Almeno adesso c’è una data certa per Jannik e i suoi tormenti. Il Tribunale dello sport di Losanna(Tas) ha fissato al 16 e 17 aprile la resa dei conti: le udienze dell’arbitrato che vede la Wada — l’Agenzia mondiale antidoping — contro di lui. E’ un sollievo triste per il numero uno del tennis, perché il procedimento verrà discusso a distanza di tredici mesi dall’inizio del caso Clostebol. E comunque finirà, il meteorite pendente sulla sua testa per così tanto tempo è già una condanna. Oltreché un’ingiustizia, morale e sportiva. Con che stato d’animo il campione uscente affronterà da domenica in poi gli Australian Open, il primo Slam di stagione? E quali pensieri lo inseguiranno nei successivi appuntamenti altrettanto importanti: a marzo si giocherà il Sunshine Double, ovvero i tornei categoria 1000 di Indian Wells — dove l’anno scorso cominciò l’odissea — e Miami che assicurano premi considerevoli e punti decisivi per il ranking? “Sarebbe bello poter dire che è una situazione a cui non penso, è ovvio che è nella mia mente e devo conviverci già da un bel po’ di tempo. Ma non posso farci nulla”, è stata la rassegnata riflessione davanti alla stampa di Sinner, appena ieri. E ha ragione, perché a questo punto tutto dipenderà solo dalla battaglia legale a porte chiuse.
Tanto per cominciare, la sua presenza come imputato chiamato a rendere testimonianza lo cancella fin d’ora dal torneo di Monaco di Baviera a cui è iscritto. Ma questo è un dettaglio rispetto alle conseguenze di un possibile verdetto negativo. Subito dopo, Sinner dovrebbe volare a Madrid per il Master 1000 in calendario dal 21 aprile al 4 maggio. Quindi nel suo programma ci sono gli Internazionali di Roma dal 6 al 19 maggio. Quando arriverà la sentenza? Il giocatore potrebbe richiedere una procedura d’urgenza — criterio che finora non ha smosso l’apparato burocratico — oppure attende i naturali sviluppi tecnici.
Esaminiamo intanto il collegio arbitrale. Il giurista scelto dalla Wada come pubblico accusatore sarà Ken Lalo, presidente della federazione israeliana sport equestri, 66 anni e tre figli, doppia nazionalità (ha anche un il passaporto statunitense). Viene descritto come un cerbero intransigente nella lotta al doping: nel 2017 contribuì ad appesantire la pena per Sara Errani positiva al letrozolo. Il difensore nominato dalla squadra di Sinner è l’avvocato americano Jeffrey Benz, un passato da pattinatore a ottimi livelli. Da un quarto di secolo nella lista degli arbitri, grande esperienza in materia, ha già fatto parte del panel Tas che ha ridotto da quattro anni a nove mesi la pena della tennista romena Simona Halep per l’assunzione di un integratore contaminato. Ed era nel collegio che ha squalificato a quattro anni la pattinatrice di figura russa Kamila Valieva, togliendole l’oro alle Olimpiadi invernali di Pechino 2022. Benz dovrà dimostrare che Sinner non è stato negligente, azzerando così l’ipotesi di una pesante sanzione.
Ma è il terzo uomo l’ago della bilancia, il presidente del collegio giudicante. Sarà il lussemburghese Jacques Radoux, classe 1970, studi di Legge in Francia, specializzazione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, impegnato nel sociale. Un giurista stimato per la preparazione e l’equilibrio, ma soprattutto un ex tennista che è stato capitano della squadra di Davis dal 2008 al 2013. Scelto fra 300 giuristi o avvocati, provenienti da 87 paesi, nell’elenco del Tas. A designarlo sono il presidente John Coates, ex canottiere australiano, già vice presidente del Comitato olimpico internazionale, e tre donne: l’austriaca Elisabeth Steiner, la francese Carole Malinvaud e la svizzera Corinne Schmidhauser. Dovrà valutare un caso estremamente semplice che l’interpretazione delle norme e la politica — la Wada è stata molto criticata per precedenti clamorosi verdetti — hanno terribilmente complicato.
Semplice perché è accertato che la quantità di Clostebol — lo steroide anabolizzante vietato agli atleti e contenuto nel farmaco cicatrizzante da banco Trofodermin — rinvenuta nelle urine di Sinner è infinitesimale. Quindi è palese che non abbia avuto alcun effetto dopante. Riassumiamo i fatti. La vicenda inizia il 10 marzo scorso quando Sinner è risulta positivo a Indian Wells. Positività ribadita nel secondo controllo del 18 marzo. In entrambi i casi vengono rilevati livelli simili di Clostebol: rispettivamente 86 e 76 picogrammi per millilitro, ovvero una concentrazione inferiore a un miliardesimo di grammo per litro. E’ come se la punta di un cucchiaino di zucchero fosse stata sciolta nell’acqua di una piscina da 50 metri. Secondo la versione del team, la presenza illecita è dovuta alla contaminazione trasversale del fisioterapista Giacomo Naldi: ha massaggiato Jannik dopo aver usato per sé il Trofodermin, sul mignolo della propria mano sinistra tagliato dal bisturi. Il 4 aprile e il 17 aprile scorsi l’Itia — International Tennis Integrity Agency — sospende provvisoriamente il giocatore, che grazie ai ricorsi urgenti accolti può però continuare l’attività. Anche se sub judice, cioè in attesa della decisione nel merito.
La sentenza arriva il 20 agosto: il fuoriclasse azzurro viene assolto con formula piena “perché non ha alcuna colpa o negligenza” nell’assunzione del farmaco. Incubo finito? Macché. Il 4 ottobre la Wada presenta ricorso al Tas, riaprendo la vicenda malgrado per tre volte Jannik sia stato giudicato innocente dai tre esperti del tribunale indipendente Sports Resolutions. Va detto peraltro che la stessa Wada ha previsto dal 2026 nuove regole per il setaccio delle analisi: positività molto basse, sotto un determinato limite, non verranno prese in considerazione per l’avvio di un procedimento. Come dire che un caso Sinner non esisterà più. Al momento però l’Agenzia mondiale antidoping ha chiesto la sospensione da uno a due anni per il giocatore: pur ritenendo plausibile la sua buona fede, sostiene che va condannato perché avrebbe dovuto vigilare in maniera più efficace sul suo staff. In qual modo, è difficile pensare che qualcuno al mondo possa spiegarlo.