Con l’approvazione del decreto legge n.13, del 12 settembre 2014, detto anche Sblocca-Italia, il governo italiano, tra tante proposte, apre alle trivellazioni in mare ed in particolare in Adriatico, Ionio e Canale di Sicilia. Oltre a varie trivellazioni terrestri sparsi lungo tutto lo stivale.
Con questo decreto il governo chiude alle energie alternative e rinnovabili, verso cui tanti stati del nord Europa stanno puntando, per favorire le attività estrattive di idrocarburi su tutto il territorio nazionale. Tutto questo a discapito dell’ambiente, della salute, delle economie locali votate al turismo ed agricoltura di qualità che mal si conciliano con l'estrazione petrolifera e idrocarburi.
Oltre 12mila chilometri quadrati di mare nel Canale di Sicilia sono il campo di lavoro di compagnie petrolifere. In Italia, a fronte di quantitativi irrisori di greggio, si stanno ipotecando circa 130mila kmq di aree marine. Nel basso e medio Adriatico, nel mar Ionio e nel Canale di Sicilia, le aree di maggiore interesse, sono attivi 15 permessi di ricerca rilasciati, 44 richieste avanzate dalle compagnie per la ricerca e 8 per la prospezione, oltre 5 richieste di concessione per l’estrazione di petrolio.
A preoccupare sono anche certe normative introdotte dal governo per facilitare le autorizzazioni estrattive, con le disposizioni che riguardano il rilascio di un “titolo concessorio unico”, cioè un solo permesso per esplorare ed estrarre. Secondo tale procedura saranno concessi, in conferenza di servizi. entro il termine perentorio di 180 giorni, ampi specchi d’acqua per un periodo complessivo – tra le fasi di ricerca e coltivazione – che può facilmente superare 50 anni; inoltre non viene individuato alcun limite al numero di proroghe concedibili nella fase di coltivazione. Il titolo concessorio unico viene rilasciato ai soggetti che “dispongono di capacità tecnica, economica ed organizzativa ed offrono garanzie adeguate alla esecuzione e realizzazione dei programmi presentati”, senza alcuna menzione ai titoli di garanzia per potenziali danni all'ambiente causati da incidente rilevante. Queste indicazioni del governo sono tuttora nodo di scontro con le direttive europee in tema di ambiente. Appunti che si possono trovare nella relazione di Giampiero Trizzino, presidente della Commissione Ambiente dell' Assemblea Regionale Siciliana.
Detto questo, basta guardare una cartina del Mediterraneo e vedere dove si trova Pantelleria: nel mezzo. Questo spiega per l’ondata di preoccupazione e indignazione che ha suscitato negli abitanti la notizia dell’approvazione del decreto. Le preoccupazioni di un qualsiasi danno ambientale, sono sempre state l’incubo degli isolani, anche perché, la nuova legge, va ad aggiungersi ai timori che arrivano dal bacino Mediterraneo meridionale e dai paesi del nord d’Africa che vi si affacciano, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, ognuno con propria attività estrattiva o esplorativa.
Insomma Pantelleria, tutto il suo mare intorno, è nel mezzo di tanti interessi petroliferi ed estrattivi, il suo ambiente unico, il delicato ecosistema marino legato alle correnti ed alla qualità delle sue acque cristalline, dove fauna e flora di particolare interesse naturalistico, rischiano di essere stravolte. Stravolta, potrebbe essere, anche la sua economia legata strettamente al suo ambiente naturale, alla protezione della biodiversità di alcuni ambienti, agli anfratti delle scogliere, orizzonti senza fine, la propria identità contadina.
Per discutere di trivellazioni, qui sull’isola, non si può non confrontarsi con Guido Picchetti. Chi è Guido non è facile da svelare. Si, svelare. Perché Guido è un uomo che ha vissuto e fatto tante belle cose: esperto di biologia marina, istruttore subacqueo, fotografo, disegnatore di navi, documentarista, giornalista, naturalista e tanto altro ancora. Lavora con passione, nella suo studio, che divide con la moglie, prestando la sua cultura, esperienza ed informazione a chiunque abbia interesse, ai suoi vecchi e nuovi amici. I nuovi amici sono i panteschi, perché Guido da quindici anni ha deciso di vivere a Pantelleria. Si è impegnato in prima persona, ad organizzare incontri e dibattiti sul tema trivellazioni, coinvolgendo politici, associazioni e personaggi pubblici per discutere, ma soprattutto per divulgare i tanti aspetti normativi che il tema nasconde. Anni di lavoro, per Pantelleria in particolare, che a volte lasciano un po’ di amaro in bocca date le tante difficoltà di potere incidere positivamente sulle decisioni politiche in merito, e la lotta impari contro i colossi del petrolio. Bella una sua pubblicazione: Contro la Disinformazione, di cui parla anche nel suo sito guidopicchetti.it
Allora Guido. a distanza di tempo, i timori per danni ambientali causati da eventuali incidenti nelle fasi di trivellazioni restano tutti?
