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June 29, 2023
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All’Istituto Italiano di Cultura di New York orgoglio e memoria italoamericani

All’inaugurazione della preziosa mostra sulla storia della nostra emigrazione in America, Rocco Commisso "svela" perché i meridionali fuggirono dall’Italia

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
All’Istituto Italiano di Cultura di New York orgoglio e memoria  italoamericani

Luigi Liberti, Rocco Commisso, Carlo Scissura e Fabio Finotti (Foto Vito Catalano)

Time: 7 mins read

Sala strapiena mercoledì all’Istituto Italiano di Cultura a Park Avenue per l’inaugurazione della mostra “Orgoglio e memoria”. Erano presenti quasi tutti i rappresentanti delle maggiori organizzazioni italoamericane degli Stati Uniti e gli interventi – appassionati, a tratti commoventi –  sono stati anticipati dal saluto in video da Washington  dell’Ambasciatrice d’Italia Mariangela Zappia che si è congratulata con il direttore dell’Istituto, il Prof. Fabio Finotti e tutti gli altri organizzatori per aver portato a New York un evento di grande spessore storico.

L’entrata dell’Istituto Italiano di Cultura di New York con il poster della mostra “Pride and Memory” (Foto VNY)

L’intervento del Console Generale d’Italia Fabrizio Di Michele ha dato il tono alla serata di “orgoglio e memoria”, con la storia dell’emigrazione italiana nelle Americhe, a lungo snobbata dalle istituzioni italiane, che ora trova lo spazio giusto nella sede istituzionale della cultura italiana a New York. Per aprire la serata Finotti ha anche pensato a uno speaker “neutrale”, come Noel Lateef, presidente della Foreign Policy Association, che ha parlato degli esponenti della comunità che avevano inciso nella storia degli Stati Uniti, tra i quali spiccava anche Amadeo Giannini fondatore della Bank of America.

Ma su oltre due ore di interventi, il mattatore della serata,  ha finito per essere Rocco Commisso, l’imprenditore nato in Calabria e cresciuto nel Bronx con la famiglia emigrata negli anni Sessanta, che da quattro anni è proprietario della squadra di Seria A della Fiorentina, acquistata dopo aver realizzato il “sogno americano”, dopo essersi affermato come un gigante delle società che trasmettono la TV via cavo.

Commisso era l’ospite d’onore anche perché riceveva un premio speciale inaugurato in occasione della mostra: entrare a far parte del “Wall of Fame” dell’emigrazione, il riconoscimento che da quest’anno sarà dato dall’Istituto in collaborazione con Patrimonio Italiano TV a “emigranti e italo-discendenti che rappresentano l’orgoglio della comunità italiana all’estero con i loro successi personali, e la loro capacità di mantenere saldi i legami con la madrepatria”. Con Luigi Liberti di Patrimonio Tv, c’era anche Marco Giuseppe Ferrigno, l’artista creatore delle statuette-premio (chiamate abbondanza e fortuna).

Rocco Commisso durante il suo intervento all’Istituto Italiano di Cultura di New York (Foto di Vito Catalano)

Comisso col suo tono sempre molto schietto ha esordito: “Sono onorato e ringrazio per questo riconoscimento”, e il pensiero è andato subito al padre “che era stato prigioniero di guerra degli inglesi in Africa e dal quale “ho imparato ad affrontare le difficoltà e i sacrifici in America,  che erano nulla in confronto a quello che lui aveva dovuto subire….”. Nella sala c’era molta attesa per il suo intervento. Il tono di Commisso sembrava ben sintonizzato con quello della serata. “Devo tutto all’ America e ho avuto anche fortuna. Sono arrivato fin qui, dalla Calabria, con soli due strumenti, la fisarmonica ed un pallone da calcio. Due eventi sono stati determinanti: riuscire a farsi accettare con una borsa di studio dalla Columbia University, e poi, una volta entrato nel mondo del business, decidere nel 1995 di fondare la mia azienda Mediacom sviluppandola soprattutto nel mercato degli stati del Middle West e Sud”. ( qui sia in italiano e in inglese la nostra intervista del 2019).

