Erano anni che non facevo l’albero di Natale a New York. Non tanto per indifferenza nei confronti di questa festa, quanto perché per anni ho passato il Natale in famiglia in Texas. Non quest’anno. Causa Covid, non ci si sposta, non si sale su nessun aereo, si evitano gruppi familiari allargati. Ecco allora la voglia di rallegrare la casa con un albero decorato e illuminato.
Alla ricerca di decorazioni vado verso il centro di Manhattan. A colpo sicuro mi avvio a piedi verso un negozio chiamato Christmas in New York di cui ricordo vagamente l’esistenza. Dove sia esattamente non ricordo, da qualche parte lungo Broadway intorno alla 53esima o 54esima Strada. Vado su un tratto di Broadway a sud di Columbus Circle che non percorrevo dalla primavera scorsa quando per la prima volta avevo visto con i miei occhi il centro direzionale di New York deserto, desolato e desolante. Ci torno sei mesi dopo e la sensazione è quasi peggiore. È trascorso mezzo anno e questa zona di New York continua ad essere abbandonata a sé stessa. Pochi i passanti, molti i negozi e i ristoranti chiusi, tanti i senzatetto che dormono per strada.

Non mi lascio scoraggiare e proseguo alla ricerca del negozio che vende ninnoli natalizi. Mi ricordo che è quasi d’angolo sul lato sinistro della strada. Appena prima di ogni incrocio allungo lo sguardo e vedo vetrine vuote, mi domando se erano quelle del negozio che cercavo. Sembrano tutte uguali — impolverate, buie e senza la rimanenza neanche di un’insegna che lasci sapere quale attività occupava quello spazio prima di venire sventrata.

Arrivo appena prima della 55esima Street e, con grande sorpresa, vedo vetrine addobbate con decorazioni natalizie. “Mi ricordavo bene”, dico tra me e me. “Ecco il negozio che cercavo e per fortuna esiste ancora”. Entro ma rimango stupefatto. Sono l’unico cliente. Due settimane prima di Natale non c’è anima viva in un negozio che, pur essendo aperto tutto l’anno, ha il suo momento di massima gloria a dicembre. Alcune decorazioni sono bellissime. Ci sono elaborate palle colorate in vetro soffiato, Ci sono perfette riproduzioni di renne che trascinano la slitta di Babbo Natale. Splendide creazioni che ricordano fiocchi di neve. E poi ci sono le decorazioni newyorkesi, preferite dai turisti. C’è una riproduzione del grattacielo della Freedom Tower in uno stupendo tono di grigio-azzurro. Palle di Natale che onorano la squadra di baseball o di football preferita. E perfino una divertente creazione in vetro di un passaporto Usa, come se sull’albero di volesse fare l’occhiolino al sogno americano.

Idee di come decorare l’albero non mancano, quello che mancano sono i milioni di turisti che solitamente in questa stagione affollano negozi come questo. Dietro al banco ci sono due commesse, così annoiate dalla mancanza di traffico che a mala pena alzano lo sguardo dai loro smart phone. Anziché riempirmi di gioia, il negozio mi fa venire la malinconia ed esco senza comprare niente.
Riprendo a camminare lungo Broadway con l’idea di arrivare al mercatino di Natale all’aperto, alle spalle della Public Library. Appena pochi isolati più in giù vedo un altro negozio specializzato in oggetti natalizi. Metto da parte la malinconia e entro. Anche qui sono l’unico cliente. C’è un solo commesso che mi saluta con un marcato accento ispanico. “Pochi clienti, vero?” gli dico. “No, i turisti sono molti”, mi risponde lasciandomi sorpreso. “Veramente? Molti turisti? E dove sono?” “No, non quest’anno. Solitamente abbiamo molti turisti. Quest’anno nessuno”.

Non credo che comprare un ciondolo natalizio sia sufficiente per sollevare le sorti di questa attività commerciale devastata dal Covid, ma faccio quello che posso. Trovo una decorazione che mi piace moltissimo. È un delicatissimo uccellino azzurro, turchese e blu. Costa 15 dollari, più di quanto intendevo spendere. Ma come posso entrare in un negozio deserto e uscire senza dare un minimo di contributo?
All’incrocio mi trovo accanto a una rara passante. Ci scambiamo un’occhiata mentre il resto del volto è coperto dalla maschera. “Incredibile, vero?” mi dice la sconosciuta leggendomi nel pensiero. “Chi avrebbe mai pensato di vedere New York così! Sono venuta in treno in giornata e non appena arrivata in stazione sono rimasta allibita. Quasi tutte le attività commerciali a Penn Station sono chiuse. Non si vede in giro un’anima viva, fatta eccezione per i barboni. L’aria è fetida, dappertutto c’è tanfo di urina o anche peggio”. La breve conversazione é sgradevole ma, purtroppo, è onesta.

Arrivo al mercatino dietro alla biblioteca pubblica. È l’ora di pranzo e in anni passati l’ho sempre visto pieno zeppo. Poche, pochissime le persone che si aggirano fra le bancarelle e ancora meno che occupano l’area centrale dove c’è la pista di pattinaggio. A svolazzare sul ghiaccio ci saranno sì e no dieci persone.
Quando arrivo a casa metto l’uccellino turchese sull’albero che avevo comprato il giorno prima. Quello che me lo aveva venduto mi aveva detto che era stato importato dal Canada. Scopro leggendo il New York Times che quest’anno in Canada c’é carenza di alberi per il mercato interno. Ne sono estati esportati così tanti che adesso i canadesi fanno fatica a trovarne per uso proprio. Fa tutto parte di un trend inaspettato messo in moto dal coronavirus. In Canada, come forse in tutto il mondo occidentale, c’è voglia di aria natalizia per compensare mesi e mesi di parziale isolamento. È sicuramente vero a New York dove si cerca di creare aria di festa fra le quattro mura di casa. Ma l’aria natalizia sta per arrivare anche per le strade, gratuita e prorompente.

Fra mercoledì e giovedì ci aspettiamo una nevicata colossale. Saranno sufficienti i trenta centimetri di neve previsti per nascondere gli aspetti più desolanti di questa città che soffre? Soffre cosí tanto che domenica sera al termine di un concerto natalizio nell’imponente cattedrale di Saint John the Divine un uomo si è messo a sparare seminando panico fra centinaia di persone. Perché? Forse non si saprá mai la ragione della sparatoria visto che é stato ucciso dalla polizia. Con New York avvolta nella neve potremo illuderci per un momento che l’incanto di New York non si sia improvvisamente interrotto in questo angoscioso 2020.