A Matteo Arnaldi, una partita come quella di oggi, farà soltanto bene.
Per il 22enne ligure è stato il giorno delle prime volte: la prima volta al quarto turno di uno Slam, la prima volta sull’imponente Artur Ashe (lo stadio da tennis più grande del mondo) e la prima volta contro Carlos Alcaraz.
La “stesa” rimediata oggi, ancor più netta di un punteggio che già lascia spazio a pochi dubbi (6-3 6-3 6-4), racconta però di un Arnaldi che da questa partita potrà raccogliere tanti buoni stimoli.
La sua è stata un’ottima prestazione, come probabilmente avrà modo di confermare con il team riguardando le immagini dell’incontro. Dall’altra parte della rete c’era semplicemente un giocatore troppo forte.
Lo spettacolo non è mancato. I due, che insieme fanno l’età di Roger Federer, hanno giocato un tennis vario. Di base, ovviamente, molto si è deciso dalla linea di fondo: tante accelerazioni e pochissimi tagli, proprio ciò che ci si aspettava da due interpreti come Arnaldi e Alcaraz. Non sono mancate però variazioni e fantasia. Alcaraz sta collaudando la smorzata di dritto su cui sembra avere ottime sensazioni e più di una volta ha scelto la via della rete chiudendo il punto con stop-volley da manuale. Gesti tecnici che John McEnroe, inquadrato nel maxi schermo e applaudito da tutto il centrale, deve certamente aver apprezzato.

Arnaldi, da parte sua, può dirsi soddisfatto di aver portato a casa il punto più bello della partita, uno scambio ad inizio terzo set in cui tra tocchi e angoli c’è stato posto anche per tweener tra le gambe. Un quindici da pelle d’oca che ha fatto alzare in piedi i 23 mila presenti oggi (compreso Ben Stiller).
“Sono felice di come ho giocato – ha detto Matteo in conferenza stampa – avrei potuto fare qualcosa in più, ma lui è stato più bravo nei momenti chiave. Oggi il servizio non ha funzionato come avrei voluto, ma non mi vedo così tanto lontano dal livello dei migliori”.
Il centrale pienissimo, coperto sin dal primo punto dal tetto nonostante fuori sia caduta solo qualche goccia di pioggia, si è goduto due ore di tennis energico e brillante. Per Alcaraz questa era la prova che serviva dopo la vittoria non particolarmente esaltante al terzo turno con Evans, che dopo un inizio a senso unico lo aveva costretto al quarto set.
Gli occhi dello spagnolo sono sulla riconferma del titolo già portato a casa lo scorso anno e sopratutto sull’avversario che incombe nella parte bassa del tabellone: il numero 2 del seeding Novak Djokovic. Per il livello espresso fino ad oggi, è difficile pensare che qualcuno possa impedire la replica della finale di Wimbledon, giocata un mese e mezzo fa proprio tra i primi due giocatori del mondo.
Alcaraz ha sempre detto di trovarsi meglio sulla terra rossa, superficie su cui nasce e cresce ogni spagnolo, ma stando ai risultati sono i campi duri a farlo brillare.
“Hai cambiato idea?”, gli chiedono a fine partita. “Sì”, risponde lui sorridendo. Difficile dargli torto.