Marocco in semifinale: prima squadra africana (e araba) a centrare questo traguardo storico. A conferma che nel calcio non si può dare mai più niente per scontato. Neanche che per una serie di combinazioni astrali i “leoni dell’Atlante”, sulle ali dell’euforia, non possano competere per un clamoroso accesso alla finale o addirittura alla conquista del titolo mondiale.
La ventiduesima edizione della Coppa nella fase conclusiva sta riservando un concentrato di stupefacenti sorprese. Fuori il Brasile, avanti il Marocco. Un’ipotesi che sarà stata pagata cifre iperboliche dai mitici gestori delle scommesse inglesi.

È bastato un gol di testa di En-Nesyri, attaccante 25enne che milita nel Siviglia (come il portiere Bounou), per far compiere al Marocco un passo da gigante nella storia del football mondiale. Una prodezza favorita da un’uscita a vuoto del portiere portoghese Costa. Comunque un segno del destino.
La dimostrazione che il livello si è considerevolmente alzato anche nelle aree del pianeta un tempo calcisticamente sottosviluppate. La maggior parte dei calciatori marocchini giocano ormai nei campionati europei. E alle doti tecniche, e soprattutto atletiche, stanno abbinare oggi anche le malizie tattiche assorbite nei tornei d’elite. “Occhio al Marocco”, aveva avvertito alla vigilia Benatia, forse il giocatore marocchino più celebre che in Italia aveva militato nella Roma e nella Juventus.
Il Marocco non è solo una squadra in straordinaria ascesa. Ma è anche ammantato dall’aureola del predestinato. È stata la prima squadra africana a superare nell’86 la prima fase a gironi (ha partecipato in tutto a sei mondiali). Per l’accesso ai quarti era stata preceduto da Camerun, Senegal e Ghana. Nel suo palmares vanta anche una Coppa d’Africa (nel ’76) e una Coppa araba (2012).
Negli ultimi anni la crescita è passata dalla cura dei vivai. Il re Mohammed VI, grande appassionato di football, ha creato un’accademia del calcio dove la materia è trattata con criteri scientifici. Il miracolo è stato poi rifinito dall’allenatore Regagrui, un ex difensore (47 anni) nato vicino a Parigi, con trascorsi modesti da calciatorer. Come tecnico si forma nelle squadre di club in Marocco. E fin dagli esordi in questa Coppa ha dimostrato di avere le idee chiare. Difesa ermetica: primo non prenderle. Contropiedi veloci. Concentrazione massima. Un cocktail di successo che autorizza la questo punto le aspirazioni per qualsiasi traguardo.
Il Portogallo che aveva polverizzato la Svizzera esce mestamente di scena. L’eliminazione del Brasile l’aveva proiettato molto in avanti nella gerarchia delle favorite. Ma contro il Marocco teoricamente inferiore non ha cavato un ragno dal buco. L’immagine della sconfitta sta tutta nelle lacrime finali di Cristiano Ronaldo, Prima degradata in panchina. Poi in campo impotente. Il crepuscolo di un dio del calcio. Ma per tutto il Portogallo il contraccolpo è molto forte. Anche se la straordinaria fioritura dei suoi vivai lascia presagire stagioni più ricche di gratificazioni.