Negli Stati Uniti o in altra parte delle Americhe, Leonardo Sciascia non c’è mai stato. Vuoi perché ha un timore per l’aeroplano (di preferenza il treno è il mezzo di locomozione privilegiato), vuoi perché troppo lungo in viaggio, fatto è che Sciascia il suolo americano non lo calca mai. Ne subisce, tuttavia il mito e ne parla in più occasioni; un mito coerente con il personaggio: lucido e razionale.
In quella specie di diario – o zibaldone – che è “Nero su nero”, pubblicato la prima volta nel 1979, a un certo punto Sciascia riflette su alcune fotografie che gli inviati dei giornali americani e inglesi hanno scattato durante lo sbarco in Sicilia nel 1943. Una foto è di Robert Capa: quella che ritrae uno spilungone di soldato americano quasi inginocchiato, che segue con lo sguardo il punto che gli indica un piccolo pastore siciliano. E’ il “pretesto” per ragionare sul mito americano: soldati, figli, nipoti, comunque parenti o amici di emigrati dalla Sicilia e in Sicilia rimandati proprio per sfruttare questi legami. Il piccolo pastore indica la strada giusta “al paesano, all’amico, al parente ricco comandato dal suo buon president a venire in Sicilia a fare una buona e giusta Guerra…”. Col tedesco non l’avrebbe mai fatto (nota a margine: poco dopo il pastore viene fucilato proprio dai Tedeschi, per collaborazionismo col nemico).
Quelle fotografie, scrive Sciascia, dicono tutto: non ci sono solo il pastore, il paesano, gli americani: “Ci siamo anche noi, ventenni, col mito dell’America che non ci veniva dai parenti e dagli amici (degli amici), ma dale appassionate letture, cui Vittorini e Pavese ci avevano avviato, di Faulkner, di Hemingway, di Steinbeck, di Caldwell, di Saroyan, ‘Che ve ne sembra dell’America?’, chiedeva il titolo di un libro di Saroyan tradotto da Vittorini. La libertà, la democrazia, il new deal, la frontiera verso il mondo nuovo – era la nostra risposta”.
Un anno prima Sciascia rilascia una lunga e bella intervista al settimanale francese “Le Nouvel Observateur”, confessa il debito con gli scrittori americani: “Tra I 13 e I 17 anni, ma non più in là, ho avuto una grossa passione per Gabriele D’Annunzio. La cotta mi è passata quando mi sono accorto che D’Annunzio era caduto dalla parte sbagliata, dalla parte del nazionalismo, del fascismo. Mi è passata grazie agli americani: Steinbeck, Caldwell, Faulkner, e grazie a quello che si è potuto leggere di Hemingway sotto il fascismo”.
Si tenga conto, come ho scritto, che è un mito “razionale”: al pari di tanti emigranti, il padre di Sciascia, Pasquale, si trasfersce negli Stati Uniti dal 1912 al 1919, facendovi anche il militare. Un fraterno amico di Sciascia, lo scrittore Matteo Collura, fornisce utili ragguagli su questo soggiorno americano del padre: “Dovette essere un’esperienza tutt’altro che edificante per lui, se tornato nella sua Racalmuto non ne parlò mai né in famiglia né tra gli amici. Così negli anni in cui Leonardo era bambino, nel suo paese – luogo tra i più lacerate dall’emigrazione in Sicilia – l’idea che si aveva di quel lontano continente era quell ache lui avrebbe rievocato da scrittore: ‘I racalmutesi hanno sempre visto l’America con terrore, come un destino particolarmente amaro e negative. Quegli emigrant che temporaneamente tornavano, ogni cinque o dieci anni, e sembravano americanizzati, venivano guardati con disprezzo, come se fossero divenuti più stupidi di prima. L’America la si immaginava come un posto dove non si sapeva vivere, dove si sgobbava da abbruttirsi, dove ci si inebetiva e ci si vestiva in maniera strana: cravatte dai colori sgargianti e appariscenti per gli uomini, capellini indescrivibili per le donne. Gli emigranti di ritorno li si distingueva anche per il loro dialetto arretrato, dicevano ‘bunaca’ per dire giacca e ‘burcetta’ invece di forchetta, e a Racalmuto questo faceva ridere. E poi quelli di lagavano, dicevano che il paese non era cambiato, che era sporco come prima. Anch’essi ci disprezzavano. Guardavano con diffidenza i parenti, come se tutti mirassero al loro denaro; e magari era così”.

Rivelatrice una notazione di Vincenzo Consolo, anche lui scrittore siciliano e di Sciascia grande amico: racconta che le sue sigarette “erano le Chesterfield, le sue preferite, che fumava dal tempo dell’arrivo delle truppe americane in Sicilia”. Un mito anche questo, aspirato con voluttà; e che contemporaneamente va in fumo.
