Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. Il cerchio si stringe sui magnifici otto che si batteranno per il successo nel tempio di Wimbledon: al giro di boa della prima settimana di tennis, a Church Road sta per partire la giostra infernale. Domenica missione compiuta e quarti di finale raggiunti per Sinner e Alcaraz, i ragazzi irresistibili che potrebbero scannarsi nel duello rusticano di una verosimile semifinale: il primo ha superato l’americano Shelton, l’altro ha fatto fuori il francese Humbert. Entrambi confermando il pronostico con qualche patema d’animo, a capo di finali di partita arroventati. Jannik ha dominato i primi due set, concedendo le briciole allo strapotere fisico del rivale: troppo concreto, troppo centrato nei colpi, troppo consapevole della strategia da applicare, ha neutralizzato con straordinaria naturalezza le cannonate che gli arrivavano addosso dall’altra metà campo. Poi, nella terza frazione, il match è cambiato: Shelton s’è fatto tatticamente più accorto, sbagliando meno e variando i colpi, mentre Pel di carota ha messo a referto alcuni errori non forzati di dritto per lui inusuali. Così è stato costretto a rincorrere un game di servizio perduto, riuscendo comunque a issarsi al tiebreak. Lì ha chiuso 11-9 dopo aver annullato, in una trama thriller, quattro set point, fino a portarsi a casa il grazioso regalo offerto dall’americano: un doppio fallo letale, che la dice lunga sulla differente tenuta mentale dei due.
Ma anche Carlitos ha passato un brutto quarto d’ora, anzi 30-40 minuti di patimenti causati da un imprevisto blackout psico-fisico. Vittima di un calo d’energia verticale, ha ceduto in malo modo il terzo set, e forse si sarebbe ritrovato a giocarsi tutto nel quinto se Humbert non avesse commesso due clamorose leggerezze proprio in dirittura d’arrivo. È stato un altro campanello d’allarme, che segue allo squillo perentorio del turno precedente quando lo spagnolo s’è trovato vicino alla clamorosa eliminazione per mano di Tiafoe: l’americano, a due punti dalla vittoria, ha sprecato l’occasione della vita finendo poi con l’essere travolto. Questo per dire che né Sinner – impegnato strenuamente mercoledì scorso dal ritrovato Berrettini – né Alcaraz hanno finora convinto appieno. Certo sono loro il presente e il futuro, ma la strada è piena di curve.
E allora a fari spenti ecco venire avanti il personaggio che fa sorridere definire outsider di lusso: come dice Jannik, se Djokovic scende in campo diventa immediatamente il favorito. Il vecchio zio, l’extraterrestre che ha vinto più di qualsiasi altro – la bellezza di 24 tornei Slam, record imbattibile – nella storia del tennis, ha fatto l’ennesimo miracolo presentandosi al via dei Championships nonostante l’intervento al menisco del 5 giugno. Chiunque al suo posto se ne sarebbe andato al mare con la moglie e i bambini, preparando con calma l’appuntamento agostano delle Olimpiadi. L’uomo di caucciù ha invece messo a punto un piano impossibile di allenamenti, accomodandosi con la ginocchiera nella casella numero due del tabellone: la fortuna l’ha premiato con un sorteggio benigno, concedendogli di entrare gradualmente in forma in vista delle partite che contano. Opposto nei sedicesimi all’erbivoro australiano Popyrin, ha impressionato per scioltezza nei movimenti e padronanza della scena: sono qui per vincere l’ottavo Wimbledon, ha annunciato forte e chiaro. Lunedì però affronterà il primo vero test, ovvero il bad boy danese Rune per il match che vale i quarti di finale. Un tipetto simpatico come le zanzare nelle notti d’estate, ma di grandi doti, che non soffre di complessi d’inferiorità: farà l’impossibile per mettere nello zaino lo scalpo di Nole, può valere la pena puntare un dollaro su di lui.
E poi c’è il mucchio selvaggio degli altri pretendenti al titolo, quelli che ambiscono a un posto d’onore nel box reale e hanno le carte giuste per pretendere rispetto e attenzione. Gente da prendere con le molle come il tedesco Zverev (alle prese con Fritz) o l’aussie De Minaur (se la vedrà con Fils). Una possibile sorpresa verrà fuori dallo scontro fra due attor giovani in cerca d’autore: il carrarino Musetti, baciato dal talento e abbracciato dall’incostanza, e la rivelazione francese Mpetshi Perricard: un bombardiere nero che di nome fa Giovanni, capace di tirare missili scud di servizio come certificano i 105 ace messi a segno nei primi tre match. Ne restano due da aggiungere alla lista. Il primo è l’americano Tommy Paul, che affronterà Alcaraz: nei confronti diretti stanno 2-2, è prevedibile un sostanziale equilibrio al di là del ranking. Il secondo è lo scacchista Medvedev, detto Dostoevskij, che martedì sul center court proverà a scardinare le certezze di Sinner. Il numero uno al mondo, dopo aver perso sei partite consecutivi contro il russo, ha infilato una serie di cinque successi – l’Australian Open a gennaio è stato il più prestigioso. La tendenza sembra chiara, eppure “non tutto si può controllare nel tennis” ammonisce saggiamente il nostro ragazzo meraviglia. Che la festa cominci.