La bellezza fascinosa del canyon di Cavagrande, una meraviglia della Sicilia che stupisce il mondo, uno charme tutto natura selvaggia e incontaminata. L’arte naturale ha creato, in fondo alla collana fluviale, angoli di paradiso impreziositi da tanti smeraldini d’acqua cristallina. Sono i mitici laghetti di Cavagrande che appaiono all’improvviso nella fitta vegetazione, fra un’ansa e l’altra del fiume Cassibile. La sostanziosa purezza di Cavagrande è accompagnata da una sua particolare bellezza, mostrata e sostenuta dall’esasperata morfologia fluviale che ti fa spalancare gli occhi e riempire i sensi di meraviglia. I commenti dei visitatori sono di unanime stupore “che meraviglia, un paradiso, bellissima”. Questi gioielli d’acqua pura sono cesellati fra cascate, gradoni, scalinate, e realizzati senza nessun appalto pubblico torbido (il mondo infido, buio, triste d’Italia e Sicilia), dall’estrosa originale architettura della natura geologica (tutto un altro mondo, sincero, leale, cristallino, felice).
Ma vediamola bene questa progettazione d’arte naturale raffinata, libera, trasparente, mirata a ciò che serve per la preservazione migliore dei beni naturali vitali (terra, acqua, aria), che va oltre la bellezza dei laghetti. La progettazione della natura è priva di sotterfugi ingannevoli e infiltrazioni corruttive, spaziando, così, su un campo di libertà illimitato. Il progetto sembra redatto da un vero stilista del buon gusto, una sorta di “architetto” d’ingegneria strutturale-geologico-paesaggistica, sui generis, tutto natura, che avendo libertà espressiva si è sbizzarrito a disegnare, sul sub strato roccioso dell’alternanza di calcari duri e marne argillose più tenere, delle “piscine” naturali movimentate da un su e giù di tagli tettonici, in svariate forme, morbide, armoniose. Niente acqua riciclata, sempre rinnovata, cristallina, niente cloro, nessun bruciore agli occhi, nessuna forma regolare di rettangoli, quadrati, semicerchi o strane fantasie dell’uomo a forma di cuore. Il cuore naturale di Cavagrande batte a spingere le acque incontaminate delle falde profonde a sgorgare, in piccole sorgenti, dagli anfratti rocciosi rotti dalle faglie e a raccogliersi nel piccolo fiume della grande cava.

Ma prima, a monte di tutto, nella gerarchia delle priorità ambientali, la natura ha fatto una cosa insolita nella nostra casa comune del pianeta terra. Ha preventivamente protetto questo strettissimo e allungato eden naturale, incapsulandolo nel profondo vaso del canyon, ma avendo cura di distribuirne lo sviluppo proprio lungo le creste più alte della dorsale fra la Montagna D’Avola, Monzello di Pietre, Carrubella, Serra Porcari, contrada Stallaini e Canseria. Risultato: la totale auto-protezione morfologica naturale. È questo il pezzo forte prioritario dell’esclusività naturale di Cava Grande. Per la verità questa singolare specificità non è quella che stupisce il mondo, per nulla. E del resto il visitatore che arriva da lontano per una scarpinata lampo non può avere la visione approfondita di tutto il corpo circostante il Canyon di Cava Grande, non può sapere il perché della purezza delle acque ed il perché dell’aria pulita di Cava Grande e non può focalizzare la Sicilia del sud estremo, “l’isola nell’isola”, delimitata proprio dalla dorsale di Cavagrande, ben visibile da altri gioielli del sud est, isola di Ortigia a Siracusa, Avola, Noto, Vendicari, Marzamemi, Capo Passero, Pachino. Sono i laghetti lo stupore immediato e comprensibile dei visitatori del mondo. Ho sempre puntato molto sull’insolita morfologia autoprotettiva del canyon e non vi sto a dire quanto sarebbe

