“La musica come piena espressione di sé, esplorazione del proprio io, per me è stato un ritorno alla mia più vera essenza”. Valentina Marino definisce così il suo rapporto con la musica, una passione che le ha permesso di ritrovare la piena gratificazione personale e professionale. Da quando ha deciso di appendere al chiodo la toga di avvocata e dedicarsi alla carriera di musicista, Marino non si è fermata un attimo.
Di origine siciliana, è cresciuta a Roma, ma ha eletto il mondo a sua seconda dimora. Dopo aver frequentato la prestigiosa Università della Musica della capitale, si è trasferita a Vienna dove ha iniziato come band leader. Ma è New York la sua casa, dove vive dal 2010 e ha ottenuto il BFA in Vocal Jazz Performance presso la New School for Jazz and Contemporary Music.
Cantautrice, insegnante di pianoforte, chitarra e canto, performer. Si è esibita insieme ad artisti come Ray Blue, Cameron Brown, Anthony Pinciotti, Ray Gallon e Marco Panascia, nei club e locali musicali più iconici della Grande Mela. Nel 2022 ha fondato e dirige la Mondo Music School, una scuola di musica che nasce a New York e che offre anche la possibilità dell’apprendimento online.
Una carriera piena, che la vede alternarsi tra l’insegnamento, il palcoscenico e la scrittura musicale nelle vesti di compositrice. Dopo aver firmato con l’etichetta discografica Jazzheads, ha pubblicato il suo primo album negli Stati Uniti In the Name of Love (2016) e il singolo The Peacocks. Nel 2018 esce East 75th, una raccolta di canzoni che ha scritto e arrangiato ispirandosi a storie e situazioni della sua vita dentro e fuori l’appartamento nell’Upper East Side. Quarantine Covers è l’album nato in piena pandemia, insieme al singolo Heart of Glass: entrambi rappresentano le ultime sperimentazioni della musicista con suoni rock, pop e indie.
Mentre sta lavorando alla sua ultima raccolta, Marino racconta come l’insegnamento sia parte integrante della sua carriera musicale e di New York, la città che l’ha accolta e le ha permesso di esprimere il suo talento.

Nel 2022 ha fondato Mondo Music School. Come nasce l’idea di una scuola di musica a New York che è una sorta di scuola-boutique?
“L’idea nasce dal desiderio di creare una comunità di studenti e di insegnanti impegnati nello sviluppo del talento e della personalità musicale. Quando ho iniziato il mio percorso di formazione alla New School, era richiesto l’insegnamento come esperienza. Così ho cominciato a dare lezioni sia privatamente, di canto, chitarra e pianoforte, che in scuole come School of Rock. Ho osservato con attenzione e fascino il modo di apprendere nei bambini, mentre si formava una comunità di maestri, artisti, allievi. Fu allora, che capii che era arrivato il momento di valutare l’insegnamento non come un refugium peccatorum ma qualcosa di intrinseco alla carriera di cantante. I docenti di Mondo Music, in tutto sei, sono polistrumentisti e musicisti appassionati con un background musicale che attraversa tutti i generi: jazz, tecno, classica. Siamo una famiglia, oggi segue cinquanta ragazzi”.

Come avviene il reclutamento degli studenti e su quale metodo si basa Mondo Music School?
“Valuto l’attitudine musicale dello studente e, in base a questa prima sezione di prova, che include anche il ritmo, decido qual è l’insegnante più adatto a ogni allievo. La nostra è una performance based school, cioè la valutazione varia a seconda della loro performance. Gli studenti, giovani e non, si esibiscono due volte all’anno in un teatro di Manhattan – da due anni il Little Marjorie Theater presso la YMCA nell’Upper West Side. Gli adulti partecipano a open mics, jam session, imparano a registrare in studio, distribuiscono tramite Mondo Music i loro pezzi su tutte le piattaforme. Da fine 2024, la scuola ha una sua etichetta discografica dove lavorano ingegneri del suono e marketing specialist, che si occupano di recording, editing e distribuzione. Questa scuola è unica perché forma musicisti e personalità artistiche, non si limita a insegnare. Parte del metodo di Mondo Music è anche incoraggiare tutti i cantanti ad accompagnarsi a uno strumento e viceversa, perché siamo nati con uno dentro di noi, la voce. E, di contro, non ci può essere un cantante affermato che non sia in grado di suonare uno strumento”.
Quali sono i vantaggi di una performance based school?
“La componente fondamentale, la performance, non è un saggio ma un modo di presentarsi al mondo dal vivo, in un mondo in cui oggi le occasioni dal vivo sono rare. Ed è molto bello imparare a stare sul palco, noi spingiamo tantissimo su questo aspetto. Insegnare è esibirsi, imparare è esibirsi, esibirsi è insegnare e imparare. Non ci sono separazioni tra questi aspetti. Prima di arrivare al momento della performance, il metodo di Mondo Music School inizia con il fornire agli allievi gli strumenti per creare la canzone o un brano, per poi andare a ritroso e insegnare la lettura delle note, il solfeggio. In questo senso, il nostro è l’opposto del metodo classico che parte dal solfeggio. L’osmosi insegnante-artista-musicista e studente è il nostro punto di forza”.
Mondo Music nasce a New York, dove vivono la maggior parte degli allievi, ma è anche una scuola che offre delle lezioni online. In che modo rappresenta questa città?
“Mondo Music rappresenta pienamente la multiculturalità di New York, il melting pot di culture, lingue, che si traducono in diversi modi di cantare senza tradire le proprie origini e sviluppando un linguaggio proprio.La scuola nasce nella Grande Mela, ma offre anche lezioni virtuali in tutto il mondo. Anche qui molti scelgono la modalità ibrida perché spesso spostarsi è complicato”.

