Di fronte all’incremento dei flussi migratori degli ultimi anni, l’immagine del migrante diffusa dai mass media è ancora ridotta a oggetto di discorsi sulla cittadinanza, l’emergenza immigrazione, i barconi e traffico di esseri umani. È necessario un cambiamento di prospettiva nel nostro modo di vedere la figura dell’immigrato.
Questo è il terreno sociale in cui si muove Discovering Contemporary Theater By Italians of African Descent, evento della serie Black Italia di Casa Italiana Zerilli-Marimò dedicato al teatro italiano contemporaneo di artisti di origine africana, nato per iniziativa della compagnia teatrale italiana di New York Kairos Italy Theater, la cui missione è promuovere scambi culturali tra Italia e Stati Uniti
“In Italia sta succedendo qualcosa di molto interessante. Le produzioni culturali degli stranieri stanno diventano uno strumento per superare i confini che ancora condizionano il nostro modo di pensare e vivere il fenomeno migratorio, che ha in primo luogo una prospettiva futura, perché vuole trasmettere alle generazioni che verranno”, spiega Laura Caparrotti, direttore artistico di Kit. “Il teatro ha le potenzialità di veicolarsi quale fattore di integrazione, elaborando le possibilità multiculturali che la letteratura e il cinema hanno già consolidato da tempo in un paese che da terra di emigranti è diventato luogo di arrivo, rifugio e sopravvivenza”.
Nuove generazioni di italiani di discendenza africana o italo-africani hanno scelto di adottare la lingua italiana per raccontare a loro modo la propria condizione personale e sociale, dovendo fare i conti con le contraddizioni di una società italiana che si professa multietnica e multiculturale, ma a fatica nasconde la sua diffidenza e ostilità nei confronti di chi in cerca di identità e di appartenenza.
“Tuttavia, la diaspora nera in Italia è ancora poco conosciuto dal grande pubblico e, tranne rare eccezioni, resta confinato in ambito accademico, nonostante la presenza di comunità postcoloniali che arricchiscono il tessuto sociale e culturale del paese”, sottolinea Caparrotti.
Questioni complesse, piene di sfaccettature che le opere teatrali possono aiutarci a comprendere meglio e che dovevano essere al centro di un panel di discussione dal titolo Contemporary Theater by Italians of African Descent. L’incontro, con ospiti tra cui la drammaturga italo-mauriziana, Nalini Vidoolah Mootoosamy, autrice di The Foreigner’s Smile, e Margherita Laera traduttrice e lecturer in Drama and Theatre all’Università di Kent, Canterbury, martedì 13 febbraio, è stato annullato a causa della tempesta di neve che ha investito la città di New York. Un’occasione solo rimandata per ascoltare estratti di opere teatrali di discendenza africana o italo-africani.
“Si tratta di testi che sottolineano la capacità del teatro nella sua relazione ravvicinata ed intima con lo spettatore di favorire il dialogo multietnico ed espandere quello politico in particolare sull’annosa questione dello ius soli“, precisa Caparrotti.
Autori, che tentano di svolgere un ruolo attivo, come soggetto parlante, nella discussione sul
fenomeno dell’immigrazione. Tra questi la scrittrice Nalini Vidoolah Mootoosamy, che venerdì 16
febbraio, sempre presso la Casa Italiana Zerilli-Marimò New York University, sarà protagonista con la lettura integrale di The Foreigner’s Smile, con la direzione di Phillip Christian Smith e un cast composto da Purva Bedi, Camron Chapple, Giulia Cowie, DJ Davis e Nasser Metcalfe. Seguirà una sessione Q&A con l’autrice dedicata al confronto con il pubblico.
L’opera di Nalini Vidoolah Mootoosamy, frutto della mescolanza di codici, di varietà dell’italiano, del tutto originale e nuova, racconta di una famiglia di immigrati di origine indo-mauriziana in bilico tra rifiuto/accettazione della cultura d’appartenenza e della società ospitante, della volontà d’integrarsi e al tempo stesso di differenziarsi da quest’ultima.
“Certo rimane complicato da un punto di vista della traduzione”, spiega ancora Caparrotti, che aggiunge: “Ad oggi The Foreigner’s Smile è l’unico testo tradotto dall’italiano all’inglese ed è il risultato di un lavoro molto accurato svolto da Margherita Laera per evitare di portare in scena termini considerati offensivi o razzisti dal pubblico americano, a partire dallo stesso titolo che in italiano è Il sorriso della scimmia”. La volontà di superare le barriere linguistiche affrontate dal teatro italiano degli artisti di origine africana si manifesta nel desiderio di conquistare nel tempo spazi di rilievo sia a livello nazionale che internazionale, favorendo così una rappresentazione più inclusiva e diversificata del fenomeno migratorio