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L’eredità di Canio Paternò censita con il lancio di un nuovo sito web

La pronipote Carla Paterno Cappiello Golden ha identificato e raccolto 164 edifici sparsi per New York

Massimo CutòbyMassimo Cutò
L’eredità di Canio Paternò censita con il lancio di un nuovo sito web

Il complesso di appartamenti Hudson View Gardens /VNY Media

Time: 5 mins read

È stato uno dei primi costruttori di grattacieli, l’uomo che ha disegnato lo skyline di Manhattan. L’eredità di Canio Paternò, emigrante lucano a fine ‘800 diventato Charles Vincent Paterno oltreoceano, è nella ricerca di Carla Paterno Cappiello Golden sulle tracce del bisnonno: un patrimonio sentimentale di mattoni, cemento armato e giardini. Sul sito web Marabella.family, la pronipote ha censito i palazzi realizzati dagli ancestor: luogo, nome, numero di piani. “Ne ho identificati 164, di cui solo 14 risultano demoliti”, spiega. Fate un giro in certe zone. Potrete riconoscerli dagli stemmi sulle facciate che portano incisa una P come Paterno o la cifra PB di Paterno Brothers: seguirne la pista è una caccia al tesoro.

Charles Paternò in doppiopetto con la gardenia all’occhiello /VNY Media

Segnate i puntini sulla mappa, nel percorso fra sogno americano e memorie dell’emigrazione. Aqua vista al 460 di Riverside Drive. Prince Humbert al 520 di Cathedral Parkway tra Broadway Boulevard e Amsterdam Avenue. Van Horne al 300 West End Avenue tra 74th e 75th Street. E il condominio Lucania tra 235 West e 71st Street. New York è fatta di rettangoli e quadrati. Non è un caso se le facciate curve di due palazzoni opposti datati 1910, tra la 116th Street e Riverside Drive, si specchiano in un unico orizzonte. Sono residenze lussuose costruite dai fratelli Paterno: all’epoca la grandiosa porta d’accesso a Morningside Heights. Sul lato Sud c’è il Colosseum di 12 piani, il più piccolo della coppia. Era arredato con molti comfort: sale da pranzo in mogano, casseforti a muro e una lounge al pianoterra per gli autisti. Dall’altra parte della strada, in Claremont Avenue, c’è The Paterno, 14 piani cilindrici sormontati da un tetto mansardato. È stato la location dei film Nemici, una storia d’amore di Paul Mazursky, e Come d’incanto prodotto dalla Disney. Ancora adesso fanno bella figura lì dove si trovano.

Il condominio The Paterno /VNY Media

Altro esempio concettuale di edilizia abitativa a prezzi accessibili è il complesso di appartamenti Hudson View Gardens. Si trova fra Pinehurst Avenue e Cabrini Boulevard — all’epoca Northern Boulevard, oggi intitolato alla santa degli emigranti. Realizzato nel biennio 1923-24, in un’epoca in cui solo i ricchi (o per paradosso i poveri) potevano permettersi di vivere a Manhattan, rappresentò la soluzione alla fuga della classe media verso i sobborghi. I dettagli facevano la differenza: fornelli a gas, assi da stiro, pavimenti in linoleum e parquet, lavastoviglie, cucine attrezzate, impianti per smaltire i rifiuti. Il progetto dell’architetto George F. Pelham è tuttora conosciuto come la casa dai giardini splendidamente curati, con un parco giochi per bambini. Non esiste più invece, ed è un peccato, l’Hotel Marguery al 270 di Park Avenue, uno dei maggiori complessi edilizi a Midtown: costruito nel 1917 a Terminal City, nuova zona alla moda, costò cinque milioni di dollari. Ci abitarono Nikola Tesla in affitto e Harry Frazee, il proprietario dei Boston Red Sox che vendette Babe Ruth agli Yankees. Fu tirato giù nel 1957 per far posto all’Union Carbide Building.

Il condominio Colosseo /VNY Media

Ma chi era Canio Paternò, il protagonista di questa saga familiare all’italiana? Un meridionale partito a sette anni da Napoli per la Merica. Piccolo di statura, capace però di mirare in alto. Viene da Castelmezzano, borgo in mezzo a montagne della Basilicata che somigliano alle Dolomiti, e sbarca nel 1885 a Battery Park con la madre Carolina e i fratelli Celestina, Saverio e Giuseppe. Portano l’accento nel cognome. Il gruppo si riunisce nella casa di Little Italy al padre Giovanni, muratore che diventa capomastro e poi padrone di una minuscola ditta di costruzioni. Il futuro è nel cemento. Quando nasce Marie, la quinta figlia, il ponte di Brooklyn è a pieno regime. Il sesto, Michael, coincide con l’avvento della Statua della Libertà. Poi arrivano Anthony, Rose, Theresa e Christina. L’allargamento della famiglia è simultaneo all’espansione immobiliare di Manhattan. Tutti si industriano. Saverio e Giuseppe, ora Frank e Joseph, aiutano il padre nei cantieri. Canio, diventato il citizen naturalizzato Charles, non è più il piccirillo che vendeva giornali in strada: studia per diventare dottore e curare i poveri.

