Stop Violence Against Women. È lo slogan della manifestazione che sabato 25 novembre la comunità degli italiani a New York ha voluto organizzare in prossimità della scalinata rossa di Times Square, in
occasione della Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne. In una mattina di sole e temperature rigidissime, con la bandiera tricolore e scarpe rosse adagiate al suolo, donne e uomini hanno dato il loro contributo. Le scarpe rosse, utilizzate la prima volta dall’artista messicana Elina Chauvet perché non venissero dimenticate le centinaia di donne uccise nel suo Paese, oggi sono un simbolo globale in ricordo delle vittime che hanno perso la vita per mano degli uomini.

Violenza e crimini contro le donne nel nostro Paese contano un numero tragico di vittime: 104 uccise, la più piccola aveva 13 anni, la più anziana 95. Di queste, 83 accertate per femminicidio
-l’ultima la ventiduenne Giulia Cecchettin, uccisa per mano del suo ex fidanzato, uccise in ambito familiare o affettivo, di cui 54 per mano del partner o ex partner.
Storie con epilogo tragico di donne vittime di relazioni tossiche, molto spesso nel tentativo di ricerca della libertà. Il numero è già il più alto (non siamo ancora alla fine del 2023) degli ultimi tre anni. Le statistiche che riguardano la violenza di genere parlano di reati in crescita e la relazione 2022 della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio dicono che il 63% delle donne vittime di atti di violenza non ha denunciato il proprio carnefice.

“Siamo qui – ci ha detto Giada Bardelli, l’ideatrice dell’iniziativa insieme a Giulia Micheli e Cornelia Pop – “perché desideriamo che si senta anche il nostro grido. Fin dalla vicenda della violenza di Palermo ( lo scorso luglio, sette ragazzi picchiarono e stuprarono una diciannovenne, ndr. ) ho immaginato di voler fare qualcosa per tendere una mano alle donne. Non potendo manifestare in Itali lo abbiamo fatto a New York, donne e uomini insieme, per sensibilizzare l’opinione pubblica su questa tematica”.
Giada, trentasettenne di Pavia, vive a New York da otto anni ed è la fondatrice di GJ ATTITUDE, brand di graphic design attento all’empowerment femminile. Giulia Micheli, trentatré anni di Pordenone, attivista di «Ni una Menos” il movimento femminista argentino, si è trasferita a New York per studiare alla Columbia University dove ha conseguito un master in Intenational Finance. Cornelia Pop è dietro a ITALIAN WOMEN USA, community che mette insieme le italiane residenti negli Stati Uniti.
“Il problema di partenza, che è questione della politica, è non riconoscere apertamente quanto l’Italia sia ancorata al patriarcato”. – continua Giada – “Un sistema che non appartiene al passato, anzi, nel tempo ha addirittura assunto caratteristiche peggiori coinvolgendo tutto le fasce della società”.

La stampa internazionale, vedi quella degli Stati Uniti, ha descritto la violenza di genere nel nostro Paese come “la piaga che attanaglia l’Italia” (New York Times) e ancora “una grave questione da risolvere”. Una grave questione in verità non solo italiana: i femminicidi, intesi come uccisioni di donne che se ne vogliono andare da una relazione, attraversano tutti i paesi occidentali, Stati Uniti inclusi.
L’Italia però quest’anno è attraversata da un’ondata di consapevolezza e indignazione. C’è molto da fare. “I tanti giovani coinvolti mi fanno pensare che serve urgentemente un programma educativo mirato, in famiglia e nelle scuole. Mi piacerebbe che nelle aule i diritti della persona e l’uguaglianza di genere diventassero argomenti di discussione, di educazione che diventa cultura, appunto”dice Giada. “Soprattutto trovo che potrebbe scuotere far parlare le donne sopravvissute agli attacchi di violenza, esponendo le conseguenze che sono costrette ad affrontare. Testimoniare come nei casi in cui non si muore le vittime devono vedersela con problemi psicologici inimmaginabili, conducendo una vita che non può definirsi normale. Così come troppo spesso sono costrette a sopravvivere con problemi fisici impattanti”.
Presenti anche molti uomini a Times Square. Michael Caffi, giovane ingegnere di Bergamo residente a Pittsburgh, ha detto: “È necessario essere qui perché trovo che non si faccia abbastanza in questo ambito, allora bisogna farsi sentire”.
Giada, cosa vuoi dire alle donne? “Dobbiamo essere più solidali. Sarebbe un aiuto enorme che diamo a noi stesse. Invece, tristemente, vedo troppo spesso donne protagoniste del victim blaming. È inaccettabile che la donna stessa giudichi una vittima di violenza schierandosi dalla parte del carnefice. Dico che unite saremmo potentissime”.
E per gli uomini, quale è il messaggio? “Questa non è una battaglia donna contro uomo, anzi, serve il loro aiuto nella lotta che conduciamo. Voglio ricordare loro, inoltre, che il forte è colui che si prende cura della propria donna rispettando le altre”.
Manifestazioni anche in molte città italiane; le immagini qui sotto si riferiscono al Circo Massimo a Roma, dove secondo le organizzatrici dell’associazione “Non una di meno” c’erano 500mila persone.