Qual è il profilo tipo degli studenti e perché scelgono di studiare con Mondo Music?
“Chi approccia la scuola lo fa per vari motivi: tecnici, per passione, per coltivare l’auto-espressione, per comunicare e praticare l’articolazione del linguaggio, perché parte del processo educativo o per fini terapeutici. Alcuni adulti si avvicinano al canto per perfezionare la lingua inglese, visto che consente questa possibilità. Molti hanno iniziato perché venivano da un ambiente corporate o stressante e cantare è come una terapia. La musica è ritmo, è attività di memorizzazione, è un mondo che ti apre le porte”.
E quali porte ha aperto la musica per Valentina Marino?
“Venivo da un ambiente che per la mia sensibilità risultava tossico, quello forense. Mi sentivo imprigionata e forzata a dinamiche fondate su protocolli di comunicazione e interazione un po’ falsi. Dovevo esprimere un volto che era l’opposto di quello che ero. La musica per me è stata come cambiare identità. Un ritorno alla mia più vera essenza”.
Cantante, musicista, compositrice. Quali aspetti di questi suoi diversi profili ed esperienze condivide con gli studenti?
“La gratificazione più bella che hai nell’insegnamento è lo scambio di vulnerabilità e l’invito all’auto-espressione. La mia famiglia ha sempre avuto una forte cultura musicale, ma io ho avuto molto bisogno di auto-esprimermi. È un bisogno fisiologico perché ci sono molti disagi con radici diverse. Per me l’insegnamento è un invito a questo: quando suoni, canti, ti presenti innanzitutto a te stessa, instauri un contatto. E la gratificazione più grande in assoluto è auto-esprimersi, non importa quanto abbia imparato. Insegnare musica significa vedere l’essere umano nella sua autenticità e interezza. L’espressione non è soltanto un atto di teatralità, ma di libertà e creatività. L’espressione di sé è il coronamento nel procedimento di apprendimento. Non si impara se non sappiamo come auto esprimerci”.
Per una musicista e cantante, cosa rappresenta l’insegnamento e qual è il valore aggiunto della sua esperienza?
“Puoi insegnare solo quello che hai davvero imparato e assorbito nel profondo. E quando sei sul palco, in studio o a casa a scrivere o suonare, ti tornano in mente le lezioni e gli scambi con gli allievi. È in quel momento che ti senti una musicista a 360° gradi”.
Come è cambiata la scena musicale newyorkese negli ultimi anni? Rimane una tappa necessaria per un musicista?
“C’è un ritorno, ci sono nuovi locali. Molti hanno chiuso durante il Covid, ma altri stanno aprendo. Il jazz non muore mai a New York. Indubbiamente è cambiata e cambierà sempre. Chi ha vissuto negli anni ’70, oggi non la riconosce più. Ma quello che rimane unico è che tutti ci incontriamo qui. Nessun’altra città consente questi incontri con facilità e immediatezza come New York. È unica perché siamo tutti qui con una grande energia, voglia, creatività musicale che solo questa città può dare. Per ogni musicista è una tappa obbligatoria perché le risorse nel mondo musicale sono tante e c’è molta collaborazione tra gli artisti sinergia. Poi è vero che oggi non c’è più la giusta realizzazione economica e la Grande Mela non offre di più in termini di guadagno, ma rimane sempre il luogo dello scambio di energia e creatività umana e musicale”.

La cultura musicale negli Stati Uniti resiste?
“Resiste, ma non sempre nei luoghi che dovrebbero promuoverla, come le scuole. Purtroppo, negli ultimi anni, i fondi riservati alla musica anche negli istituti di Manhattan sono carenti e gli studenti fanno pochissima musica. Prima di fondare Mondo Music, ho insegnato nelle scuole private e tutte avevano un programma musicale specifico come Friends Seminary, Little Red School. Anche in queste, i fondi sono ridotti, per non parlare di quelle pubbliche. Ecco, in questo senso non è più la New York di una volta”.
Quali consigli sente di dare a chi vuole intraprendere la carriera musicale oggi tra programmi di Intelligenza Artificiale e talent show?
“La cosa triste è il dilagare di repertori omogenei. Il problema non è l’autotune, tutti lo usano, ma la mancanza di contenuti e creatività. L’IA nega l’artigianalità e quindi il lavoro di artista. L’artista deve produrre da sé, la fonte deve venire dall’interno e le collaborazioni devono essere a livello di scambio e interazione umana e artistica. Che umanità c’è dietro IA? È un fenomeno nuovo, non so cosa succederà. Ma mi chiedo: come si può fare arte in questo modo?”
Sta lavorando al suo ultimo album, dopo Quarantine Covers pubblicato nel 2020. Allora eravamo in piena emergenza Covid. Come è cambiata Valentina e che nuova consapevolezza musicale ha acquisito?
“Ora siamo in balia di altre emergenze. Speriamo di cavarcela! Per fortuna la musica arriva sempre come un’ambulanza a salvarci la vita nel quotidiano. La Valentina di oggi è ancora più grata di ieri alla musica. Il mio ultimo lavoro in studio è frutto di tanti anni, dove continuo la collaborazione con alcuni storici musicisti e dove intreccio il jazz classico a pezzi moderni rivisitati in chiave jazz. Uscirà a breve! Sono emozionata”.