Come sta Sinner? “Potevo giocare meglio all’inizio, ma, chiuso il primo set, mi sono sentito più a mio agio. Mi aspettavo un match duro: sono contento di essere arrivato bene al terzo turno”. Non dice molto di più il numero uno del mondo dopo aver sistemato senza affanni la pratica Michelsen, nel pomeriggio sull’Arthur Ashe dell’US Open. L’unico precedente fra i due era freschissimo: Cincinnati, vigilia di Ferragosto, partita vinta soffrendo da Jannik, la testa dentro l’inchiesta doping. “Ho avuto parecchie occasioni, però non ho sfruttato otto palle break. La sconfitta mi ha dato fiducia”, aveva riflettuto ieri ad alta voce il bambinone californiano ripensando a quel match. Aggiungendo: “In fondo non ho niente da perdere”. Niente tranne la partita e così è andata. Il punteggio è schiacciante: 6-4, 6-0, 6-2. Uno score che dice tante cose degne di essere raccontate.
Innanzitutto, si cercavano risposte rassicuranti dall’altoatesino, dopo il debutto in chiaroscuro contro McDonald. E in particolare dopo la tempesta, mediatica e non, dell’affare Clostebol, ovvero la notizia dell’archiviazione da ogni accusa rispetto alla presenza infinitesimale della sostanza proibita nel suo organismo. Sinner se l’è sbrigata con disinvoltura, malgrado le incertezze dell’avvio: impacciato e poco preciso, ha concesso più del dovuto facendosi raggiungere due volte dopo altrettanti break sull’americanino Alex. Poca convinzione, niente cinismo. Il terzo strappo è stato però quello giusto, sufficiente a demolire psicologicamente l’avversario che si è liquefatto nell’afa. Anche perché, dall’altra parte della rete, Sinner ha acceso i motori, prendendo il largo con poche mosse collaudate. Tutto è tornato a funzionare quasi per incanto nel suo tennis, a cominciare dalle invocate variazioni rispetto alla pressione dal fondo: gli schemi che l’hanno portato ai vertici del ranking, come il rovescio lungolinea, doppiato dalla smorzata tagliagambe. In più il passante, di dritto e rovescio, incrociato o in contropiede, marchio di fabbrica della premiata ditta individuale registrata a San Candido, Val Pusteria.
Il secondo set vinto a zero è volato via in pochi minuti: Jannik ha dilagato, padrone assoluto del gioco. Infierendo quasi controvoglia su un avversario totalmente disorientato, sommerso dalla serie interminabile di errori tecnici e strategici. Michelsen si è ritrovato così impotente e con il fiato corto: a bocca aperta per lo stupore, come San Giuseppe da Copertino. Una bocciatura pesante per la speranza a stelle e strisce, che da piccolo leggeva Harry Potter e guardava Star Wars ma deve aver lasciato a casa la bacchetta magica, se ne possiede una. I tecnici l’hanno definito solido al servizio e fluido nel movimento del dritto, però attaccabile sul lato sinistro, macchinoso negli spostamenti laterali, complessivamente acerbo. L’esatto contrario di Sinner. “È impressionante — ha commentato onestamente lo sconfitto — il modo in cui scivola in corsa per attaccare con il rovescio, pure in situazioni precarie. Nessuno nel circuito sa farlo come lui”. Bocciato all’esame e rimandato a settembre, avrà modo di ripassare la lezione perché comunque la stoffa c’è. Rivedibile.
Il resto della partita, terminata in cento minuti esatti, è stato una fotocopia della prima parte, senza sussulti né imprevisti. E adesso? “Devo lavorare su alcuni dettagli importanti, che ad alto livello lo sono”, ha spiegato alla fine il ragazzo rosso. Servizio, i colpi da fondo, l’aggressività a rete: madamina il catalogo è questo. Jannik sa perfettamente di dover ritrovare il ritmo e il vero se stesso, se vuole arrivare in fondo. Il prossimo test si chiama O’Connell, che ha eliminato il lombardo Bellucci. È un australiano tosto di trent’anni, gravita attorno al numero 50 del ranking. Gioca il rovescio a una mano, è solido, non è un fenomeno, ma ha l’abitudine alla lotta: dopo una catena di infortuni ha mollato il tennis per occuparsi della pulizia delle barche nella laguna Quays, costa del Queensland. Poi si è rialzato, è ripartito dai tornei challenger e ha scalato la classifica. Non va sottovalutato.
Il bilancio fra i due è di una vittoria a testa. Sinner avrà il vantaggio di un pubblico amico propenso a dargli una mano in caso di necessità, perché le ombre a New York sembrano diradate. “E so che anche da casa mi seguono in tanti, ringrazio davvero tutti”. Certe volte c’è davvero bisogno di un po’ d’affetto.