Era stata arrestata nel 2023 a seguito di una protesta. Ora la giovane madre newyorkese chiede alla città oltre 2,5 milioni di dollari, sostenendo che il Dipartimento di Polizia (NYPD) e il sindaco Eric Adams abbiano alimentato le accuse a suo carico. Nella causa contesta: l’uso eccessivo della forza, la fabbricazione di prove, la ritorsione del Primo Emendamento e la violazione dei diritti a un processo equo.
La vicenda risale al 2023 quando Kimberly Bernard, 35 anni, di Manhattan ha preso parte a una manifestazione organizzata per impedire il rilascio di Daniel Penny.
L’ex marine era stato arrestato per aver soffocato e ucciso un senzatetto, Jordan Neely, che era salito in un vagone della metropolitana di New York e aveva “importunato” i viaggiatori. La morte dell’uomo era stata dichiarata un omicidio per compressione del collo. Neely, infatti, era stato afferrato da dietro spinto a terra e bloccato per almeno sette minuti da Penny, che si era consegnato alla polizia il giorno successivo all’incidente. Nonostante le accuse a suo carico, era stato rilasciato con una cauzione di 100.000 dollari. Il 14 giugno scorso è stato formalmente incriminato da un gran giurì e la data del processo è stata fissata per l’8 ottobre 2024.
Nelle settimane successive alla morte di Neely, le comunità newyorkesi sono scese in strada per protestare. Bernard era stata fermata la sera dell’8 maggio vicino a un distretto di polizia mentre cercava di fornire “supporto” ai manifestanti riuniti alla stazione di Broadway-Lafayette, dove il senzatetto era stato ucciso. Si trovava in piedi sul marciapiede, quando un assistente capo del NYPD l’ha afferrata per le braccia e l’ha spinta contro un edificio di mattoni nonostante avesse obbedito a tutti gli ordini e non avesse opposto resistenza.
Bernard ha denunciato i vertici della polizia cittadina per aver perpetuato contro di lei accuse di terrorismo “fasulle” e aver reso pubblica la foto di una molotov che le autorità sostenevano avesse mostrato alla manifestazione. Nonostante i pubblici ministeri avessero poi archiviato il caso a un mese dal suo arresto, la trentacinquenne ha iniziato ad avvertire sintomi associati all’ansia e alla depressione.
“Mentre sei seduta in una cella, non sai se andrai in prigione per molto tempo – ha raccontato Bernard. – La consapevolezza di non aver fatto nulla di sbagliato poi rende tutto ancora più frustrante”.