Cinque europee, due sudamericane, un’africana ai quarti di finale in Qatar. La geografia del calcio mondiale rispetta i rapporti di forza tradizionali, con l’eccezione del Marocco (il primo Paese arabo che in 22 edizioni è riuscito a spingersi così lontano).
Fra le aspiranti al titolo quattro potenze hanno già conquistato dieci coppe: cinque il Brasile, due l’Argentina e la Francia, una l’Inghilterra. Escluse le detentrici delle altre undici coppe: quattro l’Italia (neanche approdata alla fase finale) e la Germania, due l’Uruguay, una la Spagna.
Fare pronostici è un esercizio divinatorio insidiato da troppe incognite. Favorite per lo scontro finale, calendario alla mano e livello delle risorse tecniche, restano Brasile (che non vince il titolo da 20 anni) e la Francia (campione del mondo in carica). Però il mondiale in Qatar ha riservato troppe sorprese (eliminazione precoce di Germania, Belgio e Spagna) per scartare l’eventualità di ulteriori colpi di scena.
Quanto sbalordirebbe – per esempio – che il Marocco, imbattuto e con la miglior difesa del torneo, facesse lo sgambetto al Portogallo che pure attraversa uno stato di grazia (miglior attacco del torneo insieme con l’Inghilterra, perfino con Cristiano Ronaldo relegato in panchina)? E quanto meraviglierebbe una vittoria della pure imbattuta Inghilterra, con i suoi spavaldi talenti, sia pur contro una Francia che vanta nelle sue file Mbappé (capocannoniere e numero uno indiscusso oggi nel pianeta)? Neanche il Brasile che ha velocemente recuperato una star come Neymar può aspettarsi di avere vita facile contro l’ostica e ancora imbattuta Croazia? Ancor più problematica appare sulla carta la sfida che aspetta l’Argentina contro un’Olanda a sua volta imbattuta e in ascesa, nella ripetizione quasi mezzo secolo dopo della finale di Buenos Aires che assegnò ai sudamericani il loro primo titolo mondiale. Sono tutte partite indecifrabili. Ciascuna con una favorita di misura, ma che potrebbero essere decise dai dettagli o dal capriccio dei rigori per l’assenza di una manifesta superiorità.
I primi a scendere in campo, domani, saranno i brasiliani e i croati. La Nazionale verdeoro guidata da Tite, favorita per antonomasia, ha il vantaggio di una fantasia di schemi resa imprevedibile dall’estro in attacco di due fuoriclasse come Neymar e Vinicius junior. E la spinta emotiva di onorare Pelé, il loro “rey”, che lotta per la vita un una clinica di San Paolo. Ma la meno scintillante Croazia allenata dallo smaliziato Dalic, che ha l’unico limite nell’assenza di una punta di livello mondiale, ha una straordinaria concretezza a centrocampo con il trio Modric-Perisic-Brozovic.
Sempre domani l’Argentina affida soprattutto a un fuoriclasse come Messi, che non ha mai vinto un mondiale, le chances di sbarazzarsi di un avversario scomodo come l’Olanda. Che, grazie alle alchimie tattiche dell’allenatore Van Gaal, e alla vena realizzativa di Gakpo e Depay, può frenare la supremazia tecnica dei sudamericani guidati da un trainer giovane e pragmatico come Scaloni. Troppo remoto il precedente del ’78 per rappresentare una rivincita. Ma se l’Argentina è dall’86 che non conquista mondiale, l’Olanda inventrice del calcio totale è in credito con la sorte. Nonostante abbia impresso una svolta nell’evoluzione del calcio mondiale è sempre rimasta a mani vuote nelle tre finali a cui è approdata: in Germania nel ’74, in Argentina nel ’78, in Sudafrica nel 2010.
Sabato, nel primo confronto, il Portogallo cercherà di centrare il traguardo delle semifinali che gli manca dal 2006. L’esplosione dei giovani talenti (per tutti Ramos, la stella in ascesa del Benfica, autore di una tripletta contro la Svizzera) autorizza addirittura ad alzare l’asticella delle ambizioni accarezzando il sogno del titolo. Inserito con pieno merito per la fioritura dei suoi vivai nell’aristocrazia europea, il Portogallo ha vinto sei anni fa un campionato d’Europa ma non ha mai centrato l’obiettivo mondiale.
Aspira un po’ sotto traccia a tentare l’impresa da outsider anche senza l’apporto a tempo pieno di un monumento come Cristiano Ronaldo. Che, intrappolato nel suo narcisismo, appare come un corpo estraneo. Distaccato emotivamente dal gruppo (neanche sempre esulta quando segnano i compagni), in strisciante polemica con il tecnico Santos che per lui era una sorta di padre, detronizzato dagli stessi tifosi portoghesi che non vedono più in lui l’idolo ma lo hanno declassato a un veterano da tenere in panchina perché toglie freschezza alla manovra. Da utilizzare semmai per la sua esperienza nei momenti di difficoltà. Dopotutto è l‘unico attaccante che sia riuscito a segnare in cinque mondiali di fila. E’ complesso il discorso su un fenomeno come Ronaldo. Chiaro che a 37 anni abbia perso smalto e non ce la faccia più a saltare gli avversari come birilli. Ma non ha smarrito l’eccezionale fiuto del gol. E, al di là della sua cifra tecnica, è ormai diventato un brand.
Può anche non giocare, gli basta apparire per far parlare di sé, attirare sponsor, muovere montagne di danaro. Come confermano i 200 milioni di euro a stagione che il club saudita Al-Nassr è disposto a versargli per esibirlo nella sua sia pur splendida decadenza. Di fronte al Portogallo si staglia l’ostacolo indecifrabile del Marocco allenato dal vulcanico Regagrui. Che ha un attacco relativamente incisivo e una difesa formidabile (il leader è Hakimi, oggi al Paris Saint Germain, ieri all’Inter). E soprattutto è sostenuto da una carica di euforia per il traguardo raggiunto che lo spinge a centrare un obiettivo storico: prima squadra africana in semifinale (ai quarti si erano già qualificate Camerun, Senegal e Ghana).
Chiude il cerchio una sfida affascinante come Francia-Inghilterra. Leggermente favorita la Francia, guidata con mano salda da Deschamps, con l’incontenibile Mbappé e la maggior assuefazione a lottare per i grandi traguardi. L’Inghilterra è squadra dal rendimento altalenante che ha messo spesso sulla graticola l’allenatore Southgate. Non vince un mondiale dal ’66, in casa, e appena un anno e mezzo fa (sempre in casa) ha fallito ai rigori la conquista del titolo europeo contro l’Italia. Ma non le mancano le risorse per creare difficoltà alla Francia, allineando al fianco del veterano Kane una ricchissima galleria di giovani talenti (Bellingham, Foden, Saka, Rashford).