Una settimana fa, il sindaco Eric Adams e il commissario del Dipartimento dei trasporti Ydanis Rodriguez presentavano a Brooklyn una nuova campagna pubblicitaria da 4 milioni di dollari: Slow Down.
Il piano, lanciato il 2 maggio, mirava a spaventare gli automobilisti che guidavano lungo Pennsylvania Avenue e altre strade dall’alto tasso di incidenti, installando cartelloni con una persona scaraventata in aria dopo essere stata colpita da una macchina, accompagnata dall’avvertimento: “L’accelerazione rovina vite. Rallentare.”
Da lunedì scorso ad oggi, però, almeno una dozzina di newyorkesi hanno perso la vita per le strade della città: quasi due al giorno. Un tasso ben più alto dei livelli stimati nel 2021, anno record per le morti nel traffico.
I decessi includono la sedicenne del Bronxite Alissa Kolenovic, investita mercoledì da un camionista, il ciclista 35enne Eric Salitsky, falciato da un camionista a Brooklyn il giorno successivo e il 72enne John Dellacava, ucciso sabato da un autista mentre cercava di attraversare un viale del Bronx con uno scooter elettrico.
Il progetto del sindaco di intimorire i conducenti attraverso la campagna pubblicitaria è dunque l’ennesimo tentativo fallito dei funzionari pubblici per arginare gli incidenti stradali.
Jessie Singer, giornalista e autrice di Brooklyn, ha recentemente pubblicato il libro “Non ci sono incidenti”, che descrive in dettaglio la storia degli incidenti negli Stati Uniti e di come le scelte sistemiche, politiche e di progettazione siano la chiave per comprenderli e ridurli.
“Lo sappiamo tutti – ha dichiarato Singer – strade diritte e larghe (come quelle di New York) sono progettate per accelerare e incoraggiare la velocità”.
Così non va. Adams e la sua amministrazione dovranno presto trovare una soluzione.