Il suo nuovo LP “Remember Your North Star”, uscito il 17 giugno sulla Big Data di Ninja Tune è già uno degli album dell’estate
Anche New York sembra aver trovato una nuova musa R&B in un’epoca di policentrismo della scena musicale black americana che ha trasformato tutte i grandi centri degli States, anche i più impensabili, in un agglomerato di piccole scene cittadine.
Yaya Bey non è nata ieri né può essere associata a quella serie di giovani artiste della gen Z cresciute ed esplose sulla rete, ma a trentatré anni sembra finalmente aver trovato la sua stella polare, per usare un facile gioco di parole a partire dal titolo del secondo album, Remember Your North Star, pubblicato il 17 giugno da Big Data, sotto-etichetta della più famosa e influente label britannica Ninja Tune che negli ultimi tre decenni ha reso popolari, tra i tanti Coldcut, Amon Tobin, Bonobo, Kelis, BICEP, The Bug.
Hadaiyah Bey cresce nel cuore di Jamaica, nel Queens e suo padre Ayub non è un personaggio qualunque. Se il nome di battesimo vi dice poco pensate al suo nome d’arte, Grand Daddy I.U., per capire di chi si tratta. Nato a Hempstead, Long Island nel 1968 si è affermato in patria come uno degli MC dell’East Coast tra i più rispettati nella Golden Age dell’hip hop arrivando all’inizio degli anni Novanta in cima alle classifiche rap con hit del calibro di “Something New” e “Sugar Free”.
La madre di Yaya va via quando la piccola ha solo tre anni, così lei cresce con padre e cugini iniziando ad approcciarsi subito al mondo delle arti performative in una scuola di danza della Saint Benedict Church. In casa la musica non manca non solo per il padre che la porta spesso ad assistere a lunghe sessioni in studio.
Grazie alle collezioni di dischi di uno dei pionieri della scena Yaya approfondisce prematuramente ascolti di leggende del soul e del funk quali Donny Hathaway, Gladys Knight e Ohio Players e dell’hip hop, su tutti ovviamente The Notorious B.I.G. che ne forgeranno background e immaginario musicale, fino ad arrivare alle icone più contemporanee come Mary J. Blige, Jay Z e Beyoncé.

Eppure inizialmente è la poesia e la scrittura a interessarla con studi e ricerche su storia e letteratura afroamericana. Il padre stesso è convinto che la figlia possa avere un futuro in questo campo più che in quello vocale, ma le cose cambieranno gradualmente quando a diciott’anni Yaya deciderà di trasferirsi nella capitale.
A Washington D.C. dove lavora tra musei e biblioteche si forma la sua coscienza politica che sarebbe diventata uno dei punti forti del suo storytelling, tra slam poetry, iniziative per la giustizia sociale e attivismo di vicinato e, a partire dal 2012, l’inizio della sua carriera da songwriter
Da medica di strada vive un’esperienza che le cambierà da vita quando nel 2014 si unirà a un gruppo di attivisti conosciuti al Sanfoka, un importante bookstore punto di ritrovo della comunità afroamericana di D.C., per partire alla volta di Ferguson, Missouri nelle manifestazioni di protesta per l’assassinio del diciottenne Michael Brown. A Ferguson è aggredita da un suprematista bianco ma se la cava con un occhio nero e qualche livido. Ciò non la distoglie dal partire qualche mese dopo per un’altra serie di cortei nella più vicina Baltimora dove il venticinquenne Michael Gray è ucciso in custodia sempre dalle forze dell’ordine.
Dal 2014 in poi attivismo e testi impegnati si saldano alla sua scrittura musicale e così Yaya Bey inizia a lavorare al suo primo disco, un concept sulla femminilità nera, che vedrà la luce nel 2016.
Il primo EP, The Many Alter-Egos of Trill’eta Brown, realizzato con l’ex marito, è presentato come una “bio-mito-grafia” ispirata alla scrittrice femminista di Harlem Audre Lorde, accompagnato da un collage digitale e da un libro, e raccoglie dieci tracce che delineano bene il suo mood musicale da rivisitazione minimalista nu-soul del sound dei classici black.
Dopo l’uscita del suo primo lavoro un po’ di problemi nella vita privata che la condurranno al divorzio con il suo principale collaboratore e al ritorno a New York dove si trasferisce a Brooklyn allungano i tempi di gestazione del suo secondo lavoro, Madison Tapes, che uscirà sono nell’estate della prima ondata pandemica. Il suo primo LP contiene diciannove tracce che arricchiscono i colori e i temi della sua narrazione portandola a virare verso un R&B più fresco e pop, ispirato al sound di Erykah Badu e Jill Scott.
Parallelamente non abbandona la sua carriera nel mondo artistico e performativo, esponendo al District of Columbia Arts Center e al MoCADA, il museo delle arti contemporanee della diaspora africana di Brooklyn.
Nel 2021 arriva un altro EP molto ambizioso, The Things I Can’t Take With Me, il primo per Big Dada che non a caso esporta il suo nome oltreoceano, con ottime segnalazioni e recensioni nei magazine e nei blog che contano. L’EP è il preludio al disco della definitiva consacrazione, questo Remember Your North Star che in poco più di mezzora e 18 tracce corona un decennio di fatiche e ricerca. Il suo istinto pop trova una luce nuova, da risposta conscious e intellettuale alle hit di Megan Thee Stallion, Chloe x Halle e City Girls.
I testi sono un manifesto di emancipazione della donna afroamericana con una cura delle parole impeccabile e un flow che ammalia a primo ascolto, esaltato dalle produzioni dell’amico Nativesun e le incursioni di Aya Grant. Misoginia, diseguaglianze, abusi, relazioni familiari ed empowerment: temi sociali si intrecciano a racconti autobiografici nella migliore tradizione R&B contemporanea.
Se non l’avete ancora ascoltato, prendetevi mezzora per Remember Your North Star, perfetto per crepuscoli e serate estive.
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