Dal New York Times: “Evoca visioni di titanici monopolisti che schiacciavano i concorrenti, truccavano i mercati e corrompevano il governo”. Ora, sono abbastanza sicuro di sapere a chi state pensando… ma trattenetevi! Questa citazione è del 9 febbraio 1859 e si riferisce ai “Robber Barons”, egocentrici uomini d’affari spietati, senza scrupoli e smisuratamente ricchi, che si intrattengono educatamente tra loro e nel contempo si scontrano brutalmente per denaro e potere. Gli uomini dell’Empire State, ovvero, Rockefeller, JP Morgan, Gould, Vanderbilt, Carnegie e Astor modellarono New York come capitale dell’Impero, la nuova Roma.
La famiglia Astor costruì la sua ricchezza grazie al commercio di pelli di castoro (e traffico illegale di oppio), reinvestendo poi i profitti nel settore immobiliare di New York. La stazione della metropolitana di Astor Place esibisce ancora le piastrelle con il castoro come simbolo originale della New York olandese e della famiglia Astor. Tra i grandi doni che gli Astor hanno lasciato alla città c’è la New York Public Library e un patrimonio di grandi alberghi, mentre i newyorkesi, in loro onore, hanno chiamato “Astoria” un quartiere nel Queens.

Astor House fu il primo hotel di lusso, oramai dimenticato, di New York. Costruito nel 1836 vicino alla St. Paul’s Chapel, occupava l’intero isolato su Broadway tra Vesey Street e Barclay Street, ed era il favorito dai potenti e ricchi dell’epoca. Essendo poi di fatto anche la sede del partito Whig (precursore del Partito Repubblicano) ebbe come clienti il Presidente Abraham Lincoln e il suo Segretario di Stato William Seward, il quale visse all’Astor House per trent’anni. L’hotel fu demolito nel 1926, ma non prima di aver ospitato circa diciotto presidenti degli Stati Uniti da Andrew Jackson a Theodore Roosevelt, più di qualsiasi altro hotel negli Stati Uniti. Gli Astor si spostarono poi a nord, costruendo il Waldorf-Astoria, il Knickerbocker e l’incredibile Astor Hotel a Times Square (demolito nel 1967).

“Hai cercato di truffarmi, non ti denuncerò… ti rovinerò”. Eccoci di nuovo. So a chi pensate che appartenga questa citazione, ma non ci siamo ancora. Appartiene infatti dello spietato tiranno Cornelius Vanderbilt, “Il Commodoro”, potente patriarca della famiglia Vanderbilt. Dal punto di vista degli Astor, i Vanderbilt erano dei nouveau riche, ma non potevano essere ignorati perché la loro fortuna, accumulata con le spedizioni e le ferrovie, li rese la famiglia più ricca d’America. Oggi, bisognerebbe sommare la ricchezza di Bill Gates e Jeff Bezos per eguagliare la fortuna dei Vanderbilt.

Si racconta che nel 1901, gli Astor stavano costruendo un altro elegante hotel, il St. Regis, di fronte alla Chiesa Presbiteriana sulla Fifth Avenue all’incrocio con la 55ma strada. Questo fece infuriare i Vanderbilt che volevano impedirgli di costruire un hotel commerciale a pochi isolati dalla loro magione (se allora si lamentavano che il St. Regis fosse un male, oggi avrebbero avuto di fronte la Trump Tower). I Vanderbilt contavano su una legge di New York che proibiva il rilascio della licenza per la vendita di alcolici a qualsiasi attività la cui entrata fosse a meno di 200 passi da una chiesa. Per ovviare, gli Astor spostarono quindi l’entrata principale dell’hotel, dalla Fifth Avenue alla 55° strada rientrando quindi in conformità con le norme. A quel punto, Rockefeller, un altro “nouveau riche, kid on the block” venne in aiuto dei Vanderbilt e comprò un palazzo vicino al St Regis, cosicché gli Astor avrebbero perso i 2/3 dei voti di maggioranza necessari da parte dei vicini per assicurarsi la licenza. In risposta, gli Astor comprarono una casa adiacente per mettere in minoranza il voto congiunto dei Rockefeller e Vanderbilt e, in aggiunta “comprarono” anche un senatore dello Stato di New York che cambiò la legge in modo da esentare tutti gli hotel con più di 200 stanze, incluso il St. Il ricco zio Pennybags sapeva che per vincere a Monopoli bisogna piazzare gli hotel nelle strade più costose.
Mentre John Jacob Astor IV espandeva il suo impero alberghiero a New York, i Vanderbilt erano impegnati a reinventare la città con la creazione della magnifica Grand Central Station, un progetto che non ebbe eguali fino alla costruzione del Rockefeller Center di John D. Rockefeller alla fine degli anni 30. William Gwynne Vanderbilt aprì il Vanderbilt Hotel, ora adibito a condominio, su Park Avenue e 31a strada, un elegante edificio in stile Adam dove lui occupava l’ultimo piano. L’unica parte rimasta originale è il ristorante che si affaccia su Park Avenue ancora decorato con le piastrelle originali di Guastavino. Amici e rivali, gli Astor e i Vanderbilt hanno condiviso un tragico destino. John Jacob Astor IV morì nel naufragio dell’RMS Titanic nel 1912 e William Gwynne Vanderbilt (che inizialmente era prenotato sul Titanic, ma cambiò idea all’ultimo minuto) morì tre anni dopo con l’affondamento dell’RMS Lusitania.

