“Forza forza forza”. Il mantra di Jasmine l’ha accompagnata lungo tutta la partita, anche quando Donna Vekic non le lasciava neppure uno spiraglio piccolo piccolo per infilarsi e rubare il pezzetto di formaggio. Arrivata al super tie break del terzo set, sfida della morte lenta, la topolina toscana ha continuato a crederci dopo aver riaperto il match almeno tre volte. Anche in quel frangente estremo l’equilibrio è stato straordinario: sei pari, sette pari, otto pari. Vince chi arriva a dieci, il prossimo punto porterà una delle duellanti alla palla match. Lo vince Paolini, e per la terza volta va colpire il punto cruciale in risposta: un dritto in corridoio della croata la porta in finale a Wimbledon, traguardo inimmaginabile ma strameritato. La sua avversaria sarà la ceca Borbora Krejcikova, ex numero due del ranking, che ha disarcionato la kazaka Ribakina in tre set. E’ il mondo che si ribalta: in un mese, tra Parigi e Londra, la toscana è arrivata in fondo ai due tornei più importanti del mondo. Una dato spiegare la portata dell’impresa: l’ultima a riuscirci era stata nel 2016 una certa Serena Williams.
“È stata una fatica tremenda, all’inizio piovevano vincenti nella mia metà campo e ho cercato di pensare: fai un passetto alla volta. Ce l’ho fatta ed è tutto così folle, voglio fare un bagno nel ghiaccio”, ha detto subito dopo il match, tra i boati del pubblico inglese che l’ha adottata come si fa con un cucciolo a cui è impossibile resistere. Miss Joy, Miss Simpatia, soprattutto Miss Smile per quel sorriso aperto che innamora: così l’hanno ribattezzata i tabloid. Anche perché, piccolina com’è – il suo metro e sessantatre centimetri sfigurava davanti all’uno e ottanta dell’avversaria –, ha attratto magneticamente l’affetto degli spettatori neutrali. Fa sensazione dirlo, ma la stella nascente del tennis femminile è italiana e ha 28 anni. Un’arancia tardiva capace di arrivare nel tabellone di Church Road dove nessuna altra prima era riuscita. Lucia Valerio nel 1933, Laura Golarsa nel 1989, Silvia Farina nel 2003, Francesca Schiavone nel 2009, Camila Giorgi nel 2018 si erano fermate ai quarti di finale. Jas ha fatto addirittura due gradini in più. E non ha intenzione di smettere di sognare.
La trama racconta una partita da manicomio. Primo set senza storia, dominato dallo strapotere di Vekic una pin up bionda che spopola sui social – solo all’apparenza sfavorita dal pronostico. Coetanea della nostra eroina, viene da una famiglia che mangia pane e sport: il padre è stato portiere di calcio, la madre atleta di valore tra 100, 200 metri e 400 ostacoli, il nonno era arciere e la nonna è la prof di ginnastica che ha allevato campioni di football. Lei non è da meno, e se la classifica la penalizza rispetto alle doti è per i ripetuti guai fisici che l’hanno perseguitata: le operazioni alle ginocchia e ai piedi non hanno però spento il desiderio di dimostrare chi è. “Difficile trovare una che serve meglio di lei”, aveva previsto Paolini alla viglia. E così è stato. Il suo braccio violento ha fatto sfracelli tra ace e battute vincenti, doppiati dal drittone in cross o dal rovescio lungolinea altrettanto robusti. È stato come assistere a un’esercitazione dalla piazzola di tiro, con una Donna cecchino che regolarmente polverizzava il piattello.
Gelsomina in mezzo alla tempesta s’è messa a remare disperatamente, sballottata di qua e di là. Sono bastati 36 minuti per chiudere il primo tempo, senza che la garfagnina desse la sensazione di poter girare il match. Eppure non ha mai smesso di incitarsi: forza, forza, forza. Chiamata in causa dalle accorate invocazioni sue, dei genitori e del fratello sugli spalti, l’energia ha fatto capolino sull’erba nel secondo set. Così, rinvigorita, Jas per due volte s’è tirata fuori dalle sabbie mobili di un break che sarebbe stato letale, portandosi sul 5-4. Qui, all’improvviso, si è palesato il blackout della slava: due errori di troppo ed eccoci al terzo set. C’è vita sul pianeta Paolini, dice lo score. Era spalle al muro ed è sfuggita al plotone d’esecuzione. È destino però che la sua partita sia tutta una salita.
Vekic scatta subito avanti, passa in testa e Jas resta comunque aggrappata per non lasciarla andare via definitivamente. Con un guizzo di classe pura si procura due palle per impattare sul 3-3: ne basta una. “State zitti”, urla rivolta ai box la croata, che ha perso le certezze e non vuole sentire consigli. Sa che deve cavarsela da sola. Piange di rabbia. La risalita dell’italiana dura solo un attimo, la prima di servizio è assente ingiustificata ed è ancora break. Dall’angolo la sprona Sara Errani, l’amica geniale che vorrebbe tanto prestarle il suo rovescio in back: Paolini ha dimenticato negli spogliatori quell’arma preziosa e subisce inerme l’aggressione. Gli schemi sono saltati, la partita è diventata una tonnara di tensione, ansia, terrore. Dalla schiuma emerge l’ennesimo break, stavolta timbrato da Paolini che poi va a servire trovandosi incredibilmente in vantaggio 5-4, dopo due ore e dieci di psicodramma. Continua a spingere e arriva a due palle partita sul servizio della croata, bravissima ad annullarle. Il super tie break è la conclusione logica di una partita terribile e lunga tre ore, chiusa in volata da Jasmine. Il gioco del diavolo ha scelto lei e il suo immenso cuore, condannando la rivale. Spiega il russo Medvedev: “Tra un ace e un doppio fallo c’è lo spazio di un centimetro, che determina la vittoria o la sconfitta. Per questo la gente impazzisce a veder giocare a tennis, per questo noi impazziamo a giocare a tennis”. La morale in fondo è tutta qui.