Non riesco a capire del perché ci si ostini a scegliere questa via dello sfruttamento petrolifero, quando si prevede che, da qui a venti anni, ci sarà uno sviluppo enorme delle energie rinnovabili da sostituire nel tempo l’energia fossile. Stiamo perdendo tempo ed aumentando i rischi, basti pensare all’aumento del traffico delle petroliere nel canale di Sicilia dovuto al raddoppio del canale di Suez.
Non c’è nulla che riesce a rallentare questa nuova corsa al petrolio?
Ci sono forti interessi economici, giochi di potere ed economici. L’unica regione che si sta opponendo fortemente è l’Abbruzzo. Se l’Abruzzo non riesce a fermare il Progetto di coltivazione del giacimento Ombrina Mare, che ha ottenuto la concessione a tre chilometri da riva, proprio davanti Ortona a mare, sarà dato ufficialmente il via alle trivellazione. La concessione prevede la perforazione di 4-6 pozzi, la realizzazione di un serbatoio galleggiante per il trattamento e lo stoccaggio della produzione di olio, di una piattaforma di produzione di gas ed olio, di una sealine per i trasferimenti tra la piattaforma ed il serbatoio, di una sealine per il trasferimento del gas dalla piattaforma alla piattaforma esistente Santo Stefano Mare 9. La forte opposizione della regione e di tutte le associazioni dei comuni coinvolti, con ricorsi a TAR ed altre iniziative sono state rese vane dai ritardi, voluti, del Ministero per l’Ambiente, che ha fatto sì che il programma Ombrina Mare vada avanti.
Tornando a Pantelleria abbiamo più volte visto piattaforme fermarsi, ma di concreto in questo momento non c’è nulla riguardo eventuali perforazioni?
Solo perché all’Eni non conviene continuare ad usare il pozzo che per tanti anni ha utilizzato a poche miglia dalla costa. Tutti hanno memoria della piattaforma, che spesso veniva utilizzata dai migranti, come punto di riferimento per arrivare a Pantelleria. I lavori furono interrotti, non per un divieto, ma perché non era più produttivo, ma l’autorizzazione a trivellare l’Eni ce l’ha ancora. Poi ci sono i progetti tunisini che potrebbero sfruttare le risorse che sono anche sul fondale italiano. Tieni presente che nel Mediterraneo non ci sono acque internazionali, ma solo acque territoriali. Tutto quello che sta oltre o tra gli stati del Mediterraneo si chiama mare aperto, cioè mare a disposizione di tutti. Questo fa sì che in queste acque accade di tutto, qualsiasi porcheria a danno dell’intero Mediterraneo, cosa che in altri posti non accade.
Quindi siamo totalmente disarmarti alla mercé delle multinazionali del petrolio?
Vedi la battaglia va fatta con quello che noi già abbiamo. Dal 1991, sono passati venticinque anni, c’è una legge che dice che il mare di Pantelleria deve essere “area di riperimento” per un’area marina protetta. Cosa che avrebbe salvaguardato le coste dell’isola da programmi estrattivi. Dopo tanti anni ancora nulla, e questo è inconcepibile. Nel 2007 è stato fatto il Parco Nazionale di Pantelleria, portato avanti dall’attuale sindaco, sfruttando una legge che prevedeva la creazione di quattro parchi in tutto il territorio della Sicilia. Purtroppo, la presentazione del progetto è avvenuta a ridosso della campagna elettorale per le amministrative dell’isola, e causa una forte disinformazione, organizzata da una parte politica, e le conseguenti contestazioni, il progetto è stato bloccato. Una occasione persa perché istituendo il parco di conseguenza doveva essere istituita l’area marina protetta che già era prevista. Avremmo avuto uno strumento per gestire nel migliore dei modi il nostro mare ed il territorio. Uno strumento autonomo nella gestione anche dalla Regione Siciliana stessa, perché a differenza di un’area protetta o una riserva orientata, l’istituzione di un parco nazionale sfugge al controllo burocratico, diventa indipendente dalla regione. Nonostante l’opposizione della Regione Siciliana, con ricorso alla Corte Costituzionale, la quale un anno dopo la respinge, il Parco Nazionale di Pantelleria è stato riconfermato, ci sono i fondi stanziati, quindi se abbiamo questo strumento perché non sfruttarlo? Non dobbiamo inventarci nulla di nuovo, la soluzione per proteggere almeno le nostre coste e il nostro mare le abbiamo. La gente deve capire che Parco Nazionale ed Area Marina Protetta sono strumenti di sviluppo e salvaguardia per tutto il territorio, per Pantelleria.