Ieri, 29 maggio, l’Istituto Italiano di Cultura di New York su Park Avenue era gremito di persone di età e nazionalità differenti, che hanno partecipato alla prima giornata del Festival Verdi Day (la seconda si terrà questa sera, a partire dalle 18:30, al Lincoln Center Plaza).

L’evento, introdotto dal direttore e padrone di casa Fabio Finotti, è stato l’ennesima testimonianza di come la musica sia in grado di unire, rafforzare i legami e crearne di nuovi. E infatti Michael Bolton, direttore esecutivo dell’International Friends of Festival Verdi, ha sottolineato: “Oggi non celebriamo solo Verdi, ma anche le amicizie internazionali, il cibo e la gioia”.

Non a caso, negli ultimi anni, il Festival sta cercando di trovare spazio nell’ambiente lirico americano, diventando un appuntamento imperdibile per quanto riguarda la cultura, il turismo e la gastronomia, con persone che si spostano in Italia, da Parma a Verona, dalla Scala a Milano al Regio di Torino.

La prima giornata del Verdi Day si è aperta con la masterclass del direttore dell’Accademia Verdiana, Francesco Izzo. Il maestro ha ribadito l’importanza di Verdi come figura storica in Italia e nel mondo attraverso l’analisi di alcune delle sue opere, come Il trovatore, La traviata e Rigoletto. Izzo si è inoltre soffermato sulla rilevanza degli acuti e delle cadenze attraverso dimostrazioni pratiche al pianoforte che hanno creato un’atmosfera magica all’interno della sala.
Izzo ha raccontato a La Voce di New York come si è avvicinato e poi appassionato alla musica di Giuseppe Verdi. “Come spesso è accaduto a tanti ragazzi che amavano la musica classica, ascoltando la radio, non conoscevo l’opera. Studiavo pianoforte e mi capitò di imbattermi nell’Aida. Mi colpì molto. Successivamente mi recai al Teatro dell’Opera di Roma, dove eseguivano un altro lavoro di Verdi. Fu un’esperienza rivelatrice. Ho iniziato ad amare l’opera un po’ per caso e un po’ perché incoraggiato dai miei genitori che mi hanno sempre aiutato a coltivare questa passione, accompagnandomi anche a teatro la sera”.

“Verdi ha sempre avuto successo a New York fin dalle sue prime composizioni”, ha spiegato per indagare il rapporto fra il Maestro e la città. “Qui c’è il Metropolitan Opera House, uno dei più grandi teatri del mondo, in cui è possibile ascoltare i migliori artisti del momento, come incontrare i più grandi direttori d’orchestra. Si avvale della tradizione. Come nei nostri, dove cerchiamo di riscoprire, di mettere in discussione quanto il Maestro ci ha lasciato, anche il Metropolitan, forse per le sue dimensioni, coltiva un’idea monumentale di Verdi”.
Ma Izzo non è entrato nel merito dei teatri, mentre ha tenuto a specificare che “la cosa importante da capire, che siano grandi o piccoli, è il lavoro artigianale che sta dietro a un’opera. Unire il cast per un intero mese di prove, non trascurare alcun dettaglio, cercare tutti assieme la soluzione migliore per me è entusiasmante, è creatività”.

Ampio spazio poi alla presentazione del Festival con la partecipazione di Luciano Messi, Alessio Vlad e Barbara Minghetti del Teatro Regio di Parma. Quest’ultima, curatrice di alcuni speciali progetti che cercano di rendere il teatro accessibile a tutti, ha illustrato l’iniziativa del Verdi Off, la cui anima ha un duplice intento: lavorare con persone giovani mettendo sempre in primo piano l’innovazione e avvicinare i più svantaggiati all’opera.

A celebrare l’Italia e le sue tradizioni, anche un brindisi accompagnato dalle delizie di Parma. Il prosciutto crudo e il Parmigiano Reggiano hanno caratterizzato il menù facendo rivivere i sapori – per molti nostalgici – della cucina italiana. L’evento si è poi concluso con un’esibizione della soprano Helena Brown e del baritono Troy Cook. “La musica e Verdi sono per tutti”, ha detto nel corso del suo intervento Luciano Messi, soprintendente del Teatro Regio di Parma. E ieri sera ne abbiamo avuto la prova.


