Non tutte le finali Slam sono emozionanti. Alcune sono scontate e prevedibili fin dal primo punto del match. Per il set iniziale, il timore che anche l’ultimo atto degli Us Open fosse così c’è stato.
Un’ora di gioco per un 6-3 viziato da un game di servizio terribile di Medvedev che ha subito consegnato a Djokovic il vantaggio.
Invece, scoccati i sessanta minuti, la tensione è aumentata. I game sono diventati più lunghi e il punteggio incerto. Di opportunità, il russo, ne ha avute molte, senza però sfruttarne nessuna. Molto spesso per capacità di Djokovic, che da meritato numero uno quando il punto scotta difficilmente non sa come giocare. Altre volte, però, la colpa è stata proprio di Medvedev, che per tutta la partita ha commesso un errore tattico in risposta, colpendo troppo da lontano e lasciando così che Djokovic, servendo da destra, approcciasse la rete senza alcun problema.
Quello di oggi è stato infatti un Novak d’attacco. Più di una volta il serbo, non riuscendo a penetrare in scambi che da fondo diventavano estenuanti, ha provato a variare. Molti colpi al volo ben piazzati gli hanno aperto le porte di un meritatissimo successo.

Un Novak non perfetto, ma estremamente lucido. Neanche il break subito nel terzo set, l’unico ceduto nel corso della sfida, è riuscito a destabilizzarlo. A 36 anni corre ancora come un ragazzino e scivola sul cemento quasi quanto sulla ben più soffice terra rossa.
Il punteggio parla chiaro. Djokovic batte Medvedev 6-3 7-6 6-3. I numeri, però, ormai al serbo stanno stretti e anche quest’anno chiude la stagione con 4 finali Slam giocate, di cui tre vinte. Il quarto successo a New York coincide con lo Slam numero 24, due in più di Rafa Nadal che lo segue in classifica.
Dopo il match point Nole si inginocchia e piange. Rimane fermo qualche istante, prima di alzarsi e andare ad abbracciare la figlia Tara, che gli avvinghia le braccia attorno al collo.
“Non so dove iniziare, questo titolo significa tutto per me – dice Djokovic appena prima di ricevere il trofeo – sto vivendo un sogno e non posso far altro che ringraziare la mia famiglia, partendo dai miei genitori che hanno fatto tanti sacrifici per permettermi di giocare a tennis. Questo successo è tanto loro quanto mio”.