Di questo e molto altro si dibatte a New York, dal 20 al 23 settembre: tre iniziative per ricordare Sciascia a cent’anni dalla nascita . La settimana di manifestazioni è ideata e promossa dal Comitato Nazionale del Centenario Sciasciano (uno dei dodici comitati nazionali approvati dal Ministero della Cultura), e dall’Istituto Italiano di Cultura di New York,diretto da Fabio Finotti, dall’Associazione degli Amici di Leonardo Sciascia e dalla rivista internazionale di studi sciasciani “Todomodo”. L’iniziativa, tra gli altri, è patrocinata dal Ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale (MAECI), dall’Ambasciata d’Italia a Washington D.C., dal Consolato Generale d’Italia a New York.
La manifestazione inaugurale si incentra sulla presentazione della monografia più completa e aggiornata in lingua inglese sullo scrittore italiano, opera di uno dei maggiori studiosi di Sciascia, lo scozzese Joseph Farrell. Il volume “Leonardo Sciascia: The Man and the Writer”, è pubblicato dalla storica casa editrice italiana Leo S. Olschki (Firenze 2022); ed è imprezsito da un’introduzione del regista Giuseppe Tornatore, che di Sciascia è stato amico. La presentazione è in calendario martedì 20 settembre alle ore 17.30 alla Libreria Rizzoli di New York (1133 Broadway). Dopo l’intervento di apertura del direttore dell’IIC di New York, Fabio Finotti, il programma prevede una conversazione tra l’autore del libro e due studiosi, Gaetana Marrone-Puglia (Princeton University), e Valerio Cappozzo (University of Mississippi).

La seconda iniziativa in programma della settimana sciasciana in America riguarda la ventottesima cartella di grafica d’arte fuori commercio della collana “Omaggio a Sciascia”, curata da Francesco Izzo per gli Amici di Leonardo Sciascia. Per l’occasione del centenario la cartella, in edizione bilingue, ospita il primo testo in inglese di Sciascia pubblicato nel 1952 a Chicago (e recentemente ritrovato nel corso di una ricerca di archivio), accompagnato dalla litografia in edizione numerate “Portrait in black”, tratta da un ritratto originale dello scrittore eseguito nel 1979 da David Levine, uno dei maggiori caricaturisti americani del ventesimo secolo. Mercoledì 21 settembre alle ore 18.00 la cartella sarà presentata al Center for Italian Modern Art (CIMA, 421 Broome St., 4th floor), presieduto da Laura Mattioli. Il programma della serata, introdotta dal Direttore del CIMA, Nicola Lucchi, prevede interventi di Francesco Izzo, Teresa Fiore, Valerio Cappozzo e David Leopold. A latere dell’iniziativa saranno in mostra, a cura dei David Levine Archives, una dozzina di disegni originali di David Levine trascelti dalla sua straordinaria produzione di ritratti di scrittori e altri personaggi della cultura italiana e americana legati all’universo di Sciascia. Il culmine delle celebrazioni americane è previsto per il 22 e 23 settembre all’Istituto Italiano di Cultura di New York (686 Park Avenue) con l’atteso appuntamento convegnistico del XIII Leonardo Sciascia Colloquium, diretto da Valerio Cappozzo, italianista e presidente degli Amici di Leonardo Sciascia.
Durante le due giornate di studio si approfondiranno la ricezione dello scrittore in Nord America, le sue passioni letterarie e cinematografiche per gli autori americani, la sua visione di un continente vagheggiato e rifiutato. Nella società americana gli scritti di Sciascia hanno aperto le porte a una comprensione maggiore della società siciliana e italiana, e del fenomeno mafioso. Verrà inoltre passato in rassegna l’impatto del pensiero sciasciano sugli intellettuali americani. Introdotto dai saluti dell’Ambasciatrice d’Italia negli Stati Uniti, Mariangela Zappia, del Sottosegretario MAECI, Benedetto Della Vedova, della Presidente del Comitato Nazionale del Centenario Sciasciano, Senatrice Emma Bonino, moderati dal Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di New York, Fabio Finotti; il Colloquium si articolerà in sette sessioni, tavole rotonde, un’intervista inedita di Rita Cirio a Leonardo Sciascia e Federico Fellini, video clips e confronti sulla relazione peculiare e appassionata di Sciascia con la letteratura americana. Tra gli studiosi presenti, Valerio Cappozzo, Francesca Maria Corrao, Joseph Farrell, Ann Goldstein, Amara Lakhous, James Marcus, Gaetana Marrone-Puglia, Antonio Monda, Domenico Scarpa, Valter Vecellio, e altri.