Lui, la sensazione di sconfitta in Australia, probabilmente non se la ricordava nemmeno più. Erano 33 le vittorie consecutive a Melbourne di Djokovic, che delle ultime 100 sfide ne aveva perse soltanto otto.
Tutto partì nel 2008, quando poco più che ventenne il serbo raggiunse la prima finale sui campi blu e iniziò la striscia di successi che lo ha portato, oggi, ad avere 24 Slam in bacheca, il record di settimane al numero 1 in classifica, di Master 1000 vinti e anche di successi alle ATP Finals.
Ci è voluto a Jannik Sinner per chiudere un cerchio, surclassando Nole in quattro set con un punteggio imperativo (6-1; 6-2; 6-7; 6-3) e raggiungendo la finale nella terra dei canguri: è il primo italiano di sempre a riuscirci.
Sinner di anni ne ha quasi 23, è il numero 4 del ranking e dalla fine dello scorso anno, quando perse quel quarto di finale infinito in cui il caldo di New York e qualche crampo lo costrinsero a cedere contro Alexander Zverev, sembra essergli scattato qualcosa.
Da settembre ad oggi le statistiche dell’altoatesino sono impressionanti, ma ancor più notevole è la sensazione che dà quando gioca. Quella di essere in controllo, di sapere quando spingere con quei fondamentali che fanno malissimo e anche quando aspettare, snaturando una predisposizione che lo porterebbe sempre all’attacco. Questa notte Djokovic non ere nella sua forma migliore, bisogna riconoscerlo, ma questo nulla toglie alla prestazione di Jannik.
Come già notato agli US Open, il miglioramento più evidente nel suo pacchetto tecnico è il servizio. Contro Djokovic, il miglior ribattitore che il tennis abbia mai visto insieme ad Andre Agassi, ha messo a segno 9 ace e un’incredibile percentuale di punti vinti con la prima: 83%. Numeri che spiegano tanto, soprattuto se si osservano i 198 chilometri orari di media al servizio e si ricordano le difficoltà che Sinner aveva fino a poco tempo fa con il colpo di inizio gioco.
L’ultimo dritto vincente lungolinea su cui Djokovic non è riuscito ad arrivare è un bel riassunto di come la partita sia andata. Quando Jannick chiude il match, Nole gli corre incontro e lo abbraccia. Gli dice qualcosa all’orecchio, probabilmente qualche complimento, e Jannick sorride composto dopo aver portato le braccia al cielo.
È felice perché sa di aver completato un’impresa di quelle che si ricorderanno a lungo, ma ben consapevole che per coronare il sogno manchi ancora un tassello. Sarà infatti Daniil Medvedev a frapporsi fra lui e il titolo. Il russo in finale a Melbourne ci è già arrivato e anche per lui sarà difficile dimenticare quel giorno.
Era il 2022, due anni fa, aveva da poco vinto gli Us Open e dall’altra parte della rete c’era un Rafa Nadal che molti davano per miracolato. Lo spagnolo mancava in finale a Melbourne dal 2017, in quel torneo dal sapore retrò dove vinse Roger Federer e dove la finale femminile vide un revival dello scontro vintage tra le sorelle Williams, Venus e Serena.
Medvedev in quella sera di gennaio era favorito e per due ore dominò senza problema una partita che non dava alcuno spunto di interesse. Conduceva 6-2 7-6 3-2 40-0, aveva la vittoria in tasca, ma in quel momento Nadal decise di fare il Nadal e Medvedev si vide strappare le coppa dalle mani.
Avrà quindi tanta voglia di rivincita, sopratutto dopo essere arrivato all’ultimo atto battendo Zverev in rimonta da 2 set di svantaggio.
Se battere Djokovic, per Sinner, è stato difficile, ripetersi con Medvedev lo sarà ancora di più. Non tanto per il gioco (il russo è un attendista di vocazione che permetterà a Sinner di prendere il controllo e spingere da fondocampo), quanto più per la pressione di essere l’uomo che tutti vogliono veder trionfare.
Il mondo del tennis si aspetta la sua vittoria e nello sport, molto spesso, è la pressione il nemico più difficile da battere. Con Medvedev sarà importante non perdere la pazienza e sfruttare gli errori tattici che spesso, sulla lunga distanza, il russo commette.