È cominciato questa mattina davanti al magistrato Lewis Kaplan, nella corte federale del Southern District a Manhattan, il processo intentato dall’ex editorialista della rivista “Elle”, E Jean Carroll, che ha citato in giudizio l’ex presidente Donald Trump sia per una presunta violenza sessuale, sia per averla diffamata.
Già rinviato a giudizio per i pagamenti in nero a due donne per evitare lo scandalo poco prima delle elezioni del 2016, l’ex presidente rischia un altro rinvio a giudizio in Georgia per i suoi tentativi di ribaltare il risultato elettorale in quello Stato. Una decisione, ha fatto sapere il District Attorney di Atlanta, ci sarà in estate, tra luglio e settembre. Nel frattempo ha avvertito le autorità che in seguito alla sua decisione ci potrebbero essere delle violenze nello Stato.
A Manhattan il procedimento si è aperto con la selezione dei giurati dopo che l’avvocato dell’ex presidente, Joe Tacopina, ha affermato che Donald Trump non avrebbe preso parte al procedimento. Ma lo ha fatto come se l’assenza dell’ex presidente fosse un favore ai newyorkesi per evitare gli ingorghi del traffico che la carovana delle auto di scorta avrebbe causato alla già caotica circolazione di Manhattan.
Già nei giorni scorsi Tacopina aveva chiesto al giudice di informare i giurati che l’ex presidente non sarebbe andato in aula “per risparmiare ai cittadini gli oneri logistici che derivano dalla visita di un ex presidente”. E oggi il giudice Kaplan ha voluto precisare che “Trump è libero di partecipare, testimoniare o fare entrambe le cose. È libero anche di non fare nessuna di queste cose”. Tuttavia, ha aggiunto il giudice, l’avvocato di Trump non dovrebbe fare “alcun riferimento” al suo “presunto desiderio di testimoniare” o agli “oneri che la corte e la città di New York avrebbero dovuto sostenere se avesse deciso di partecipare”.

Il giudice Kaplan ha poi detto che la giuria sarà anonima, una mossa insolita per un processo civile ma il magistrato ha detto che data la notorietà dei personaggi è necessaria.
Il processo arriva dopo che New York aveva approvato l’Adult Survivors Act, un provvedimento della durata di un anno che dava la facoltà alle vittime di abusi sessuali di poter citare in giudizio persone che le avevano aggredite sessualmente in passato anche se i termini per la denuncia erano scaduti. Almeno 26 donne hanno pubblicamente accusato Trump di qualche forma di cattiva condotta sessuale, che va dai baci indesiderati all’aggressione sessuale e allo stupro. Tra di loro l’imprenditrice Jessica Leeds e la scrittrice della rivista “People” Natasha Stoynoff, che ribadiranno ai giurati le testimonianze già rese durante la fase istruttoria del procedimento, che Trump le ha palpeggiate. Il giudice Kaplan ha già disposto che queste testimonianze sono pertinenti. Carroll ha anche ricevuto il permesso di mostrare ai giurati il video “Access Hollywood” che mostra l’allora magnate immobiliare che si vantava di “afferrare le donne per la f..a”.
E Jean Carroll sostiene che Donald Trump l’ha violentata in uno spogliatoio del grande magazzino Bergdorf Goodman a Manhattan a metà degli anni ’90. Trump dopo aver detto “non è il mio tipo” ha definito le sue accuse “una truffa”, una “bufala” e “una truffa completa”, affermazioni che hanno portato Carroll a denunciarlo per diffamazione. Trump sostiene che i suoi commenti non sono diffamatori e sono la verità. “È ridicolo” pensare che un incidente del genere possa accadere in un grande magazzino”, ha detto l’ex presidente nella sua deposizione interrogato dall’avvocatessa Roberta Kaplan che rappresenta E Jean Carrol, come parte dell’istruttoria già depositata in tribunale. “Quindi lo dico a volte alle persone. E io dico, puoi immaginarlo? Il concetto di questo? E sono io. Io… sai, sono una persona molto famosa. È una vergogna. Francamente è una vergogna che qualcosa del genere possa essere portato in un’aula di tribunale”.
Nel suo atto di citazione Carroll ha affermato di aver raccontato a due amiche dell’attacco, che sarebbe avvenuto nel 1995 o 1996 e che sarebbe durato due o tre minuti. Nella dichiarazione Carroll aggiunge che fece due telefonate, una dopo l’altra pochi giorni dopo la violenza che aveva subito. La seconda amica le consigliò di non dirlo a nessuno perché “ne deriverebbe un disastro”. “Lascia perdere! Ha duecento avvocati. Ti seppellirà”, ha detto Carroll citando l’amica, affermando poi di aver ascoltato il suo consiglio perché “sapeva quanto potesse essere brutale e pericoloso Donald Trump”. Carroll ha poi affermato nella sua ricostruzione dei fatti depositata in tribunale di non aver più menzionato lo stupro per oltre vent’anni. “Non volevo essere vista – o vedere me stessa – come la vittima di una violenza sessuale”.