I gay di New York avrebbero notato subito il mio amico John Sanyu se giovedí questo ugandese di ventisette anni avesse potuto essere con loro a protestare davanti al municipio di New York. La comunità LGBT era scesa in piazza per contestare le nomine di tre politici antigay da parte del sindaco Eric Adams. Sono Fernando Cabrera, Erick Salgado e Gilford Monrose.
John si sarebbe fatto notare non solo perché è più alto, più magro e più nero di chiunque altro. Si sarebbe distinto anche perché nessuno più di lui può capire quanto pericoloso sia stato il supporto di Fernando Cabrera nei confronti del governo di Kampala. Nel 2014 Cabrera era andato in missione in Uganda e lì aveva espresso supporto per una serie di nuove leggi repressive con le quali il governo locale schiacciava i diritti degli omosessuali. Un clima di isteria collettiva che per esempio era costato la vita all’attivista ugandese David Kato e che avevo portato alla scomunica del vescovo Christopher Senyonjo.
“Il matrimonio gay non è accettato in questo paese”, aveva detto Cabrera in un video girato a Kampala e postato su YouTube. “Perché? Perché sono i cristiani a prendere le decisioni in questa nazione. Anche l’aborto è illegale qui, tutte posizioni in linea con i valori cristiani”.
Guarda caso che un anno prima, nel 2013, era uscito un documentario intitolato: “God Loves Uganda” dal quale emergeva che i “valori cristiani” di cui parlava Cabrera stavano prendendo piede in Uganda grazie alla pericolosa propaganda da parte di predicatori evangelici americani. Persone come Lou Engle erano nella nazione africana a diffondere odio e violenza nel nome della Bibbia.
Lo sa bene John che nel suo paese ne ha passate di ogni genere. Arrestato ripetutamente, seviziato dalla polizia, ricattato se non avesse rivelato nomi di altri gay, minacciato di morte. Ora vive in Germania, una svolta fondamentale nella sua vita iniziata nel 2017 quando un messaggio urgente ci aveva raggiunto a casa nostra a New York. “C’è un ragazzo di ventitrè anni in Uganda che se non lo aiutiamo non arriverà mai a celebrare il suo ventiquattresimo compleanno”.

Il messaggio veniva da Dirk, un attivista tedesco di Berlino che chiedeva una mano per pagare un costoso e complicato biglietto aereo col quale far scappare John dall’Uganda. Il piano rocambolesco comprendeva un biglietto per una delle pochissime destinazioni al mondo dove gli ugandesi non hanno bisogno di visto. Ma il tragitto doveva farlo transitare in Germania dove avrebbe potuto fare richiesta di asilo politico. Una cosa non facile per un ragazzo che non aveva mai volato in vita sua, non era mai stato in un aeroporto e non era neppure in possesso di un passaporto.
Settimane di preparativi e di tentativi, compresa una trasferta di sedici ore in autobus da Kampala a Nairobi nel tentativo di evadere la corrotta polizia aeroportuale ugandese. Tentativi andati male quando due compagnie aeree si erano rifiutate di vendergli un biglietto sospettando che la vera intenzione fosse di interrompere il viaggio a Francoforte.
Mesi dopo e duemila dollari dopo John era riuscito ad arrivare in Germania e fare richiesta di asilo politico. Nel corso dell’udienza con il governo tedesco Jon aveva documentato abusi così orribili che perfino il traduttore in aula aveva avuto bisogno di una pausa per riprendersi dallo shock.

Da tre anni John vive in Germania, ha imparato il tedesco, lavora in una casa per anziani e sta studiando per ottenere la licenza di scuola media. Una storia inquietante la sua che mi piacerebbe poter condividere con Fernando Cabrera che ora afferma di aveva cambiato il suo punto di vista sull’omosessualità. Non possiamo negare a nessuno il beneficio del dubbio ma lascia strabiliati che Eric Adams ritenga che sia Cabrera la persona più adatta a guidare un ramo della sua amministrazione chiamato Office of Faith-Based and Community Partnership, una sorta di punto di snodo fra gruppi religiose e organizzazioni che offrono servizi sociali alla comunità.
In una città dove il 5 per cento della popolazione è omosessuale, l’unica persona adatta a ricoprire quell’incarico é un uomo con un passato anti-gay? Un altro passo falso per il nuovo sindaco che aveva cercato di mettere suo fratello Bernard a capo dei servizi di sicurezza del municipio. Ma Adams scrolla le spalle. “È un uomo di fede che si è sempre espresso a favore della tolleranza e dell’inclusività”, ha detto l’altro giorno parlando del reverendo Erick Salgado, un politico che nel 2013 si era candidato a sindaco di New York con posizioni dichiaratamente antigay and anti-aborto. Adams continua a difendere anche Gilford Monrose, un predicatore di Brooklyn che ha espressamente manifestato posizioni contro l’omosessualità. Ma nessuno ha fatto presente a Adams che è sindaco della città più gay al mondo? A New York ci sono quasi 800 mila omosessuali e l’arroganza del sindaco che insiste con Cabrera, Salgado e Monrose è a dir poco inquietante.