New York è una città davvero strana, colma di paradossi. Lo pensavo cinque anni fa, pochi giorni dopo il mio arrivo nella Grande Mela, e, seppur attraverso una maturità diversa, lo penso ancora adesso. Soprattutto adesso, aggiungerei. Chi vi scrive è un italiano che, residente da un lustro a Brooklyn, non può non affrontare il tema caldo del momento: un argomento da trattare con estrema delicatezza e serietà, qualcosa che sta cambiando e cambierà le nostre prospettive di vita. Gli americani usano un’espressione curiosa quando c’è qualcosa di molto importante da affrontare ma che nessuno ha il coraggio di uscire pubblicamente: “an elephant in the room”, ossia “un elefante in una stanza”, un problema, un qualcosa di straordinariamente grande, appunto, che chiunque potrebbe notare ma nessuno vuole affrontare. E questo COVID-19 per gli abitanti di New York è come se davvero fosse un elefante fra i maestosi, ma ormai fragili, grattacieli della loro città: basterebbe un solo passo, decisivo, dell’essere in questione per mandare in frantumi le certezze di una megalopoli fin troppo sicura di se stessa.
I newyorkesi, ma anche tutti gli statunitensi in generale, stanno iniziando a capire che quella in questione non può essere considerata solo un nuovo tipo di influenza: lo hanno annunciato e ripetuto fino all’estremo migliaia di medici, infermieri, virologi e scienziati. Allo stesso tempo, però, molte, troppe persone, soprattutto qui a Brooklyn, mostrano ancora un’innaturale incoscienza quando scherzano riguardo qualcosa che sta mettendo in ginocchio le economie di tante nazioni, compresa la nostra amata Italia. Inutile ricordare, poi, come questa emergenza stia portando al collasso molti ospedali nel nostro Paese, specie al Nord, dove medici e infermieri stanno lavorando come dannati, 24 ore su 24, 7 giorni su 7:a loro, nostri autentici eroi, va la nostra eterna gratitudine.
Ritornando a New York, la situazione è caratterizzata da una finta quiete prima dell’arrivo di un’enorme tempesta: in giro si avverte una certa preoccupazione, si iniziano ad intravedere centinaia di persone con le mascherine e, soprattutto nell’ultima settimana, molti locali, mostre, musei, scuole private e università hanno saggiamente chiuso.
Però… c’è un colossale però: le scuole pubbliche newyorkesi rimangono ancora incredibilmente aperte. Nonostante i casi accertati positivi al coronavirus in città siano 269 ( e continuano ad aumenare vertiginosamente ) e sebbene 37 fra i più importanti scienziati di infettivologia di New York abbiano ufficialmente consigliato la chiusura immediata di tutte le scuole, il sindaco Bill De Blasio è stato e continua ad essere sicuro della sua scelta: le scuole pubbliche devono rimanere aperte a tutti i costi.
Una scelta insensata, incomprensibile, ricordando inoltre che sia il presidente Donald Trump, sia lo Stato di New York hanno dichiarato già da tempo lo stato di emergenza. E, da venerdí, anche il sindacato dei maestri e professori di New York City ha chiesto a gran voce la chiusura di tutti gli istituti scolastici.
Il sindaco Bill De Blasio, dal canto suo, rimane impassibile. Le sue motivazioni? Una grottesca arrampicata sugli specchi, ecco le sue dichiarazioni ufficiali, seguite una dopo l’altra nel giro di una manciata di giorni:
“Non possiamo chiudere le scuole perchè queste garantiscono a moltissimi studenti un pasto e servizi di lavanderia”, “ Chiudere le scuole? Assolutamente no, sono gli unici posti sicuri per centinaia di migliaia di ragazzi!”, “ La chiusura delle scuole è fuori discussione, lasceremmo incustoditi centinaia di migliaia di studenti che potrebbero andare liberamente in giro per la città. I genitori, poi, dovrebbero non presentarsi al lavoro per controllarli.”.
Giustificazioni che rasentano il ridicolo: anche ammettendo la loro veridicità, esse metterebbero in evidenza il diffuso stato di vergognosa povertà nel quale vivono milioni di persone a New York e verso il quale De Blasio, in ben SETTE anni, ha ammesso (implicitamente ) di non aver fatto nulla. No comment.
Il sindaco di New York dimentica, però, che tutti questi studenti durante le vacanze di Natale ( 10 giorni), metà febbraio ( una settimana), metà aprile ( 10 giorni), non frequentano la scuola… quindi in quei periodi non sono al sicuro? Non si nutrono? Non sono sorvegliati? Non prendo in considerazione l’estate, durante la quale le scuole sono senza studenti per ben 2 mesi e mezzo. Ma, senza dubbio, la cosa più importante di tutte è una e molto semplice: continuando a tenere le scuole aperte e frequentate da milioni fra studenti, professori, presidi, bidelli, segretari ecc… che giornalmente viaggiano con bus o in metro per tutta la città, il signor De Blasio come crede di arginare l’avanzata di questo maledetto virus? In italia, in Cina, in molte paesi europei e perfino a Los Angeles, Philadelphia, Chicago e decine di altre metropoli statunitensi, le scuole pubbliche sono rimaste o rimarranno chiuse.
A New York no, o meglio: le scuole private sì, saranno chiuse, a differenza di quelle pubbliche che rimarranno stoicamente aperte. Esatto, avete capito bene. Quindi, mi sorge un dubbio: ci sono, per caso, distinzioni di studenti e cittadini di Serie A e Serie B?! La salute e l’incolumità di chi frequenta le scuole private valgono di più rispetto a chi frequenta la scuola pubblica?!
Il New York Times sabato ha lanciato un allarme: il sistema sanitario newyorkese rischia il collasso se, come successo praticamente ovunque, molte persone dovranno esser trasportate in terapia intensiva. Il signor Bill De Blasio è a conoscenza di tutto ciò?! Infine, per capire come la situazione stia diventando sempre più grave, fra giovedì e sabato diversi studenti di scuole pubbliche nel Bronx e Staten Island sono risultati positivi al coronavirus.
La soluzione di De Blasio? Semplice: “ Se in una scuola venisse trovata una persona positiva al coronavirus, quella scuola verrà chiusa, ripulita e potrà riaprire dopo almeno 24 ore.”. Quarantena per le persone a contatto con lo studente malato? Concetto sconosciuto per De Blasio: per il primo cittadino della Big Apple, 24 ore sono sufficienti per ripulire la scuola e far ritornare gli studenti serenamente a studiare, allegramente ammassati non a distanza di sicurezza l’uno dall’altro, in un periodo di pandemia globale.
Chi vi scrive è un italiano che vive a New York e lavora in una scuola pubblica. E che, dopo le affermazioni deliranti di un sindaco totalmente incosciente, è molto preoccupato. Sindaco De Blasio, glielo dico da residente nella nostra New York e da essere umano: prenda adesso decisioni importanti per il benessere di tutta la nostra comunità prima che sia troppo tardi.