Promossi col brivido. Pareggio all’ultimo respiro con un sontuoso gol di Zaccagni. Che ci evita nelle prossime ore il tormento del possibile ripescaggio nel lotto delle quattro migliori terze dell’Europeo. E il pericolo di un avversario probabilmente più insidioso della Svizzera che affronteremo sabato agli ottavi.
Risultato meritato. Perché siamo riusciti a rimanere concentrati sull’obiettivo, senza cadute di tensione, anche quando l’orologio ci concedeva ormai una sola chance. E perché se è vero che per buona parte del primo tempo la Croazia ci aveva stretto all’angolo con le sue fitte geometrie di palleggio alla lunga, dopo il gol di Modric, l’Italia ha dominato mostrando una capacità di reazione e una forza di carattere che lasciano ben sperare. E se è vero che come contro la Spagna Donnarumma si è esibito in interventi prodigiosi (fra cui addirittura un rigore parato proprio a quel Modric che con un gol rocambolesco ha solo un minuto dopo rimediato) anche nella prima frazione abbiamo sfiorato il vantaggio in un paio di occasioni.
E’ la prima volta, sotto la gestione Spalletti, che non perdiamo contro una grande (in precedenza ci avevano battuto sia l’Inghilterra che la Spagna). Indubbiamente un segnale di crescita pur tenendo conto che la Croazia appartiene sì di diritto all’élite del calcio planetario (terza ai mondiali in Qatar, seconda in quelli in Russia) ma oggi appare un po’ imbolsita a causa dell’invecchiamento dei suoi fuoriclasse.

E’ un’Italia ancora in rodaggio. Volitiva ma un po’ pasticciona. Una squadra che assimila lentamente i concetti tattici con cui Spalletti rese grande il Napoli scudettato. Un po’ distratta a volte in difesa come nell’episodio del gol di Modric, lasciato libero in area di rigore. Più ordinata e creativa ma non sempre lucida nello sviluppo della manovra a centrocampo. Spesso imprecisa nell’esecuzione dell’ultimo passaggio. E poco incisiva davanti, sia con l’assetto tattico a una punta (Retegui) che con due (l’inserimento di Scamacca). In compenso Chiesa con i suoi scatti e i suoi cross ha riscattato la scialba prova contro la Spagna. Per il prosieguo può essere lui una terza certezza. A fianco di Donnarumma e Barella, i perni consacrati di questa Nazionale.
Gli affanni di una qualificazione strappata solo all’ultimo secondo non dovrebbero lasciare conseguenze. E’ successo altre volte in passato che gli azzurri si sciogliessero solo nei confronti diretti. Ai mondiali vinti in Spagna nell’82 quando in un diluvio di critiche passammo alla fase dei quarti solo dopo uno stentato pareggio con il Camerun. Ai mondiali del ’94 negli Stati Uniti (perdemmo la finale ai rigori contro il Brasile) quando acciuffammo per un soffio la qualificazione.
Agli ottavi si azzera tutto. La prospettiva del dentro-fuori (con la Croazia c’era pur sempre il teorico salvagente del terzo posto) moltiplica tradizionalmente le forze degli azzurri. Certo, la Svizzera non è un avversario comodo. Nel confronto con la Germania, che se non altro per il fattore campo è nel lotto delle favorite, è stata raggiunta solo all’ultimo minuto. Ma è un ostacolo alla nostra portata. E in ogni caso già l’accesso agli ottavi salva l’onore in questa avventura tedesca.

Un’eliminazione immediata già nella fase dei gironi avrebbe prodotto contraccolpi psicologici. Un comprensibile senso di scoramento, oltre che un declassamento nel rating, al cospetto di un esperimento abortito al primo tentativo. Il presidente della Federcalcio Gravina, mettendo forse le mani avanti, aveva ribadito alla vigilia che l’orizzonte di questa Nazionale in ricostruzione è il mondiale negli Usa del 2026. Bisogna concedere tempo a un tecnico sicuramente capace, che ha però un bacino di selezione molto limitato dalla presenza massiccia degli stranieri nel nostro campionato. E con l’handicap per giunta di un settore giovanile che, puntando sui risultati immediati nei tornei internazionali degli “under”, privilegia le scorciatoie dell’astuzia tattica sulla libera espressione del talento tecnico.
Perlomeno sabato potremo affrontare la Svizzera con maggiore serenità. Mettendo in preventivo anche una sconfitta che non sarebbe un dramma. Se poi gli azzurri dovessero un’altra volta sorprenderci, eliminando o attenuando parte degli attuali difetti, chissà, potremmo andare anche molto lontano. Siamo più deboli tecnicamente delle favorite. Ma in quanto a carattere, qualità fondamentale negli scontri diretti, non siamo inferiori a nessuno.