Nino Di Matteo e la lotta contro i mulini a vento.
Ci sono due “carrozzoni” che rappresentano il rifugio di politici indaffarati che trovano agio salendoci su. La Storia certifica come questi due organismi, siano infruttuosi, inutili e per certi versi dannosi. In uno dei due, talvolta, si esercita sfacciatamente un regolamento di conti tra “correnti” ma soprattutto la messa in opera di “vendette” : cito degli esempi del passato con riferimento al Giudice, Giovanni Falcone e il presente col Pubblico Ministero della Procura della Repubblica di Palermo, Nino Di Matteo.
Nei confronti di tutte e due, ma in generale verso tantissimi altri, vi è stato e purtroppo c'è, un accanimento ad personam. E non sto qui a riportare la cronaca degli avvenimenti, altrimenti rischierei di tediarvi.
Tuttavia, giova evidenziare le “colpe” addebitate sia a Falcone che a Di Matteo, ovvero quelle di aver scoperchiato una pentola colma di collusi tra Cosa nostra e ambigui personaggi gravitanti non solo tra i colletti bianchi, ma anche e soprattutto dentro le Istituzioni.
E' vero, Nino Di Matteo ha commesso il grave delitto di lesa maestà per aver osato ncuitare (disturbare) l'ex Re Giorgio Napolitano, il cui regno presentava più ombre che luci (nel processo sulla trattativa Stato-mafia, l'ex Presidente della Repubblica è stato chiamato a testimoniare, ndr)
Se non l'avete ancora capito sto parlando del Consiglio Superiore della Magistratura, e poi parlerò della Commissione parlamentare antimafia.
Dunque, il pensionato d'oro Giorgio Napolitano, ora svincolato da obblighi istituzionali, dovrebbe rendere al Paese un servizio di verità, offrendo a tutti noi la conoscenza dei dialoghi intercorsi telefonicamente con l'ex ministro Nicola Mancino.
Su quest'ultimo c'è poco da aggiungere, se non sottolineare che, all'indomani della strage di Capaci, era l'unico italiano che non conoscesse il magistrato Paolo Borsellino: evidentemente quando il duo Falcone/Borsellino istruivano il maxi-processo, egli si trovava, forse per anni, in missione all'estero e quindi mischinu (poverino) è da capire.
Però, quando Nino Di Matteo e l'intera Procura palermitana, scummugghiavano (scoprivano) gli indicibili accordi sulla trattativa (non più presunta) tra Stato-mafia, si è ricordato, giustamente, il numero di telefono del Quirinale.
Al CSM come noto ci sono anche i politici, qualcuno può spiegarmi, terra terra, con parole semplici, l'utilità della loro presenza?
Mi piacerebbe anche conoscere l'utilità della Commissione parlamentare della lotta alla mafia, visto che non ho visto nessun apporto concreto alla lotta medesima. La mafia nel suo complesso si è ingigantita e se abbiamo registrato dei risultati concreti non è stato il compendio di un indirizzo politico programmato scaturito dai lavori delle Commissione in narrativa.
Anzi, se sono stati raggiunti dei risultati dobbiamo ringraziare chi ha pagato con la propria vita nell'esporsi in prima persona. Per il resto il “carrozzone” antimafia dovrebbe essere chiuso all'istante, atteso la sua inutilità, soprattutto in relazione alle stragi mafiose del 92/93.
Ma non succederà perchè fa comodo a una politica che strombazza a destra e sinistra di volere la lotta alla mafia, salvo poi diventare incongruente nel costringere il Governo ad adottare misure efficaci.
A tal proposito mi rivolgo al presidente di questo organismo, Rosi Bindi: come mai la Commissione da lei presieduta non ha ancora convocato il noto personaggio politico, Silvio Berlusconi, citato nella sentenza di condanna dell'ex senatore Marcello Dell'Utri e abbanniato (urlato) da Toto Riina con la frase “250 milioni a botta” nel carcere milanese?
Forse perchè in Italia ci sono gli untouchables, mentre per fare un nome è stato più facile indagare e condannare Bruno Contrada?
I motivi di tanto odio riversato su Nino Di Matteo, sia da parte del mafiosi – con Riina in testa che vuole la sua morte- che da una parte di politici, vanno ricercati nella caparbietà del suo operato e perchè rifiuta l'ob torto collo.
La “colpa” di Nino Di Matteo è stata uscire dal coro e non non allinearsi e prostrarsi al “regime” del ncuitare u cani ca duormi (disturbare il cane che dorme). La Storia è piena di esempi di lottatori contro il mulini a vento e di certo, oggi, Nino Di Matteo rappresenta uno di loro: un combattente con la sola arma dello stato di Diritto.
Chi ha paura di Nino Di Matteo? Le persone oneste certo che no! Quindi, mi rivolgo al mio concittadino Presidente del CSM, la prego ponga le condizioni di riformare l'Organismo da lei presieduto, impedisca che nel nostro Paese ci siano tanti Di Matteo che lottano contro i mulini a vento.
Il Paese che vorrei vedere è quello di un Nino Di Matteo che vada a fare una nuotata nel mare di Mondello, libero e senza nessuna scorta, per fargli assaporare quel bel fresco profumo di libertà tanto caro a Paolo Borsellino.
Presidente Mattarella, per favore mi faccia realizzare questo sogno, ovvero avere una Palermo libera, gioiosa, accogliente e senza il cappio di Cosa nostra.