Non si può dire che sia successo l’impensabile – il calcio, come diceva Gianni Brera, è un mistero – ma l’eliminazione del Brasile ai quarti dei mondiali in Qatar è un evento che fa scalpore. La Nazionale verdeoro era la favorita per la conquista del suo sesto titolo. Più della Francia, che si fregia ancora del titolo mondiale conquistato quattro anni fa in Russia.
Lo era per la ricchezza della rosa e per un gioco che ai massimi livelli sa sposare praticità e fantasia, efficienza e spettacolo. Con una stella assoluta, il trentenne Neymar, che non aveva ancora mai vinto la Coppa ma che pur in una fase di avvicinamento al tramonto è ancor oggi considerato l’erede di Pelè, il monumento nazionale che proprio in questi giorni sta lottando per la vita in un ospedale di San Paolo. La malattia del mito sembrava poter dare un’ulteriore spinta emotiva alle ambizioni del Brasile, che guida la classifica dei successi mondiali (5) ma sono 20 anni che non vince la Coppa.
Non si può neanche dire che il Brasile abbia demeritato o sottovalutato la Croazia ancora vicecampione del mondo. Se nel primo tempo non ha premuto sull’acceleratore, limitandosi a manifestare una supremazia sterile e bilanciata dai fulminei contropiedi dei croati, nella ripresa avrebbe meritato di passare in vantaggio. Sono state le prodezze del portiere Livakovic e tenere a galla la Croazia.
Alla fine del primo tempo supplementare Neymar, con un lampo da fuoriclasse, aveva illuso il Brasile siglando in Nazionale la rete numero 77 che gli ha permesso di raggiungere Pelè al vertice di questa classifica, Ma a tre minuti dalla fine – vuoi per sfortuna, vuoi per stanchezza, vuoi per distrazione – la Nazionale verdeoro è stata castigata da un micidiale contropiede di Petkovic, la punta croata che sul mercato non vale neanche un decimo rispetto a Neymar.
La partita è stata infine decisa dal capriccio della sorte. Già in sede di presentazione avevamo presagito che la superiorità del Brasile, contro un avversario ostico (dalla difesa quasi insuperabile arroccata intorno al formidabile Gvardiol e dal centrocampo inventore di magie con il trio Modric-Perisic-Brozovic) avrebbe potuto essere imbrigliata dai dettagli o dall’imprevedibilità dei rigori. La Croazia, più fredda, che aveva già eliminato il Giappone ai penalties (Livakovic ne aveva parati tre) , non ne ha sbagliato neanche uno. Il Brasile, più emotivo, ne ha buttati alle ortiche due su quattro.
In Brasile scoppierà sicuramente un nuovo psicodramma. Con la probabile sostituzione di Tite, l’allenatore di origine italiana che aveva già fallito in Russia. Neymar, dopo l’ultimo rigore, è scoppiato a piangere. Può ancora rifarsi ne 2026 nel mondiale americano. Ma avrà 34 anni, un’età quasi da pensione.
La Croazia scruta all’orizzonte la possibilità di una seconda finale consecutiva. Un traguardo quasi da fantascienza per un paese ricco di talenti ma con meno di quattro milioni di abitanti. Specie se si considera che il Brasile ne ha quasi 220 milioni.