Luigi Liberti, Fabrizio Di Michele, Rocco Commisso e Fabio Finotti (Foto di Vito Catalano)

Ma di colpo il  suo tono è diventato secco, mentre parlava dell’accoglienza non piacevole  che dovette subire in Italia quando decise di investire nel calcio. “Ora ho capito perché i meridionali dovevano lasciare l’Italia. I settentrionali, allora come oggi, hanno un enorme pregiudizio verso i meridionali…”. Anche se nel discorso la sua appariva una battuta – “sono il primo dal tempo dei Medici a essere andato a Firenze per investire tanti soldi” – la frecciata è sembrata un’osservazione piuttosto amara e datata, non utile comunque a celebrare l’orgoglio e la storia della memoria italo americana. E lo dimostra la realtà stessa della bella mostra realizzata grazie a una collaborazione nord-sud che passa da Napoli a Lendinara per arrivare fino a Genova.

Comisso però  ha avuto anche uno scatto positivo: “Io sono fiero del rispetto che mi sono guadagnato, a Firenze la maggior parte della gente è meravigliosa, ma c’è il dieci per cento che non apprezza da dove vengo. Ma io lavoro per la maggioranza dei fiorentini e ci stiamo preparando ad aprire a settembre il Viola Park, che sarà un orgoglio per la città”. Con gli investimenti di Commisso, infatti, la Fiorentina aprirà il nuovo centro sportivo, costato 115 milioni di euro, che oltre alla prima squadra, ospiterà le formazioni femminili e giovanili dei viola. Eppure, secondo il presidente / imprenditore non sono sempre stati apprezzati “dagli italiani del nord” e da una certa stampa italiana “che-dice – ho dovuto querelare”.

Ma la determinazione  calabrese e l’ottimismo che lo hanno portato al successo in Usa sono arrivati nel suo incoraggiamento finale: ”Dovunque vi troviate dovete continuare a credere in quello che fate fino a quando ritenete di avere ragione. Lottate per i vostri principi, lottate per i valori che i vostri genitori vi hanno trasmesso, e vincerete. Anche se perdo una partita, io guadagno molto di più dal rispetto della gente che ho aiutato”.

Rocco Commisso con Gaetano Bonelli durante la visita alla Mostra “Orgoglio e Memoria” appena inaugurata all’Istituto Italiano di Cultura di New York (Foto di Vito Catalano)

Più tardi, quando Commisso era sul punto di uscire dall’Istituto, gli è stato chiesto perché avesse fatto causa alla Gazzetta dello Sport, il giornale simbolo di chi segue lo sport in Italia: “Mi hanno dato del mafioso, capisci?  Per questo ho querelato”. Ma da Milano anche l’editore Urbano Cairo ha sporto querela nei suoi confronti “per difendere la sua onorabilità e quella del suo gruppo”. Così sono pari. Speriamo che a decidere fra questi due famosi italiani sia il campo con Fiorentina e Torino( di cui Cairo è proprietario) e non un tribunale. La partita e la querela al di la del risultato dovrebbe concludersi con una chiarificatrice e sportiva stretta di mano  e non con una sentenza del giudice.

Carlo Scissura (Foto di Vito Catalano)

Il secondo premiato in questa intensa giornata è stato  l’imprenditore siculo-americano Carlo Scissura, presidente dell’associazione dei costruttori a New York. Scissura ha in comune con Commisso non solo il successo, ma l’essere  arrivato anche lui da giovane nell’ultima ondata di migranti dall’Italia meridionale degli anni Sessanta. Con la sua famiglia si è stabilito a Brooklyn. Per Scissura, l’orgoglio degli italoamericani deve riflettersi non tanto nella memoria del passato ma nell’impatto che questo deve avere per la partecipazione degli italoamericani nella vita pubblica degli Stati Uniti di oggi e del futuro. Anche nell’appassionato intervento di Scissura, ci è apparso che il “pride” abbia finito per schiacciare la “memory”,.

A destra Dominick Critelli, veterano della WWII, con accanto il direttore dell’Istituto Fabio Finotti (Foto VNY)

Il direttore dell’Istituto di Cultura Fabio Finotti, ha cercato di far tornare in sala l’orgoglio degli italiani in America annunciando l’intervento non previsto di uno “spettatore d’eccezione” che era seduto tra il pubblico: Dominick Critelli, veterano della Seconda Guerra Mondiale. Dopo aver varcato l’età di 102 anni, l’ex insegnante di Brooklyn ha ricordato, tra la commozione generale, la sua partecipazione allo sbarco in Normandia e le ultime battaglie della Seconda Guerra Mondiale, raccomandando “che siano d’esempio affinché si continui ad aiutare l’Ucraina vittima dell’invasione della Russia”.

