Campione del mondo, campione del mondo, campione del mondo. Jannik Sinner strapazza Alexander Zverev 6-3, 7-6, 6-3 e conquista il terzo Slam della sua straordinaria carriera: l’Australian Open, lì dove aveva già trionfato dodici mesi fa.
È il primo a riuscirci nella storia del tennis azzurro, superando Nicola Pietrangeli. Tre finali e tre centri, che campione. Se esiste una perfezione umana, s’è incarnata oggi sulla Rod Laver Arena nel corpo di un giovane uomo nato in Val Pusteria e sceso sulla Terra a miracol mostrare. Numero uno contro numero due, la differenza s’è vista tutta. Ma va detto che il tedesco ci ha provato fino in fondo, e anche quando ha capito che non ce l’avrebbe fatta è rimasto agganciato al match senza uscirne, com’era invece capitato a Shelton e Rune. La circostanza sottolinea la grande qualità della partita di Jannik: fantastico nei colpi, nelle scelte, nella tranquillità, in tutto. Uno così nasce ogni cent’anni.
Eppure alla vigilia il pronostico poggiava sull’incertezza. Sasha si presentava sul centrale di Melbourne forte del 4-2 nei confronti diretti, ma è stata proprio una delle sconfitte la porta girevole di Sinner. Battuto al quinto set nell’US Open 2023, Wonder Boy ha capito che doveva cambiare rotta se voleva diventare quel che è oggi. Ha cominciato a lavorare senza incertezze al repertorio dei colpi, aggiungendo un tassello alla volta nel mosaico. Ha rinforzato la struttura fisica ancora acerba. E se possibile, è cresciuto nell’intensità mentale diventando una macchina perfetta. Imbattibile al momento, almeno sul cemento: 36 successi nelle ultime 37 partite. non serve dire altro. L’avvio con un ace ha chiarito subito le sue intenzioni: partire forte, lanciare un messaggio esplicito di guerra. Il servizio ha funzionato aprendogli il campo, la sua capacità di pressione da fondo campo ha fatto il resto. Sul 2-1 sono arrivate le prime due palle break, rintuzzate da Zverev grazie alla potenza della prima palla. Ma nel settimo game ne sono piovute altre quattro. Aggredito, accerchiato, incapace di trovare una chiave per uscire dall’assedio progressivo, Sasha ha concesso il break. Senza titubanze Jannik ha mantenuto il piede sull’acceleratore chiudendo a zero il turno di battuta: 6-3 e palla al centro.
Calma, ordine, l’equilibrio quando colpisce fortissimo, le scivolate, l’arresto controllato. Ogni cosa al suo posto, e dietro ogni cosa un’idea. La Volpe Rossa gioca a scacchi muovendosi come una farfalla sul campo e questo rende impossibile stargli dietro. L’ha dimostrato nella seconda frazione, dipanata sull’identico copione. Anche qui due palle break, sventate però coraggiosamente dal tedesco con due smash complicati. Zverev s’è aggrappato alla battuta, servendo anche la seconda a velocità superiore ai duecento chilometri orari. Il rischio, unito a un paio di sbavature di Jannik, l’hanno tenuto a galla. E lui ci ha messo del suo alzando il livello del gioco, attento a non sbagliare. Così sul 5-5 è partita la lunga volata. Sasha s’è portato avanti, Sinner ha concesso due punti con un doppio fallo e una smorzata in rete: situazione di pericolo che poteva ribaltare il tavolo. “Jannik adora giocare nei momenti di pressione”, dice di lui il coach Darren Cahill. E’ successo anche stavolta.
Palla corta, smash, corsa in recupero, passante a uccellare Zverev venuto a prendersi il punto a rete: lo scambio più bello della sfida è stato l’ingresso al tiebreak. Pochi dubbi su chi se lo sarebbe portato a casa, visto il record recente di Sinner che ne ha vinti 16 degli ultimi 18. Ha avuto anche fortuna, sotto forma di un nastro e la palla morta nella metà campo altrui. Salito 5-4, l’azzurro ha chiuso sparando un vincente e la combinazione servizio-dritto sulla riga: 7-6 a ridosso delle due ore di gioco, una montagna davanti a Sasha. Che ha comunque reagito, cercando di restare a galla nel terzo set. Ha tenuto il palleggio da fondo, ha colpito duro in avanzamento, ha continuato a bombardare con il servizio. Tutto fatto per bene, ma oltre la rete c’era il mostro. Il rovescio in diagonale del 2-1 è stata l’ennesima prodezza, nel mormorio dei sedicimila in tribuna ammirati dall’ennesimo virtuosismo: lo spettacolo della bellezza.
Il break conseguente è stato il prefinale di partita. Jan è andato a servire per il match, chiuso con una smorzata e il relativo passante: 6-3 a capo di due ore e 41 minuti di lotta. Otto palle break contro zero concesse, ventunesimo successo consecutivo nei tornei Slam sul cemento. Poi la corsa verso l’angolo, gli abbracci, la squadra, il fratello, il manager, la festa. Una gioia limpida e controllata, nel suo stile. Lo stile di un campionissimo.