Alla fine, Luis Rubiales si è dimesso dal posto di presidente della Real Federazione spagnola di calcio (RFEF), dopo venti giorni di pressioni: era il 20 agosto quando, la notte in cui le giocatrici spagnole hanno vinto il Mondiale in Australia, ha stampato un bacio sulla bocca dell’attaccante Jenni Hermoso durante la premiazione, tenendole ferma la faccia con le mani, davanti alle telecamere del mondo. Le celebrazioni per il successo storico della Nazionale da allora sono state oscurate dalle polemiche, e da una rivolta che ha messo in luce i tanti aspetti machisti del mondo del calcio.
Jenni Hermoso interpellata dai giornalisti aveva subito detto che il gesto “non le era piaciuto”. Ma in mezzo alla gioia della vittoria, era stata vista festeggiare esultante. La Federazione ha pubblicato un comunicato in cui lei stessa minimizzava; senza il suo consenso, ha detto poi Hermoso, che ha emesso un suo comunicato di protesta e poi ha presentato denuncia. Ci sono volute quasi tre settimane perché Rubiales accettasse la sconfitta, sebbene attaccato dal governo spagnolo di Pedro Sanchez, dalla Fifa, dalle Nazioni Unite e da innumerevoli calciatori e calciatrici sia spagnoli che di altri paesi – fra cui l’americana Megan Repinoe. Cinque giorni fa, l’allenatore della squadra vincitrice, Jorge Vilda – suo stretto alleato – era stato esonerato. In serata la ministra del lavoro Yolanda Diaz ha celebrato su X: “Il paese femminista avanza sempre più in fretta. La trasformazione in meglio delle nostre vite è inevitabile. Siamo con te, Jenni, e con tutte le donne”. Ancora più sintetica la ministra per le pari opportunità Irene Montero: “Se acabò” ha scritto usando lo slogan di questa rivolta, “È finita”.
Rubiales continua a dire che il bacio era consensuale, puro, nato sull’onda dell’esultanza, e che si è dimesso solo per opportunità; ma adesso c’è un’inchiesta in corso della polizia, di un tribunale sportivo e della Fifa. E quindi come si è arrivati a questo punto, e cosa ci dice questa storia – che parla, fra le altre cose, di cosa significhi ‘consenso’?
Che Rubiales avesse atteggiamenti machisti è apparso evidente durante la partita anche a chi non lo conosceva, quando, esultando, si è afferrato i genitali – sempre bene in vista di telecamere, e nella tribuna reale accanto alla regina Letizia e a una Infanta; poco elegante e spia di tutto un pensiero. Ma la rivolta viene da lontano. Nel 2002, 15 giocatrici si rifiutarono di giocare con l’allenatore Vilda, accusato di angherie e gestione tirannica (inclusa la pretesa che le porte delle camere delle atlete fossero sempre socchiuse di notte per controllarle). Chiedevano più attenzione per il loro benessere: sul campo ma anche da parte della Federazione, e il riconoscimento che le atlete sono trattate come ruote di scorta nel calcio.
Rubiales qualche giorno dopo lo scoppio della rivolta si era presentato davanti alla Federazione parlando di “assassinio social”, dichiarando in un lungo discorso ben 5 volte “non mi dimetto”. E in effetti essendo la Federazione un ente privato, nessuno aveva il potere di cacciarlo se non la Federazione stessa. Ma quel discorso, molto criticato sui giornali e dal governo, era stato invece parecchio applaudito in sala – anche da Jorge Vilda. Sui 140 membri dell’assemblea generale della RFEF, solo 4 sono donne.

Fra gli altri eventi a cascata: la madre di Rubiales, Angeles Bejar, si era chiusa in una chiesa in sciopero della fame a difesa del figlio. Ma la rivolta ha avuto successo anche grazie al supporto dei colleghi uomini. L’ex centrocampista della nazionale maschile, Andres Iniesta, ha parlato di “un presidente che non ha ammesso il suo comportamento inaccettabile, danneggiando l’immagine del paese e del nostro calcio”. Oltre 80 atleti spagnoli avevano detto che non sarebbero tornati in nazionale se Rubiales non se ne fosse andato; fra loro l’attaccante del Real Betis Borja Iglesias, “se le cose non cambiano”.
Lo slogan tanto usato sui social in queste settimane, “se acabò”, “è finito”, allude proprio al consenso. È finito, dice, il tempo in cui un uomo più o meno potente si ritiene in diritto di disporre in qualche misura del corpo di una donna, aspettandosi che lei reagisca con il sorriso: in fondo, Jenni Hermoso avrebbe potuto far passare tutto come uno scherzo. È finite il tempo di tollerare. Eppure, da una prospettiva italiana, due cose saltano all’occhio: che lo scandalo è scoppiato grazie ai giornali e alle tv spagnole che hanno immediatamente zoommato sul comportamento di Rubiales; e che l’ormai ex presidente della RFEF probabilmente è sincero quando si proclama innocente. Non ha capito cosa non andasse nel suo gesto: un bacetto, ha detto e ripetuto, “come lo avrei potuto dare a mia figlia”.
La denuncia di molestia sessuale depositata da Hermoso potrebbe costare a Rubiales da una multa a quattro anni di carcere; un giudice dell’alta corte dovrà decidere se accettarla o archiviarla, e se accettata, le indagini preliminari decideranno se il caso andrà in tribunale. Per le giocatrici spagnole però l’obbiettivo verosimilmente non è vedere Rubiales in carcere, ma cambiare aria nel mondo del calcio.
Intanto, in Italia, da venerdì il nuovo allenatore della Nazionale femminile di calcio – a sostituire Milena Bertolini – si chiama Andrea Soncin (affiancato da Viviana Schiavi). Non c’è motivo per cui un uomo non posso allenare donne; ma quando ci sarà una donna ad allenare gli uomini?