L’America è stata la sua fortuna. Grazie, infatti, ad un libro a fumetti che illustra i pensieri dei cani, pubblicato nel 1964 vendette oltre un milione di copie. L’artista in questione è Vincenzo Maria Zito, palermitano classe 1900. Caricaturista, vignettista, disegnatore di manifesti pubblicitari, oggi ricercati oggetti da collezione e ricercati da tanti appassionati sparsi per il mondo. Racconta il suo amico “Nicky” Quattrociocchi che, Vincenzo Maria Zito aveva in mente di raccogliere tutti i “banner” delle corse d’auto – ne aveva collezionati oltre cento – per farne un giorno un libro. Così come voleva realizzare un’altra opera sui notabili di Palm Beach. Non ci riuscì. Chi l’avrebbe mai immaginato che a firmare, fino alla metà degli anni Sessanta, i manifesti pubblicitari della “12 Ore di Sebring” – nota corsa automobilistica nata in Florida nel 1950 e che si correva lungo la pista di un aeroporto – fosse stato proprio l’artista di Palermo, Vincenzo Maria Zito?
Per tutta la sua esistenza è stato un “giramondo” che ha lasciato ampie tracce della sua produttività e popolarità esclusivamente negli Stati Uniti e pressoché sconosciuto nella sua terra natale. Quando si dice “nemo propheta in patria”… Il 12 gennaio 1967 sulle pagine del quotidiano “Giornale di Sicilia” apparve un articolo-appello dal titolo: «Si cercano eredi (se ci sono) di un caricaturista giramondo». Quell’artista, era appunto il palermitano Vincenzo Maria Zito, nato nel 1900 nei pressi di corso Pisani, a pochi passi da Palazzo d’Orleans, sede della Presidenza della Regione, e partito alla fine degli anni Venti del Novecento dal capoluogo dell’Isola per raggiungere anni dopo l’America “ruggente” dell’epoca, dopo avere condotto una vita favolosa che lo condusse prima a Roma, e poi Parigi, New York, Cuba e la Florida.
Il 24 dicembre, vigilia del Natale 1966 fu rinvenuto cadavere, dimenticato da tutti, nella sua casa-studio al 333 di Coconaut Row a Palm Beach. Dopo i primi rilievi della polizia e quelli compiuti dal medico legale, emerse che il decesso era avvenuto almeno due giorni prima, senza che nessuno ne fosse venuto a conoscenza. Quando il giorno di Natale nella prima pagina del “Palm Beach Daily News”, uscì la notizia della sua morte, a centro della pagina, quasi beffardamente, venne pubblicata una sua caricatura consegnata alla redazione qualche giorno prima e che ritraeva Babbo Natale con un grande sacco di doni davanti l’uscio di una casa.
Una vita favolosa e spericolata quella che condusse Vincenzo Maria Zito che, appena ventenne, dopo avere frequentato l’Accademia delle Belle Arti di Palermo fece il suo ingresso tra i saloni del Grand Hotel Villa Igea. Frequentò la potente famiglia di imprenditori Florio e per guadagnare i primi soldi, ritrae sui grandi blocchi di carta aristocratici, artisti, scrittori, imprenditori, che al tempo frequentavano il Grand Hotel a cinque stelle che si che si affaccia sul mare dell’Arenella. Per il cavaliere Vincenzo Florio realizzerà anche i primi manifesti pubblicitari della mitica corsa automobilistica siciliana “Targa Florio” che si snodava nel piccolo e nel grande circuito delle Madonie.
Nel 1927, però, la città gli stava ormai stretta e aveva deciso di “emigrare”. Andare fuori, per far conoscere la sua arte oltre lo Stretto. Lo troviamo, quindi, prima a Roma, dove frequenta tra l’altro l’Accademia di Belle Arti, ma anche nella Capitale non trova i suoi “spazi” e decide ancora una volta da artista errante di “emigrare”, con la solita valigia di cartone pressato, con dentro poco abbigliamento, ma tanti blocchi bianchi da disegno, matite e colori. Si reca stavolta a Parigi dove si fermerà alcuni anni e dove tra l’altro frequenterà tutti i locali alla moda conoscendo attori, artisti, poeti, nobili, imprenditori e anche dei “morti di fame”. Ottiene un buon contratto di lavoro realizzando caricature al “Joe Zelli”, un noto club della capitale francese e in quella occasione conosce anche un altro palermitano, Giuseppe Abatino, detto Pepito scopritore della soubrette afro-americana Josephine Baker che lo volle poi nel suo cabaret. Lavorerà appena due anni con la coppia Abatino-Baker per poi abbandonare pure Parigi e dopo essersi imbarcato su un transatlantico, in compagnia dei suoi blocchi da disegno, arriva sulle sponde americane, a New York. Aveva l’anima di un gitano, ma stavolta le valigie di cartone pressato erano aumentate. Negli States conobbe un altro palermitano, Nicola “Nicky” Quattrociocchi, ex proprietario del noto club “El Borracho” e in quel locale si fece apprezzare anche dagli americani per le sue originali caricature.
Si sposò, ma non ebbe figli, con una creola di Santo Domingo, lontana parente di Rafael Leonidas Trujillo Molina, il dittatore della Repubblica Dominicana. Sembra che si amarono per qualche tempo follemente poi, però, decisero di divorziare e lo fecero a Città del Messico. Mentre “Nicky” Quattrociocchi tornerà a Palermo, Vincenzo Maria Zito, lascia, non smentendo la sua vita da “giramondo” New York, dopo avere tra l’altro dipinto un gigantesco murales per il leggendario night club “El Marocco” – una trentina di caricature da lui realizzate vennero messe poi all’asta per un prezzo tra i 1000-2000 dollari cadauna – per trasferirsi alcuni anni, siamo alla fine degli anni Quaranta, a Cuba.

Sembra che le cose non gli andarono bene. Ebbe a dire, così come abbiamo scoperto leggendo alcune pagine del “Palm Beach Daily News” «qui è un paese dove tutti hanno le barbe, è monotono fare caricature». Non sarebbe stato facile realizzare le caricature di Che Guevara o di Fidel Castro. Dopo qualche mese, rifece le valigie e tornò quindi negli Stati Uniti e stavolta decise di risiedere dove c’era il sole, in Florida, a Palm Beach, era il 1953.
Sembra che non amasse particolarmente i luoghi con le temperature rigide. Vincenzo Maria Zito, semplicemente “Zito”, frequentava gli ambienti culturali e alla moda della città e spesso lo si vedeva in un angolo di club, locali alla moda, hotel, immerso tra i suoi album da disegno e cavalletto catturare questo o quell’altro aspetto più o meno curioso. Divenne noto negli Stati Uniti, ma sconosciuto in Italia e, soprattutto nella sua Palermo che gli diede i natali e che ben presto lo abbandonò e lo dimenticò per sempre, come se non gli avesse mai dato i natali. La vigilia di Natale del 1966 un amico andò a trovarlo nella sua casa-studio a Cocoanut Row, ma scoprì il suo cadavere. Era morto alcuni giorni prima, per cause naturali. A Palermo la notizia della sua fine arrivò nel 1967, un anno dopo, quando un giornalista del “World Journal Tribune” di New York, Frank Farrell, inviò a Palermo, dove ormai risiedeva da tempo “Nichy” Quattrociocchi, il ritaglio del suo articolo che parlava tra l’altro della morte di Vincenzo Maria Zito. Oggi di lui rimangono ancora diversi disegni e caricature che si possono ammirare su internet e molti dei quali sono periodicamente messi all’asta presso Case americane.