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April 8, 2015
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Il bambino di Mattarella e i bambini uccisi dalla mafia

Pippo GiordanobyPippo Giordano
Time: 5 mins read

Mafia. Erano nostri bambini: bambini italiani. Una candela può illuminare una stanza, il sorriso di un bambino illumina il mondo. E, spegnere per sempre il sorriso di un bambino, significa spegnere il futuro del mondo. Ho riflettuto parecchio sulle parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella che, nel giorno del suo insediamento, ha ricordato il piccolo bimbo ebreo di soli 2 anni, Stefano Tachè, ucciso da terroristi nel 1982 a Roma.

Mi ha colpito anche la serenità espressa dalla mamma di Stefano, quando recentemente è stata ricevuta al Quirinale. Ho provato un senso d'appartenenza quando il Capo dello Stato ha detto: "Era un nostro bambino, un bambino Italiano”. Ma il mio pensiero è andato a tutti i bambini del mondo uccisi dalla barbarie dell'uomo.I bambini non dovrebbero avere “nazionalità” e nemmeno passaporto: sono loro il Paese chiamato mondo.

E, a proposito di barbarie, mi si permetta di ricordare altri “bambini italiani” uccisi da siciliani del disonore, che interpretando in maniera distolta l'onore, si macchiarono d'esecrabili delitti, uccidendo innocenti creature: uccidere e spegnere per sempre il sorriso dei bambini rappresenta l'obbrobrio dell'uomo. E gli uomini di Cosa nostra furono l'espressione più meschina e buia dell'umanità.

I bambini che ricorderò furono figli della terra di Sicilia – ma anche figli dell'Universo- che pagarono con la vita la ferocia dei cosiddetti uomini d'onore. Ma di quali uomini d'onore stiamo parlando?

Inizio ricordando Giuseppe Di Matteo, 11 anni, figlio di Santino Di Matteo, “mezzanasca”.

Giuseppe DiMatteo

Giuseppe DiMatteo

Non riesco a dimenticare Giuseppe, perchè vissi in prima persona il suo dramma. Era il mese di novembre del 1993 e quando giunse la notizia del sequestro, io passeggiavo col padre Santino – da poco divenuto collaboratore di giustizia- nei giardini delle Direzione Investigativa Antimafia di Roma.

Poi, fui inviato da Gianni De Gennaro a Palermo e facemmo una perquisizione nella villa di Giuseppe Monticciolo, poi risultato essere uno dei sequestratori e carnefice, di Giuseppe Di Matteo: Monticciolo quella mattina era assente.

Il sequestro del bambino fu ordinato da Giovanni Brusca, detto “U Verro” (maiale), colui che pigiò il telecomando nella strage di Capaci. Il sequestro avrebbe dovuto costringere Santino Di Matteo a non collaborare più con noi della DIA.

“Liberati du canuzzu” (il cagnolino)- avrebbe detto Giovanni Brusca a Monticciolo, dopo averlo tenuto segregato per 779 giorni legato dentro una botola, sotto terra nel territorio di San Giuseppe Jato, feudo dei Brusca.

Il piccolo Giuseppe era ridotto ad una larva, pesava una trentina di chili e dopo averlo strangolato con la corda, lo sciolsero in un bidone di acido. Siciliani del disonore.

Un altro bambino undicenne, Claudio Domino, freddato a Palermo nel 1986 con un colpo

Claudio Domino

Claudio Domino

sparato in fronte: il killer lo chiamò e gli sparò. Non fu un omicidio di mafia e persino Giovanni Bontate – fratello di Stefano principe di Villagrazia-, nel corso del maxprocesso disse: «Non siamo stati noi, questo è un delitto che ci offende”, di fatto ammise l'esistenza della mafia. Quando uscì dal carcere Giovanni Bontate fu assassinato insieme alla moglie Francesca Citarda.

Ma alcuni anni dopo Giovanbattista Ferrante ( che arrestai) coautore della strage di Capaci, dichiarò di aver giustiziato l'assassino di Domino, tale Salvatore Graffagnino, e che l'ordine gli arrivò direttamente da Giovanni Brusca. Il piccolo Claudio sarebbe stato ucciso perchè involontario testimone di uno scambio di droga. Altri siciliani del disonore.

