Cinque giornate alla fine e tutto da decidere. In coda, in zona Europa, per la Champions. E soprattutto là davanti, per l’agognato scudetto. A 450 minuti dal termine, Napoli e Inter si ritrovano a pari punti a quota 71 e, se finisse così, darebbero vita a uno spareggio-scudetto che in serie A manca dal 1964. Corsi e ricorsi storici: quell’anno a Pasqua si giocò proprio Bologna-Inter, che a quel tempo erano le duellanti per il tricolore che si risolse – dopo aver scacciato la ridicola montatura di un caso-doping che coinvolse gli innocenti rossoblù – in uno spareggio a Roma che vide trionfare il Bologna di Bulgarelli, Fogli, Nielsen e Pascutti. In quella Pasqua del 1964 l’Inter vinse a Bologna, ma non bastò. Stavolta ci ha perso, con il gol da sigla televisiva di Orsolini al minuto 94: un gesto tecnico che potrebbe riscrivere la piccola-grande storia di questo campionato.
Il Napoli a Monza sabato non aveva impressionato, vincendo sul campo di una squadra virtualmente retrocessa con il guizzo di Scott McTominay, vero uomo in più in questa parte di stagione, ma ancora più della prestazione hanno fatto scalpore le parole di Antonio Conte. Diciamola tutta: i segnali di una rottura anticipata. Le frasi sul fare da garante senza però vedere “il suo sedere abusato”, gli accenni alla tifoseria del Napoli che “vuole vincere, ma quando non vince può diventare cattiva”, le accuse sulla “mancanza di mezzi per fare certe cose”, fino all’accenno sulla durezza dei campo di Castelvolturno che creerebbero infortuni. Una exit strategy chiara, forse persino comprensibile nel momento in cui a Conte un pensiero è venuto: “Non mi avessero venduto Kvaratskhelia a gennaio, io questo scudetto lo avrei già vinto”. E personalmente fatico a dargli torto. Anche perché dalla cessione del georgiano Neres si è anche fermato due volte e addio 4-3-3, con il risultato di dover sempre improvvisare altro o piazzare uomini fuori ruolo. Certo, dirà qualcuno, ha avuto una partita a settimana per tutto l’anno. Vero, ma non era una buona ragione per impoverire a gennaio una squadra che ha comunque ben poche risorse dietro l’undici titolare.
Però, nonostante il caos post-Monza, ora Conte è pari a Simone Inzaghi che per la seconda volta rischia di aver lasciato lo scudetto a Bologna, come nel 2022. il tecnico interista ha pagato le fatiche di Champions e alcune assenze chiave (Thuram, Dumfries) ma pure una gestione discutibile: perché inserire Arnautovic nel finale insieme a Taremi, togliendo Lautaro, con una squadra in evidente sofferenza? Perché seguire costantemente il dogma della sostituzione degli ammoniti con Bastoni e, dalla sua uscita, rischiare su ogni mischia fino al gol da sigla-tv di Riccardo Orsolini? E, aggiungo, perché tutto quel cinema su una rimessa laterale battuta qualche metro più avanti (ne succedono dieci a partita) che oltretutto non era nemmeno quella del gol ma quella prima? L’Inter sta facendo ottime cose giocando su tre fronti, ma continuo a pensare una cosa su Simone Inzaghi: straordinario allenatore di coppa, mediocre allenatore di campionato. Fin qui ne ha vinto uno, quando aveva una squadra tre volte più forte di ogni avversaria. Cosa che avrebbe anche in questa stagione (almeno due volte, via), ma si sta complicando la vita.
Del resto, è il campionato delle imperfette: detto di Inter e Napoli, che dire dell’Atalanta che ora si è ripresa ma che con due mesi di blackout ha probabilmente buttato via le chance per uno storico scudetto, con annesso addio anticipato a parole di Gasperini? O della Juventus mai decollata di Thiago Motta, che ora sta provando faticosamente a conquistare la Champions con Tudor? O anche della Roma che ha buttato nel bidone dell’umido oltre due mesi di stagione con Juric prima di affidarsi al saggio Ranieri? Ognuna ha i suoi problemi, compresa la Lazio – troppo corta di organico per i due impegni – e senza arrivare al delirio Milan, tra allenatori presi e subito sfiduciati e uno spogliatoio sempre fumantino con giocatori privi di leadership. Allora ecco che nel caos prova a inserirsi il Bologna di un tecnico troppo spesso sottovalutato come Italiano, che ha raccolto la difficilissima eredità di Motta e sta facendo come l’italo-brasiliano se non meglio, con una squadra che ha anche perso pezzi importanti in estate e che vede a tiro anche una storica finale di Coppa Italia. Il quadro per la corsa alle coppe e per la corsa-salvezza sarà più chiaro mercoledì, quando ci saranno i recuperi delle quattro partite rinviate per lutto per la morte di Papa Francesco avvenuta il mattino di Pasquetta, ma tutti gli alti e bassi delle varie protagoniste hanno reso avvincente la lotta in ogni singola zona di classifica, con pochissime squadre che hanno poco da chiedere e quasi tutte ancora in gioco per qualcosa. Resta poco più di un mese da vivere a tutta, coppe comprese: ogni partita conta, nella serie A delle imperfette.