“La nostra è una famiglia di fabbricatori di prosciutto. Nel nostro sangue scorre la storia del passaggio da una modalità di lavorazione contadina a una di natura più artigianale – ma mai fino in fondo industriale – che ci ha consentito di non abbandonare l’identità distintiva dell’autentico “Made in Italy”: quello che continua a essere un modello, a resistere e a svilupparsi nonostante i tempi difficili che stiamo vivendo”.
Così parla Carlo Galloni, Presidente del salumificio che porta il suo nome e che quest’anno, la Guida Salumi italiani, ha riconosciuto come il “Migliore Prosciuttificio d’Italia”.
Tutto iniziò a Langhirano 65 anni fa, quando Primo Galloni, convinto da un cognato vissuto in Venezuela, decise di investire sul prosciutto. Era però intenzionato a rispettare una regola: sarebbe rimasto in famiglia, al lavoro insieme ai suoi quattro fratelli. Dopo un periodo di studio, aprì il primo stabilimento in via Don Minzoni, una scelta che sin da subito si rivelò vincente Passarono infatti pochi anni e nel 1963 avvenne già il primo ampliamento. Ne seguono altri: nel ’65, nel ‘66 e anche nel ‘69. I fratelli Galloni lavorarono senza orari e i risultati non tardarono ad arrivare.

“Io e mia sorella Mirella abbiamo imparato da nostro padre i segreti del mestiere”, racconta Carlo. Con loro, alla tradizionale operosità e attenzione per i dipendenti promossi da Primo, l’azienda inizia una forte attività di trade marketing. Un’iniziativa inusuale per i mono produttori di prosciutto di Parma.
Nel 2005 la nuova proprietà avanza ancora: Carlo e Mirella acquisiscono le quote dei vecchi soci ed entra in azienda anche Federico, figlio di Carlo. È una ventata di aria fresca, sia in termini di stile che di obbiettivi. Mentre proseguono le attività di ricerca e di collaborazione con l’esterno, si costituisce il “gruppo qualità”, che settimanalmente vede il confronto fra gli “empirici”, operai salatori, cantinieri, disossatori e il team scientifico interno.
A questo si aggiunge il percorso fatto dall’azienda per diventare un riferimento internazionale nella ricerca sulla lavorazione del prosciutto. “Lavoriamo insieme ad istituti di ricerca – racconta Galloni – e partecipiamo a progetti scientifici europei, coltivando relazioni con produttori spagnoli, francesi, ungheresi, croati e bulgari che hanno prodotto altrettante occasioni sviluppo di processi ad alto contenuto tecnologico”.
Un valore essenziale per poter essere competitivi sul mercato americano?
“Alla fine degli anni Ottanta – spiega Carlo – quando il mercato degli Stati Uniti venne riaperto al prosciutto italiano dopo un ventennio di interdizione, Galloni fu il primo produttore a sbarcare nel paese. Negli USA il nome Galloni diventò ben presto sinonimo di qualità. Aristide de Caro, il primo venditore Galloni in America, ripeteva sempre come un mantra: ‘Don’t ask for Parma prosciutto, ask for Galloni prosciutto’”.
L’entusiasmo era tanto, per il prosciutto e anche per l’italianità che rappresentava. Si invitavano i clienti ai concerti verdiani della Carnegie Hall e a quelli del Lincoln Center. “De Caro – aggiunge – era appassionato di musica lirica e dava ai venditori e ai buyers i nomi delle opere che tanto amava: Otello, Macbeth, Don Giovanni, DulcamaraLoro rispondevano cantando le lodi del prosciutto”.
Sensazioni che sono rimaste anche con il passare degli anni. “Oggi, ogni fetta di prosciutto Galloni tagliata negli Stati Uniti – spiega Galloni – lo consideriamo un piccolo passo verso l’Italia più autentica, un patrimonio culturale e gastronomico che ha le sue radici nella tradizione.
Se ci si domanda come mai il prosciutto di Parma sia così famoso in tutto il mondo, la risposta è semplice: perché è un pezzo di cuore italiano, un simbolo di eccellenza che non conosce confini”. Parola di Carlo Galloni.