È una mattinata gelida a Bowling Green, nel cuore del distretto finanziario di New York. Il sole splende nel cielo, ma la temperatura sfiora lo zero. È il freddo dell’inverno newyorkese, che quest’anno è stato clemente con la città ma che a tratti torna a farsi sentire.
Eppure, in fila come soldatini, decine di persone aspettano il loro turno per farsi una foto. Vogliono tutte lo scatto con il Charging Bull, il toro di bronzo che dal 1989 è simbolo del potere di Wall Street. “Sapete chi è lo scultore?”, chiediamo ai turisti pronti con il telefono in mano. C’è una coppia di francesi, una donna brasiliana, un gruppo di turisti cinesi e due amici della Florida: nessuno sa la risposta.
“È Arturo Di Modica, un italiano”. A spiegarlo è Antonino Laspina, che insieme a Luciano Moresco, Fabrizio Bartolizzi, Dionisio Cimarelli e Nicola Fiasconaro porta avanti da mesi un progetto per creare un’associazione che mantenga in vita la memoria del maestro siciliano venuto a mancare il 19 febbraio 2021.

Nato a Vittoria il 26 gennaio 1941, Modica si trasferì a New York nel 1973, a poco più di trent’anni, aprendo uno studio a Crosby Street, nel bel mezzo di Soho. L’idea del toro arrivò nel 1987, dopo aver assistito al crollo del mercato azionario, e per la realizzazione impiegò due anni.
“Se la autofinanziò – racconta Laspina – e il 14 dicembre dell’89, quando ormai era buio e per strada le persone iniziavano a farsi più rade, si presentò a Wall Street con la statua sul retro di un camion, posizionandola illegalmente fuori dal New York Stock Exchange Building”.
Un’azione sovversiva fatta senza alcuna garanzia di successo, tanto che la polizia, qualche ora più tardi, rimosse la statua e la posizionò a Bowling Green, con la promessa di levarla presto dalla strada. Ma l’attrattiva del toro furente fu da subito troppo forte.
I passanti iniziarono ad essere incuriositi da quel blocco di bronzo da 3.200 chili e in poco tempo lo fecero diventare un’attrazione turistica. Il successo fu immenso: da quel punto, The Charging Bull, non venne mai più mosso.
Oggi è una delle attrazioni più visitate di New York, ma agli occhi della gente rimane senza autore. Così, grazie anche al fondamentale sostegno di Stefania Drago, moglie di Arturo Di Modica, Laspina, Moresco, Bartolizzi, Cimarelli e Fiasconaro hanno iniziato la loro campagna.

Sono partiti dalle autorità newyorkesi, rendendole consapevoli della fama che Di Modica, con la sua opera, ha portato alla città. “L’idea è quella di arrivare a una valorizzazione della figura dell’autore – continua Laspina – che comprenda non solo il Toro di Wall Street, ma anche tutte le altre sue opere disperse nelle gallerie di tantissimi collezionisti, arrivando a farne un censimento completo della produzione. Se tutto funziona come previsto, dovremmo arrivare entro qualche anno ad organizzare mostre e convegni a lui dedicati”.
Tutt’attorno, mentre parla, le persone davanti al toro continuano ad aumentare e i banchetti a vendere riproduzioni in plastica dai prezzi poco convenienti. “Quanto per questa?”, chiediamo ad un venditore. “80 dollari”, risponde, e dal tono con cui lo dice sembra abituato a venderne parecchi.
“Oltre alla simbologia – specifica Laspina – la scultura è anche una testimonianza perfetta di quanto l’Italia sia in grado di esprimere talenti artistici anche in epoca contemporanea, capaci di interpretare i valori dei giorni nostri e trasformarli in opere iconiche”. Un modo per far comprendere ai turisti come l’arte italiana non si limiti soltanto alla ben nota espressione rinascimentale, ma spazi anche di epoca in epoca fino ai giorni nostri.
”Grazie della spiegazione – dice un turista a Laspina – non l’avevo mai sentita”. L’obiettivo è che questa frase non venga ripetuta più.