importante, proprio per lo sviluppo economico, la chiave d’utilizzo risolutiva delle migliori vocazioni d’uso di territorio e ambiente (queste, si, davvero sostenibili). Bisogna unire, in una sorta di filo conduttore, le “cime” delle eccellenze dell’Italia mediterranea.
Per la manodopera super-specializzata di scavi e trasporto detriti del canyon, la natura ha utilizzato l’acqua di ruscellamento del fiume Cassibile (è il nome dall’omonima cittadina, frazione di Siracusa, dove fu firmato l’armistizio fra l’Italia e gli alleati il 3 settembre 1943). E così per il grande movimento terra nessun appalto e sub appalto a ditte di amici degli amici. Per progettazioni ambientali nessun rapporto con burocrati pingui, maneggioni, specializzati in trucchetti; nessuna bidonata, nessuna turbativa di bandi per capovolgimento titoli di merito; nessun rapporto con ipocriti politici sempre candidati per il “territorio”, si scorrazza da un estremo all’altro del ventaglio politico; titoli di merito preferenziali sono quelli riconducibili ad un pedigree diretto o indiretto ai nemici di Cavagrande, molto amici della più volte tentata discarica di contrada Stallaini. I nemici di Cavagrande sono come fantasmi sempre sconosciuti da giornali e tv per la discarica, sempre riconosciuti dai giornali con onnipresenti comunicati stampa per farli apparire paladini dell’ambiente. Ma perché questi salti alternati sul bello e brutto? Per rimarcare a specchio che tutto ciò che riguarda la natura di Cavagrande è pulito ed ispira splendore, e tutto ciò che riguarda le vicende politico burocratiche del territorio di Cavagrande è sporco, torbido, ingannevole. Ho piacere di infondere stupore per la natura di Cavagrande, non ho piacere (proprio nessuno) di infondere stupore sbigottito per le misere vicende della natura umana che attanaglia Cavagrande. Ma ormai difronte all’alluvione comunicati stampa e incauta propaganda ingannevole su “territorio, territorio..” proprio dei nemici del territorio “non so cosa ho sentito dentro”, sta divenendo un vero dovere civile fornire informative, almeno su alcuni dati di fatto. In estrema sintesi il punto della situazione e le stranezze dell’ultimo ciclo. Prima l’ennesimo tentativo discarica Stallaini al fianco sinistro di Cavagrande (in silenzio, senza comunicati stampa per il “territorio”, al cupo di stanze comunali e regionali nel 2011, 2012, inizio 2013).

Scampato quest’ultimo pericolo (2014), subito a seguire strani incendi proprio nel sentiero principale di Cavagrande e dopo.. (come faccio a dirvelo, stenterete a crederci) la chiusura formale della Riserva Naturale fino ad oggi. Proprio così, questa è la realtà. Mi fermo qua. Vorrei volare lontano dalle ultime righe, saltarle.
Pertanto aggrappiamoci allo splendore di Cavagrande, un respiro profondo d’aria pura in chiare e fresche acque e ritorniamo alla natura. Lo stilista naturale di gran classe di Cavagrande, che non conosce questo infido mondo innaturale di appalti, rifiuti, intrighi, per i tagli profondi nell’ammasso roccioso di cascate e laghetti ha utilizzato faglie e fratture naturali azionate dalle dinamiche geologiche. Per ricavare nicchie sulle pareti si è servito della stessa erosione naturale fisico chimica (carsica) della imponente pila di rocce calcaree. E così questo raro originale stilista del made in Italy naturale è riuscito a ricavare su rocce di una decina di milioni di anni, i vari ambienti, angoli, anfratti, scorci paesaggistici, ora lisci e candidi, ora verdi di lussureggiante vegetazione impenetrabile, divisi in segmenti a moduli più omogenei, fra un meandro e l’altro del fiume. Ogni modulo ha una sua continuità, è costituito da uno o più laghetti, adiacenti, in fila, di sbieco, di traverso, progettati per la quiete raffinata di Cavagrande.

Il modulo principale, il cuore di Cavagrande, comprende più laghetti e dall’alto la vista dal sentiero Scala Cruci a partire dal Belvedere, a quota 507 m, ne abbraccia tutta la continuità. E’ la vista più cliccata dalle macchine fotografiche. È il sentiero più battuto dai visitatori di un solo giorno e della prima volta, anche perché è il più diretto, “comodo”, “facile” (nel senso di difficile perdersi) nell’escursione ai laghetti, ma duro. A scendere tutti i santi aiutano, a salire i santi si girano dall’altro lato. Ancora riecheggiano le imprecazioni di persone non abituate a queste fatiche naturali ripaganti. Per alcuni versi la fatica per l’escursione seleziona la volontà di vedere i laghetti di Cavagrande. Ma precisiamo a seconda di gusti e capacità. Per escursionisti abituati a duri sentieri di montagna, tutto sommato è ben poca fatica.
È comunque giusto mostrare il tratto dei laghetti principali più vistosi e rappresentativi. Ma Cavagrande non è tutta lì, perché a monte e a valle di questo cuore centrale, si aprono tanti altri laghetti e scorci paesaggistici. Su Cavagrande c’è tanto da sapere sulle vicende del brutto indicibile umano che l’avvinghia da tempo, così tanto in contrasto col suo bello naturale. E Cava Grande, come metafora d’Italia, ha davvero un gran bisogno di verità, tanto negata, censurata, forviata. Serve un’azione informativa pubblica su “tutta la verità per Cavagrande”. Intanto è utile continuare a far conoscere Cavagrande sempre più in profondità per poter essere meglio difesa, dagli striscianti attacchi dei suoi nemici, con gentili schiaffetti di bellezza, eleganza, libertà, indipendenza. Questo umile articolo conoscitivo “assieme”, “per” “con” La Voce di New York per tenere un’altra lampadina accesa sul canyon di Cava grande, facciamo che libertà e bellezza siano davvero utili alla società.