Un altro crudele omicidio si consumò a Corleone, era il 1948. Giuseppe Letizia, un tredicenne pastorello ebbe la sfortuna di assistere all'omicidio del sindacalista, Placido Rizzotto, ad opera di Luciano Liggio, Nell'occorso, il ragazzino fu trovato delirante dal padre che l'accompagnò in ospedale. Li il ragazzo, a causa dell'alta febbre, raccontò di aver assistito nella notte all'omicidio di un contadino: Giuseppe fu “curato” con una “iniezione” del medico, Michele Navarra, noto capomafia di Corleone. Giuseppe morì.

Sino ad ora ho lumeggiato i siciliani del disonore palermitani, e che dire dei catanesi?

Nel mese di luglio 1976, quattro ragazzi, Benedetto Zuccaro 13 anni, Lorenzo Pace, 14 anni, Riccardo Cristaldi e Giovanni La Greca, entrambi quindicenni, scomparvero dal quartiere popolare di San Cristoforo di Catania: ebbero il torto di scippare la mamma di Benedetto “Nitto” Santapaola, che ordinò il sequestro e l'uccisione. I ragazzi, vennero prelevati e condotti in provincia di Caltanissetta nella cascina di Giuseppe Di Cristina.

Furono uccisi e gettati in un pozzo. Ma che bravi questi uomini d'onore e soprattutto come sono coraggiosi. Ritorniamo ai siciliani del disonore palermitani.

Via Dei Georgofili Firenze, 1993: muoiono nell'attentato terroristico mafioso, le sorelline Nencioni. Nadia di 8 anni e Caterina di solo 2 mesi. Analogo attacco terroristico mafioso si verifica a Trapani nel 1985, dove persero la vita i gemelli Giuseppe e Salvatore Asta, 6 anni, insieme alla mamma Barbara. La mafia voleva ammazzare il giudice Carlo Palermo.

Mi fermo qui l'elenco è lungo. Giova ricordare ai tanti “buonisti” che sarebbe ora di smetterla con la favola, che una volta la mafia era buona e non uccideva donne e bambini: la mafia, è crudele per genesi. Ed è per questo che mi vergogno al sol pensiero che la Terra delle mie radici, possa aver generato siffatti individui, senza dignità e senza cuore.

Ma come si fa a definirsi uomini d'onore dopo aver soffocato un bambino e sciolto nell'acido? O prelevare quattro piccoli esseri., ucciderli e buttarli in un pozzo? Secondo il racconto di un testimone/carnefice, uno dei quattro ragazzini catanesi era ancora vivo quando lo lanciarono in fondo al pozzo.

Nella mia vita ho visto centinaia di morti ammazzati: uccisi a colpi di lupara o altra arma da fuoco, incaprettati, con la testa mozzata o con i genitali in bocca, ma per mia fortuna non vidi mai un bambino ucciso. E, mi fa rabbrividire che adulti possano compiere tali nefandezze, con l'aggravante di sentirsi uomini d'onore di Cosa nostra.

Non possiamo accettare l'opinione di Totò Riina, che avrebbe detto ai suoi uomini di non preoccuparsi se negli attentati con le autobombe, possano morire anche bambini: «Di bambini a Sarajevo ne muoiono tanti, perché ci dobbiamo preoccupare proprio noi di Corleone?».  No! Signor Riina, non si preoccupi, ai bambini ci pensiamo noi, anche con l'aiuto degli onesti cittadini della città di Corleone.

Presidente Mattarella, mi piacerebbe che un giorno ricordasse non solo i bambini che ho citato ma anche tutti gli altri morti per la violenza degli adulti: "Erano nostri bambini, bambini italiani”.

 

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Pippo Giordano

Pippo Giordano

La legalità è il mio chiodo fisso perché fin da piccolo ho respirato la mafia e la sua brutalità. Sono stato ispettore della DIA e ho lavorato nella Squadra Mobile di Palermo di Ninni Cassarà. Ho diretto la Sezione antiterrorismo della Digos di una città del Nord. Ho collaborato con i giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Oggi, da pensionato, racconto agli studenti degli uomini che hanno scritto col sangue la lotta alla mafia. Con Andrea Cottone ho scritto un libro, Il sopravvissuto, l'unico superstite di una stagione di sangue, che parla delle ombre in quella zona di contatto fra mafia e pezzi di Stato.

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