Si laurea nel 1899 al Medical College della Cornell University, specializzazione al Bellevue Hospital: pare l’inizio di un percorso, è invece il capolinea. Giovanni, che da questa parte dell’Atlantico chiamano John Paterno, si ammala mentre lavora a un grande edificio sulla West 112th Street. È grave, ha solo 48 anni e chiede di tornare a Castelmezzano dove morirà. Frank l’accompagna nell’ultimo viaggio, Joseph è un diciottenne senza esperienza. Serve qualcuno che prenda la guida della famiglia e dell’impresa e l’appello a Canio è esplicito: “Devi farlo tu, è solo per questa volta”. Sarà per sempre. Si toglie il camice che indosserà unicamente per visitare i suoi operai, le loro mogli e i figli. Fonda con Joseph la Paterno Brothers Construction coinvolgendo i cinque cognati. La ditta inaugura un modello di successo: costruire, affittare, vendere. Frank, rimasto in Basilicata, è il collettore dei paesani che partono per l’America: insegna le basi della lingua, prepara i documenti, li istruisce sull’imbarco e l’arrivo, orchestra l’accoglienza e il lavoro contrattualmente retribuito.

È una macchina agile, dinamica e funzionale che rivoluziona il profilo della Grande Mela. Questi palazzi non sfidano le nuvole come avrebbero fatto più tardi l’Empire State Building o il capolavoro déco della Chrysler, inaugurati nel 1931. Però sono i più alti dell’epoca. Condomini sostenuti da un’idea: lo sviluppo architettonico verticale. Il cuore pulsante dell’urbanizzazione diventa l’Upper West Side, attraente per la borghesia emergente. “Ho dato un tetto a ventottomila persone”, dice Charles con orgoglio. Pensa anche a sé stesso e a Minnie sposata nel 1906: dieci anni più di lui, protestante, divorziata, un figlio. È dura da digerire per i cattolici Paterno, malgrado l’affetto che resterà intatto: i Brothers si separano professionalmente. Charles regala alla moglie un favoloso castello sull’Hudson, tra Riverside Drive e il Northern Boulevard. È un gigante con le torri merlate in pietra e 35 stanze. Interni in marmo bianco, eleganti giardini all’italiana, un pergolato sorretto da duecento colonne, la cantina dove coltiva funghi, le serre e una piscina che filtra l’acqua dal fiume. Il castello vive una trentina d’anni. Intuendo che l’area di Inwood è matura per diventare zona abitativa, Paterno decide di abbatterlo e costruire al suo posto Castle Village, complesso di cinque condomini a dodici piani con seicento appartamenti. È per la buona borghesia. Lo slogan del 1938 recita: “Offriamo la luce, il panorama e il comfort di una residenza da milionari a gente che non ha redditi milionari”. Un cinegiornale documenta la demolizione, due pilastri e il muro di contenimento del Castello Paterno resistono. Sono visibili incastonati nel panorama di oggi.

Com’era il Castello di Paterno sull’Hudson /VNY Media

Charles è ormai un ricchissimo self made man. “Genio costruttivo”, lo definisce il sindaco Fiorello La Guardia. Il re Vittorio Emanuele III lo premia con la medaglia d’oro. È un mecenate: regala ventimila volumi alla biblioteca della Casa Italiana nella Columbia University, diretta da Giuseppe Prezzolini. Se ne va improvvisamente a 68 anni nel 1946, senza aver realizzato la Paterno Tower, più alta della Tour Eiffel, cento piani che avrebbero sovrastato New York. Un sogno con radici antiche: “Sono nato in un paesino di montagna, con i tetti delle case che sembravano toccare il cielo. E mi è rimasta dentro, come un dono di natura, una voglia di infinito”. A ricordarne l’epopea c’è un punto significativo in città, un giardinetto all’incrocio tra Cabrini Boulevard, West 187th e Pinehurst Avenue. Circondato da biancospini, mirtilli rossi e bacche selvatiche con tre panchine di ferro battuto a semicerchio. E’ il Paterno Trivium, l’angolo felice di un artefice visionario

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Massimo Cutò

Massimo Cutò

Giornalista, classe 1957, ha svolto tutta la sua carriera tra Resto del Carlino e Quotidiano Nazionale. È nato a Pescara ma vive e lavora a Bologna da molti anni. Ogni volta che arriva in piazza Maggiore non si rassegna a una domanda senza risposta: perché qui non c'è il mare?

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