Chissà se c’è una particolare emozione nel tenere in casa un oggetto rubato, sottratto a un museo o a un sito archeologico, e ammirato con l’avido sguardo di chi pensa: “è mio, solo mio, e di nessun altro”. O forse l’eccitazione c’è già prima di possedere il bene, nell’atto di impadronirsene, in barba a sistemi di allarme, precauzioni, controlli di sicurezza.
Si può essere disposti a tutto.
Basterebbe pensare che i tombaroli più antichi di cui si abbia notizia sono quelli che entravano nelle tombe egizie, e – in barba a tutte le magiche maledizioni iscritte nelle dimore dei morti contro chi ne violava la pace – non si facevano scrupolo di fare man bassa di quel ben di Dio che colmava i sepolcri dei potenti, come grotte di Aladino. Ma anche in Boccaccio, nella novella di Andreuccio da Perugia, non ci sono dei ladri che cercano di rubare gli ornamenti e l’anello pastorale con rubino di un vescovo appena sistemato nel suo sarcofago in chiesa?

Qualche volta a rubare non sono i privati. Chi non ricorda le immagini dell’Arco di Tito a Roma, con la rappresentazione del corteo trionfale dove era esibito l’enorme bottino portato da Gerusalemme, a partire dalle sacre Menorah?
Accanto a chi depreda l’antico c’è sempre stato chi cerca di salvarlo. Famosa è la lettera di Raffaello a Leone X con cui viene in sostanza creato la prima sovrintendenza archeologica del mondo. Rendendosi conto che Roma continua ad essere depredata – come mai i cosiddetti barbari hanno fatto – dai suoi stessi abitanti, per costruire case, palazzi, chiese. E allora Raffaello scrive al Papa:
Quanti Pontefici, Padre Santissimo, li quali avevano il medesimo officio che ha Vostra Santità, ma non già il medesimo sapere, né il medesimo valore e grandezza d’animo, né quella clemenza che la fa simile a Dio: quanti, dico, Pontefici hanno atteso a ruinare templi antichi, statue, archi e altri edifici gloriosi! Quanti hanno comportato che solamente per pigliar terra pozzolana si sieno scavati dei fondamenti, onde in poco tempo poi gli edifici sono venuti a terra! Quanta calce si è fatta di statue e d’altri ornamenti antichi! che ardirei dire che tutta questa Roma nuova che ora si vede, quanto grande ch’ella si sia, quanto bella, quanto ornata di palagi, chiese e altri edifici che la scopriamo, tutta è fabricata di calce e marmi antichi.

Su questa medesima strada ha agito un altro eccelso artista di cui l’anno prossimo ricorre il duecentenario della morte, Antonio Canova, con la sua opera di recupero dei beni trafugati da Napoleone in Italia. Ancora più avventuroso fu il recupero dei beni trafugati (o in via di esserlo) dai tedeschi ad opera di Rodolfo Siviero e dei cosiddetti “Monuments Men”.
Si inserisce in questa secolare tradizione – con metodi nuovi e affinati dalle più moderne tecnologie – il Comando Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale. Fondamentale è la capacità dei Carabinieri di muoversi in un contesto globale (un reperto archeologico rubato inizia un viaggio che sposso lo porta lontano) e collaborare con le autorità di altri stati. Per questo la mostra sui tesori ritrovati negli USA è il frutto di una straordinaria collaborazione tra l’Arma dei Carabinieri e il Manhattan District Attorney’s Office.

I capolavori che presto torneranno in Italia sono visibili in Consolato e all’Istituto Italiano di Cultura secondo un calendario che (per ragioni di sicurezza) riguarderà un orario ristretto e alcuni giorni della settimana, e sarà dato alla fine di dicembre.
Fondamentale è la capacità di questi reperti di dare il senso delle culture da cui è nata l’Italia classica, in un commercio aperto e creativo col Mediterraneo. Ecco allora le teste etrusche in terraccotta del 4 secolo avanti Cristo, e soprattutto due splendide figure femminili che avevano funzione architettonica, e ornavano un tetto. I colori sono perfettamente conservati e finalmente abbiamo il piacere di ritrovare una parte del mondo antico che non è in bianco e nero, ma intensamente colorato (truccato si direbbe) anche nei visi. E soprattutto bellissima è un’urna etrusca dal color cuoio con una decorazione elegantissima, fatta di linee più che di volumi.
A dimostrare la ricchezza e la curiosità dell’Italia da cui nasce la civiltà latina, ecco poi i vasi importati dall’Attica, ed ecco le manifatture locali. Magnifici crateri apuli, ceramiche campane, monete sicule. E soprattutto due torsi che dialogano. Uno (databile tra il I secolo a.C e il I d.C) dice all’altro: io sono perfetto. Sono il modello di bellezza maschile che arriverà al David di Michelangelo.

L’altro (I-II secolo d.C) risponde: cosa vuoi farci? Io invece sono un fauno e mi porto un’oca sotto il braccio. Vedi che ho la coda tipica del mondo satiresco, e sono anche un po’ grassoccio come devono essere i seguaci di Bacco. Ma gli uomini veri somigliano molto più a me che a te.
Con un viaggio che attraversa una prima vendita da parte di Oliver Forge e Brendan LYnch Ltd per approdare a una vendita da Hindman (catalogo del 16 giugno 2020, lotto 15) il torso del fauno ora approda in terra italiana e contribuisce a ricordarci che la classicità non è affatto tutta uguale. Non è una grammatica di forme e temi che si ripete dovunque e comunque, ma un linguaggio fluido e ricchissimo, che attraversa la storia e innerva la straordinaria mobilità e ricchezza di tutta la cultura italiana nei secoli.