Anche recensire cibi può diventare pericoloso. Lo ha scoperto a sue spese Pete Wells, il venerato e, soprattutto, temuto critico gastronomico del New York Times, che ha deciso di dimettersi per motivi di salute. “Dopo 12 anni passati a giudicare ristoranti – ha scritto Wells sul quotidiano – lascio il tavolo”.
Il critico, per oltre un decennio, ha sfidato la bilancia seguendo un’alimentazione sregolata, che lo ha portato ad avere livelli di colesterolo, glicemia e ipertensione “stellari”, tanto da indurlo a ripensare al suo stile di vita e alla sua carriera. “Ho deciso di ritirarmi con la massima grazia consentita dal mio stato di obesità”, ha aggiunto Wells, che prevede di pubblicare ancora qualche commento prima di dedicarsi a un altro ruolo.
Dodici anni sono un tempo considerevole: Wells è l’unico critico gastronomico del New York Times ad aver resistito così a lungo. L’impegno è costante, richiede recensioni settimanali di nuovi e rinomati locali della Grande Mela, oltre a ricerche per classifiche annuali come “I 100 migliori ristoranti di New York City“.
Wells è diventato redattore della rubrica “ristoranti” del NYT nel 2006, fino a ricoprire successivamente le vesti di critico gastronomico. Ha scritto anche numerosi successi come At Señor Frog’s in Times Square, It’s Spring Break Forever.
Saranno Priya Krishna e Melissa Clark a prendere temporaneamente il posto del collega, che per molto tempo ha operato nell’anonimato. Il critico, infatti, prenotava con uno pseudonimo ed evitava di apparire in fotografie, perché, come spiegava nella sua rubrica, “recensire un ristorante non è proprio come cenare in modo tranquillo”.
Wells ha infatti raccontato di aver provato fino a 36 piatti, attraverso diverse visite, oltre ad aver testato i concorrenti per fare paragoni, prima di esprimersi su un locale. Inoltre, le preferenze personali devono essere accantonate per dare priorità alle necessità richieste dal lavoro: vengono consumati zuccheri, alcol e grassi a discapito della salute.
Tuttavia, il ruolo è prestigioso e fondamentale per gli oltre 50.000 ristoranti della Big Apple, che ogni giorno sono alla ricerca di notorietà e soprattutto di qualche “stella”.