I Vanderbilt circondarono il terminale di Grand Central con una serie di grandiosi edifici e hotel, da est con l’hotel Biltmore, soggetto di una famosa battaglia legale ( persa) per ottenere lo status storico. Il Roosevelt, lo Yale Club e il Chatham hotel, che spari insieme alla zona pedonale Chatham Walk. Da ovest invece l’Intercontinental Barclay e l’elegante Commodore Hotel (ora Grand Hyatt). Nel 1977 il Commodore era sull’orlo del collasso quando il costruttore Donald Trump promise alla città di “salvarlo”; al contrario, “l’avido, avido, avido” Trump, come lo definì il sindaco Ed Koch, coprì l’elegante facciata con un dozzinale vetro verde riflettente, distrusse gli interni e la sala da ballo e riuscì a “strappare” alla città l’abbattimento delle tasse di 400 milioni di dollari per i successivi 40 anni.

Fred Trump fece fortuna speculando nel settore immobiliare nel Queens, e suo figlio Donald Trump seguì le orme del padre, mentre Harry Helmsley, proprio come il padre Fred, creò un impero immobiliare a Manhattan. Tuttavia verrà ricordato più per la sua tirannica moglie Leona Helmsley, soprannominata “the Queen of mean” ( “la regina della cattiveria”) che per essere stato il proprietario dell’Empire State building.
Quando la Queen of Mean incontrò il Mean del Queens, ( “il cattivo del Queens”) fu odio a prima vista.

Leona era responsabile degli hotel Helmsley, che consistevano a quel tempo in una varietà di alberghi stile anni 70 esteticamente sgradevoli, il New York Helmsley sulla 42a strada (ora Westin) e l’Helmsley Midtown, mentre L’Helmsley Palace (ora Lotte Palace) è composto da due parti: la storica casa Willard costruita nel 1882 e progettata in stile rinascimentale su ispirazione del Palazzo della Cancelleria a Roma da McKim, Mead and White e l’orribile ampiamento in stile Darth Vader costruita da Harry Helmsley. E infine il Park Lane Hotel, dove è difficile decidere se sia più brutto, l’esterno in stile post-moderno degli anni 70 o l’interno kitsch stile Luigi XIV. Tuttavia la vista su Central Park è mozzafiato. Anni fa ho visitato l’appartamento di Leona Helmsley, che si estendeva per tutto l’ultimo piano dell’hotel; era gigantesco, compreso il suo armadio, tanto che per la prima volta in vita mia ho fatto fatica ad uscirne.

Dopo un’aspra rivalità con Helmsley derivata dal loro accordo d’affari finito male sull’Empire State Building e sul St Moritz Hotel, Trump mise le mani sull’iconico Plaza Hotel (che fece fallire e rivendette con una perdita di 83 milioni di dollari) vicino al Park Lane. Trump definì Leona una “disgrazia per l’industria e una disgrazia per l’umanità in generale”. Una volta, ad un evento, il “sofisticato” Trump versò un’intera bottiglia di vino nel cappuccio del cappotto di Leona. Leona era anch’essa un incubo negli affari, ma si rivelò particolarmente crudele e tirannica con i suoi dipendenti. Una volta disse ad una sua cameriera: “Noi non paghiamo le tasse; solo i miseri pagano le tasse”, tuttavia questa frase le procurò una condanna a diciannove mesi di carcere per evasione fiscale. Senza alcuna ironia Trump disse a Leona: “Non sarai più in grado di licenziare a caso e abusare delle persone per tuo sollazzo personale”. Leona dichiarò “Non crederei a Donald Trump se la sua lingua fosse autenticata da un notaio”.
Ad oggi, il gradasso di Trump gestisce solo il pacchiano e placcato finto-oro, Trump Central Park Hotel dopo che il suo nome venne tolto dall’ex Trump SoHo il quale è stato poi stato velocemente ribattezzato Dominick hotel.
I Robber Barons della “Gilded Age” hanno dato a Gotham cultura, arte e tesori architettonici inestimabili creando hotel che sono ancora l’invidia del mondo e valgono milioni, tutta un’altra storia con i finti albergatori come Donald e Leona…