Dai, New York, ammettilo: tu sì che sai come far stare scomodi i nuovi arrivati, nessuno ti batte in questo.
Sei un materasso estraneo che non ha la forma del tuo corpo, un cuscino scomodo per la tua testa, un letto che non è il tuo, un sassolino nella scarpa, il tacco che si rompe mentre cammini in ritardo a un appuntamento, la televisione che smette di funzionare sull’ultima scena del tuo film preferito, un ciglio nell’occhio, le buste rotte della spesa tornando a casa a piedi con la pioggia e senza ombrello, ammettilo.

Lo so, ora starete ridendo al pensiero che questa rubrica si chiami “Beauty and the city” ma ora ci arrivo…
New York ha questa cosa, di farti un regalo quando meno te lo aspetti.
Avete presente quando stai pensando di lasciare un ragazzo e proprio allora, quasi come se lo sapesse, si presenta con un bel mazzo di fiori e una scatola di cioccolatini? Ecco, New York è così.
Sei lì che cammini tra la folla, nervosa per qualcosa, maledicendo il giorno in cui hai deciso di trasferirti qui pensando: ”Ma chi me l’ha fatto fare?!”
Ed è lì che succede qualcosa di inaspettato, come se la città ti stesse ascoltando, come se la città ti stesse parlando.
El Centro è stato questo per me, un bel regalo di quelli che ogni tanto New York decide di farti, quella risposta che decide di dare alle tue milioni di domande, quella spinta quasi a volerti indicare la strada.
Quando si impara una nuova lingua si è come un bambino spaventato che muove i suoi primi passi: insicuro, incerto.
Non poter parlare ti rende impacciato impedendoti di esprimere la tua reale personalità. Il tuo umorismo, il tuo sapere, la tua intelligenza, la tua spigliatezza si trasformano in timidezza e imbarazzo.
Sembrava un giorno qualunque di circa 3 anni fa, quando mi ritrovai davanti all’antico edificio di “Hartley House” al 413 della 46esima street a Manhattan, sede della scuola di inglese “Centro NYC” per 40 anni.

Aperta dal 1897 Hartley House aveva lo scopo di fungere da luogo per la riforma sociale attraverso l’educazione, il volontariato e la beneficenza, non col solo obiettivo di aiutare, ma di insegnare.

Venni accolta subito da un sorprendente calore familiare che raramente si trova nella Grande Mela.
Arrivando in classe il giorno della mia prima lezione, salendo su per quelle meravigliose, antiche scale, vidi visi sconosciuti che col tempo sarebbero diventati cari amici.
Susan è stata la mia prima insegnante ad El Centro, ma non l’unica.
La cosa che amo di lei è il suo modo di adattarsi ai bisogni e alla personalità di ogni suo allievo, l’originalità del suo metodo d’insegnamento, la ricerca costante, la dedizione, il sorriso rassicurante.
I ragazzi venivano da tutto il mondo: Brasile, Russia, Colombia, Ucraina, Cina, Spagna, Chile.
Chi aveva seguito il proprio marito, chi aveva lasciato i figli nel paese natìo per venire a New York a lavorare, chi come me si era trasferito da solo, chi di passaggio alla ricerca di nuove avventure, chi per inseguire il suo sogno.

Eravamo tutti diversi ma uguali, perche’ stavamo vivendo gli stessi stati d’animo, la stessa storia.
Ebbi la sensazione che New York non ci avesse fatti incontrare, ma riunire.
Uscii dalla lezione col sorriso in volto, dimenticando tutte le ansie lavorative e i problemi di adattamento.
Divenne il posto per me, per noi, per rilassarsi e imparare con serenità, come se lì il tempo rallentasse, si fermasse.
Tutta la settimana ognuno di noi correva all’impazzata nelle giornate newyorkesi caratterizzate dall’assurdità e difficoltà che la vita qui ti porta ad affrontare, rassicurati dal fatto che per quelle 3 ore, due volte a settimana, si potesse tirare il freno a mano, fermandosi per un momento.
Un posto dove ritrovare se stessi, perchè non è solo una nuova lingua che devi imparare, ma anche una nuova cultura, che non ti somiglia e istintivamente non vuoi sentire tua.
Hai la sensazione che la città ti stia chiedendo di cambiare, di essere una persona diversa.
La veritá è che New York non è altro che uno specchio riflettente la tua immagine, ed è come se qui tutte le tue paure e debolezze si amplificassero, tutto ciò che hai sempre rimandato, che non hai mai voluto affrontare, tutti i tuoi limiti sono lì davanti ai tuoi occhi, inevitabilmente visibili, crudi, quasi come se la città ti stesse dicendo: “ Ora tocca a te, non puoi più rimandare a domani”.
Così alzi gli occhi e guardandoti riflessa in quello specchio, non ti riconosci, per un attimo ti confondi e non sai più chi sei.
El Centro mi ha insegnato e dato gli strumenti per trovare la versione di me stessa in questa cittá e mi ha mostrato un intero, nuovo mondo di New York City.

La dedizione e l’impegno dei volontari di El Centro è qualcosa che raramente mi è capitato di vedere.
Una comunità accogliente, aperta interamente da volontari impegnati a sviluppare le competenze, la fiducia, l’indipendenza e comprensione interculturale tra newyorkesi e immigrati, divenendo in piccolo il ponte che li fa incontrare.
Da quarant’anni Centro de Educación de Trabajadores è un’organizzazione che fornisce assistenza agli immigrati offrendo corsi serali di inglese a basso costo (ESOL), preparazione all’esame di cittadinanza, servizi legali gratuiti, corsi di spagnolo e lezioni di interscambio gratuita, promuovendo la comprensione e il sostegno interculturali come diritto di tutti.
Questa scuola si distingue tra le organizzazioni non-profit di New York come un gruppo eterogeneo che condivide la passione per lo scambio culturale e la costruzione di comunità insegnando, entusiasmando e rafforzando quella che considerano la loro comunità.
Guardandomi indietro ripenso a El Centro come un posto dovo sono entrata italiana e sono uscita cittadina del mondo, il primo posto dove mi sono sentita a casa pur non essendo a casa, il posto di cui sono contenta di aver fatto parte.

Insegnanti e studenti si sentono felici e si divertono a comunicare tra loro; l’atmosfera che si crea rende speciale e indimenticabile El Centro.
Un’anno fa la scuola si spostò di sede; ora la potete trovare al Lincoln Square Neighborhood Center, al 250 West della 65th Street.
In quell’occasione si tenne una festa per salutare Hartley House che li aveva ospitati per 40 anni e rischiava di chiudere, con conseguente demolizione di uno dei piú antichi edifici di Hell’s Kitchen aperto 121 anni fa.
Fortunatamente il 22 Settembre di quest’anno la demolizione fu annullata.
Ricordo allegria, risate, musica, balli, giochi, buon cibo e tanti libri a disposizione di chiunque li volesse prendere.
Quella sera trovai non sò come un bellissimo, spesso, polveroso dizionario di lingua inglese datato 1961.
Una volta arrivata a casa, scrissi sulla prima pagina:
El Centro:
A place to call home.
Tuesday, December 12, 2017
New York
Hartley House 413
between 46st and 9th Ave.
Thank you El Centro.
Sara,
an immigrant.

El Centro:
Un posto da chiamare casa
Martedì, 12 dicembre 2017
New York
Hartley House 413
tra la 46esima e la 9a Ave.
Grazie El Centro.
Sara,
un’immigrata.