Ha sullo sfondo lo skyline di Manhattan, ma questa esposizione guarda oltre. Scava nelle pieghe di sofferenze antiche, viaggia virtualmente lungo reti transatlantiche, accarezza l’anima fluttuante di chi ha sofferto dolorose migrazioni e discriminazioni.
Siamo al Brooklyn Bridge Park, a due passi da Dumbo, dove l’East River si sposa con l’oceano. È qui, sul lungomare un tempo approdo coloniale e porto marittimo, che la Public Art Fund ha organizzato “Black Atlantic”, ispirata al libro di Paul Gilroy sull’identità dei neri americani e i legami con la tratta degli schiavi.
Qui, dove arriva forte l’odore del mare e di prima mattina il sole si riflette sui grattacieli di downtown, cinque artisti mescolano storia ad esperienze personali per un nuovo approccio creativo a un tema sempre attuale. Tra questi, il co-curatore Hugh Hyden, che al Madison Square Park ha di recente messo in luce le disparità nel sistema educativo con “Brier Patch”, installazione che ha visto in perfetto ordine geometrico cento scrivanie in legno, materiale più consono all’artista, su cui germogliavano disordinati rami d’albero.

Hyden non si è limitato all’organizzazione di “Black Atlantic”, ma ha contribuito con una sua opera, “Gulf Stream”. È una barca in legno con l’interno che ricorda lo scheletro di una balena. Riporta a un dipinto del 1899 di Winslow Homer, che ritraevano naufragio, e alla reinterpretazione di Kerry James Marshall, che nel 2003 ha trasformato la scena in un luogo di svago.
Un po’ come il Brooklyn Bridge Park oggi. Poi ci sono gli altri quattro artisti. Leilah Babirye, ugandese, ha realizzato due gruppi di sculture in legno di pino. Le ha scolpite con la motosega, ha usato tecniche africane, le ha adornate con metallo, decorate con materiale di scarto. Sono le sue “trans queens”, che l’artista immagina come fari che illuminano ed accolgono la comunità LGBTQ+ internazionale.
Dozie Kanu si è trasferita dal Texas al Portogallo e maneggia con cura l’autoriflessione. Dalla psicanalisi, evocata da una chaise-longue, al liquido nero che pulsa al ritmo del battito cardiaco, “On Elbows” va fino alla cultura della personalizzazione dell’interno delle auto, interpretazione del possesso degli oggetti dei neri americani.

Tau Lewis ha, invece, realizzato tre sculture in ghisa. Rappresentano crinoidi, fossili di antiche creature marine reinterpretati dall’artista con motivi africani, con l’intento di sottolineare la coesistenza con quei corpi neri inghiottiti dall’Atlantico. Infine Kiyan Williams, che con “Ruins of Empire” reinventa la Statua della Libertà.
Decomposizione e decadimento per sottolineare non soltanto la devastazione ambientale, ma anche quanto gli ideali di libertà siano legati alla sottomissione. “Black Atlantic” è frutto di una collaborazione tra Hugh Hayden e Daniel S.Palmer, curatore aggiunto della Public Art Fund. L’esposizione a cielo aperto è stata inaugurata il 17 maggio e sarà fruibile per tutta l’estate, fino al 27 novembre.