Dopo i discorsi la mostra divisa in due sezioni, diventa una tappa obbligata. Oggetti e documenti testimoniano un passaggio doloroso ma anche di speranza tra luoghi e identità che dovrebbero anche far riflettere tutti gli italiani sul fenomeno migratorio di oggi e come meglio affrontarlo.

Francesca Zeggio, Nicola Gasparetto e Fabio Finotti parlano della figura del giornalista-diplomatico Adolfo Rossi (Foto di Vito Catalano)

Tra le bacheche dell’esposizione, si muove  la professoressa Loredana Polezzi (Stony Brook University), tra le più autorevoli voci sugli studi dell’emigrazione Italiana e non solo italiana. . “L’allestimento di una mostra sulla memoria della migrazione italiana all’Istituto Italiano di Cultura di New York -dice-segna un momento importante nel riconoscimento delle comunità italoamericane e, per estensione, delle tante realtà diasporiche della cultura italiana- È essenziale, ora, che il dialogo continui tra istituzioni, accademia, organizzazioni storiche e voci emergenti – e soprattutto che quel dialogo non sia solo retorico, ma esplori i rapporti tra Italia, Stati Uniti, e le molteplici migrazioni che ne fanno la storia, nella maniera più inclusiva possibile, in tutte le loro luci e le loro ombre”.

Difficile sintetizzare tutti gli interventi in una serata da non dimenticare che ha fatto emergere la vivacità di due forme di italianità in Italia e in Usa che spesso usano ancora linguaggi e contatti diversi. Qui di seguito i nomi di coloro che si sono dimostrati pronti e interessati ad aprire una nuova pagina di collaborazione fra le istituzioni della Repubblica italiana e la comunità degli  italiani in America.

La sala dell’Istituto Italiano di Cultura di New York con i rappresentanti della comunità italoamericana: in prima fila si notano da sin. Noel Lateef (Foreign Policy), Fabrizio Di Michele (Console Generale), Christian Di Sanzo (deputato eletto nel PD nella ripartizione Estero Centro Nord America e anche presidente del Comites del Texas) Silvana Mangione (Vice presidente CGIE paesi anglofoni), John Calvelli (Executive Vice Chairman NIAF) Angelo Vivolo (President Columbus Heritage Coalition) –
(Foto di Vito Catalano)

Dopo l’Ambasciatrice Mariangela Zappia (in collegamento video), sono intervenuti il Console Generale Fabrizio Di Michele,  il presidente della Foreign Policy Association Noel Lateef, la vice presidente del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero Silvana Mangione; la rappresentante del Comites, Barbara Marciandi, l’Executive Vice Chairman della NIAF, John Calvelli; il Presidente del Sons of Italy Foundation, Joe Sciame; la Executive Director della Columbus Citizens Foundations, Lisa Ackerman; il Presidente della Columbus Heritage Coalition, Angelo Vivolo; il Presidente Fondazione Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana (Genova), Paolo Masini (in collegamento video); il Dean del Calandra Italian American Institute CUNY, Anthony Tamburri (in collegamento video), l’Executive Director del Center for Italian Studies, Stony Brook University, Matteo Brera.  E’ stato poi mostrato il video con quattro attori della soap opera “Un posto al Sole” della Rai (Patrizio Rispo, Miriam Candurro, Riccardo Polizzy Carbonelli e Marina Tagliaferri.) che accompagneranno i visitatori in altrettante sezioni della mostra con filmati visibili attraverso QR codes. Infine il direttore Fabio Finotti ha presentato i curatori e le autorità italiane direttamente coinvolte nell’organizzazione della mostra. Per Napoli: Gaetano Bonelli, il creatore del museo da cui vengono i materiali sull’emigrazione meridionale nelle Americhe. Per la Cittadella della Cultura di Lendinara: Francesca Zeggio, Assessore alla Cultura, Pubblica Istruzione, Pari Opportunità e Comunicazione della città di Lendinara e Nicola Gasparetto, Direttore della Cittadella della Cultura di Lendinara, che hanno curato la parte della mostra dedicata al giornalista del Progresso Italoamericano e poi diplomatico Adolfo Rossi.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Giornalista e scrittore. Nato e cresciuto in Sicilia, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America con Il Giornale di Montanelli, America Oggi e USItalia weekly. Dal Palazzo di Vetro oggi racconta l’ONU dopo aver fondato e diretto La Voce di New York dal 2013 a gennaio 2023 I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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