È dagli anni’80 che puntualmente ogni anno a fine giugno vado a osservare la parata del Gay Pride che si snoda per le strade del Greenwich Village. Dopo il giubilo dei partecipanti in festa nell’anno in cui la Corte Suprema sancì la legittimità del matrimonio fra due persone dello stesso sesso, quest’anno il clima festaiolo era ovattato da una nuova realtà: ora che la più alta Corte americana ha spazzato via il diritto all’aborto sancito a livello federale, potrebbe essere che il matrimonio fra gay possa essere la prossima vittima dei massimi giudici togati americani?
La paura era tangibile e reale, mentre centinaia di migliaia di persone sfilavano domenica per le strade di New York.
Le condizioni erano ideali. Sotto a un cielo perfettamente azzurro, con un tasso d’umidità praticamente pari a zero, la parata ha mosso i primi passi all’altezza della 52ª Strada muovendosi verso sud lunga la Fifth Avenue.
Tanta era la voglia di trovarsi insieme e festeggiare l’orgoglio gay dopo due anni in cui la pandemia aveva bloccato i tradizionali festeggiamenti di fine giugno. Ma è simbolico che in apertura della parata fosse stata invitata Planned Parenthood, la storica organizzazione che da decenni difende il diritto delle donne alla libera scelta in materia di aborto.

Al grido di “Rise up for abortion rights” la delegazione di Planned Parenthood ha sventolato cartelli dai quali emergeva un messaggio parallelo: la difesa del diritto all’aborto rappresenta la difesa di tutti i diritti civili, compresi quelli della comunità GLBTQI.
Ancora prima che la parata ufficiale del Gay Pride cominciasse a muoversi lungo il percorso previsto, alcuni esponenti dell’amministrazione municipale di New York avevano espresso la loro solidarietà alla comunità gay.
Fra questi il sindaco Eric Adams, che aveva marciato lungo Fifth Avenue insieme al senatore democratico Chuck Schumer, entrambi protetti da una scorta di agenti dell’NYPD. Scorta che è sempre necessaria per figure pubbliche della loro portata, ma ancora più essenziale quest’anno, alla luce di un complotto da parte di violenti estremisti di destra che era stato svelato in Idaho. Intendevano seminare panico e violenza alla parata locale prevista a metà giugno. Ancora più reale il terrore che era stato seminato a Oslo pochi giorni fa in un bar gay alla vigilia della parata nella capitale finlandese.
“Sono fiero di marciare oggi insieme a mia moglie e mia figlia,” aveva detto il senatore Schumer parlando in un megafono all’incrocio della 17ª Strada e la Fifth Avenue. Più inequivocabile il messaggio dell’attrice lesbica Chynthia Nixon, che si è rivolta alla folla precisando che si trattava di “una celebrazione e una protesta”.
“In anni recenti abbiamo marciato insieme in un clima di celebrazione”, ha perseguito la Miranda di Sex and the City. “Ma oggi siamo qui per protestare”.

Presente anche la deputata progressista Alexandria Ocasio Cortez, che ha parlato dei giudici della Corte Suprema dovrebbero che hanno votato per la cancellazione della storica sentenza Roe v. Wade, chiedendo il loro impeachment.
Per la prima volta anche rappresentati ufficiali del governo italiano erano presenti alla parata del Gay Pride. Sventolando la bandiera tricolore hanno marciato lungo la Quinta Strada Fabrizio Petri, in rappresentanza del ministero degli esteri di Roma. Insieme a lui c’erano anche rappresentanti dei Comites di New York, una presenza importante in considerazione del fatto che anche il governo Usa era presente lungo la Fifth Avenue con l’amasciatore Usa alle Nazioni Unite Christopher Lu.
Insieme al diplomatico c’era Jessica Stern, Inviata Speciale del governo Usa per i diritti della comunità arcobaleno. Collettivamente la loro presenza ha voluto indicare la cooperazione internazionale esistente in supporto dei diritti omosessuali, cooperazione multinazionale che si era formata nel 2008 nell’ambito delle Nazioni Unite.