Ognuno di noi, parlo per chi ha vissuto quella magia calcistica e umana, porta con sé un ricordo di Diego Armando Maradona, che già da piccolo sapeva chi sarebbe diventato nel calcio.
Diego ha amato Napoli, la sua gente, e la maglia della squadra. Forse noi quell’amore non lo abbiamo ricambiato abbastanza. Dovevamo proteggerlo? Non lo so. So che la notte dell’acquisto di Maradona, la città non dormì. Poi arrivò la notizia e davanti a uno Stadio gremito, Diego fu accolto dal pubblico napoletano. Fu un delirio.
Con Diego arrivarono scudetti e riscatti socioculturali. Le famiglie andavano allo stadio. Il primo scudetto fu qualcosa di irripetibile. Anche questo scudetto magico, il terzo, ci ha dato emozioni, ma allora c’era Diego e campioni che seguivano l’unico Capitano in campo: El Pibe de Oro.
La prima volta che l’ho incontrato è stato a un festa, quella sera fui faccia a faccia con due miti: Gianni Minà e Diego Armando Maradona. Se ne è andato nello stesso giorno del leader maximo, aveva El Che tatuato sul braccio, è stato politicamente impegnato come mai nessun calciatore al mondo.
È stato anche merce dell’industria culturale. Diego ha mostrato una maglietta con su scritto Stop Bush, e durante il suo comizio, Chávez lo ha invitato a parlare davanti alla folla e Diego ha detto: “L’Argentina ha dignità. Cacciamo Bush”.
Penso ai gol di Maradona che sono storia del calcio. Penso alla partita contro l’Inghilterra, quella partita che riscatta la sua Argentina in un momento difficile, e quei due gol, la mano de dios e l’altro: in 10 secondi scarta 6 avversari, cade, si rialza e segna il gol più bello del mondo.
Grazie Diego, per averci amato. Non hai fatto il napoletano lo sei stato, e se hai sbagliato tanto, sei stato semplicemente un uomo. Ci hai insegnato una cosa importante: sognare, rialzarsi e ricominciare.