contro una cultura politica chiusa, gerarchica, incapace di intercettare il disagio di chi si sente abbandonato.
La vittoria di Mamdani non è solo locale: scuote il Partito Democratico a livello nazionale, in un momento in cui i vertici non riscono a contrastare Donald Trump e a riconnettersi con la base. La domanda ora è se il partito saprà cogliere l’energia di Mamdani o tenterà di emarginarlo come un’eccezione scomoda, come sta facendo con David Hogg.
Letitia James, procuratrice generale dello Stato, ha ammesso: “Non vedevo tanto entusiasmo da quando Obama fu eletto nel 2008”. Ma tra i moderati e nei ranghi della leadership nazionale cresce la preoccupazione. Lo stratega David Axelrod avverte: “È un candidato brillante, ma le sue posizioni, come quelle su Gaza o su nuove tasse a Wall Street, potrebbero essere un regalo per Trump”.
Mamdani ha vinto con il più alto numero di piccoli donatori. Cuomo, al contrario, ha beneficiato di 30 milioni di dollari in spese esterne da parte di grandi interessi economici. L’affluenza è stata alta: quasi il doppio rispetto alle primarie del 2021, segno di una mobilitazione senza precedenti.
📢Surprise treat for the heat! 🔥🍦
To keep you cool while you wait! 🌞 pic.twitter.com/uu53SF4wQ5— NYC Board of Elections (@BOENYC) June 24, 2025
Il sistema di voto a scelta multipla (ranked-choice voting) non è ancora completato ufficialmente, ma Cuomo ha già ammesso la sconfitta e difficilmente potrà colmare il divario, viste le indicazioni di voto secondario di altri candidati a favore di Mamdani.
Eric Adams, sindaco uscente e candidato indipendente a novembre, ha attaccato Mamdani: “Ha venduto fumo. Promesse impossibili”. La sua alleanza recente con Trump e le indagini per corruzione che lo hanno coinvolto, poi forzatamente archiviate dal politicizzato Dipartimento della Giustizia, lo rendono un avversario controverso.
Dall’estrema destra, la cospirazionista Laura Loomer, quella dei gatti mangiati dagli haitiani della porta accanto, ha lanciato accuse violente e islamofobe, evocando “un altro 11 settembre” a causa dell’ascesa di un sindaco musulmano. Da parte sua, il candidato vincitore ha risposto rilanciando un messaggio di unità e giustizia sociale: “Che abbiate votato per me, per Cuomo o vi siate sentiti esclusi dalla politica: sarò un sindaco per tutti i newyorkesi”.
Partito da sfavorito, oggi è lui il favorito per le elezioni generali, ma lo scontro con Eric Adams, con il repubblicano Curtis Sliwa e con la possibile candidatura indipendente dello stesso Cuomo si preannuncia acceso.
Eletto per la prima volta all’Assemblea statale nel 2020, il giovane leader del Queens è membro dei Democratic Socialists of America e sostenitore del movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni), una campagna internazionale non violenta nata nel 2005 su iniziativa di attivisti palestinesi per fare pressione su Israele affinché rispetti il diritto internazionale. Il movimento promuove il boicottaggio di aziende e istituzioni coinvolte nell’occupazione dei territori palestinesi, il disinvestimento da fondi che finanziano l’apparato militare israeliano e l’imposizione di sanzioni diplomatiche contro il governo di Tel Aviv.
La sua adesione al BDS e le critiche esplicite al governo Netanyahu, soprattutto in relazione alla guerra a Gaza, hanno attirato dure contestazioni da parte di settori dell’elettorato ebraico moderato e di organizzazioni filo-israeliane, che lo accusano di posizioni estremiste. Tuttavia, Mamdani ha difeso la sua linea come parte integrante del suo impegno per i diritti umani e per una politica estera coerente con i valori democratici.
Come scrive il New York Times, il vero nodo sarà la reazione del partito: accoglierà Mamdani come nuova stella capace di ricostruire il rapporto con le periferie sociali dell’America, o lo isolerà per paura di perdere i voti al centro?
La risposta non riguarda solo New York, ma il futuro dei Democratici in questa America così divisa.