Si chiama Pagliuca come il celebre portiere, ma è uno a cui piace andare a segno: l’ultima prodezza del finanziere italoamericano Stephen Pagliuca è infatti l’ingresso nelle file societarie dell’Atalanta, la cenerentola bergamasca del calcio italiano passata nel giro di pochi anni dai bassifondi della classifica al quartetto di testa e ai quarti di finale di UEFA Champions League.
Risultati sportivi che derivano da una gestione oculata e meticolosa, frutto a loro volta di una filiera virtuosa che parte dal patron miliardario Antonio Percassi e arriva fino all’esperto allenatore Gian Piero Gasperini.
Una favola di cui è stato scritto un nuovo capitolo lo scorso sabato, quando la dirigenza della Dea ha ufficializzato “la sottoscrizione di un accordo di partnership tra la famiglia Percassi e un gruppo di investitori capitanati dal businessman Stephen Pagliuca”.
Pagliuca e soci hanno rilevato il 55% de La Dea Srl, la sub-holding della famiglia Percassi detentrice dell’86% del capitale sociale dell’Atalanta, corrispondendo all’attuale proprietario una cifra superiore ai 400 milioni di euro.
I fratelli Antonio e Luca Percassi manterranno le rispettive cariche di presidente e amministratore delegato dell’Atalanta, rimanendo inoltre gli azionisti di maggioranza, mentre Pagliuca subentrerà come co-proprietario.
Lo scopo dell’operazione, si legge nella nota pubblicata sul sito ufficiale della Dea, è quello di aumentare “la notorietà del brand al di fuori dei confini europei, ampliando la rete di talenti a cui l’Atalanta ha accesso ed aprendo le porte a nuove opportunità di collaborazioni commerciali oltre che all’utilizzo di tecnologie innovative per la gestione, sportiva e finanziaria, del club”.
Chi è Pagliuca, il bostoniano “abruzzese” nato a Brooklyn
Stephen Pagliuca non è certamente l’ultimo arrivato in materia di investimenti: è infatti il co-presidente di Bain Capital, una società di private equity con sede a Boston, il cui fatturato si aggira sui 120 miliardi di dollari e il cui portafoglio include assets per 155 miliardi.
Nato a Brooklyn nel 1955, “Steve” è figlio della cantante newyorkese Janet Woods e del veterano di guerra Joe Pagliuca, a sua volta erede di abruzzesi emigrati in America.
Trascorre parte della sua infanzia nella comunità di Basking Ridge, in New Jersey, prima di trasferirsi in North Carolina per studiare alla Duke University. Non solo per studiare, a dire il vero, dato che il giovane Stephen è anche appassionato di pallacanestro e milita per un po’ nella squadra universitaria delle matricole.
Capisce però di avere più talento nel business che sul parquet, e quindi a 27 anni consegue un MBA alla prestigiosa Harvard Business School, che gli spiana la strada nel mondo degli affari.
Dopo anni di esperienza nel settore della consulenza strategica e della fiscalità internazionale tra USA e Paesi Bassi, Stephen entra nella Bain & Company di Boston, e più tardi decide di specializzarsi nelle attività di private equity approdando alla Bain Capital (società differente rispetto alla Bain & Company), di cui scala velocemente le gerarchie fino ad esserne nominato co-presidente nel 2016.
Il successo negli affari non scalfisce però l’amore per la palla a spicchi: Pagliuca è infatti dirigente e membro del comitato esecutivo dei Boston Celtics e siede nel CdA della National Basketball Association a stelle e strisce (NBA).
Rimanendo in ambito sportivo, Pagliuca è stato inoltre uno dei principali promotori della candidatura di Boston ad ospitare i Giochi olimpici estivi del 2024 – che però il CIO ha deciso di assegnare a Parigi.
Per lui, infine, anche un tentativo di discesa in politica sotto l’insegna del Partito Democratico, con cui ha provato a candidarsi al Senato nel 2009 ma senza successo.
La Serie A parla “americano”
Con l’ingresso di Pagliuca nell’Atalanta, ammontano a otto le società di Serie A finite in mano a investitori d’oltreoceano: il Milan, gestito dall’hedge fund newyorkese Elliott; la Roma del texano Dan Friedkin; la Fiorentina dell’imprenditore italoamericano Rocco Commisso, già presidente dei New York Cosmos; il Genoa del fondo 777 Partners di Miami; lo Spezia del virginiano Robert Platek; il Venezia del finanziere newyorkese Duncan Niederauere, e infine il Bologna del magnate caseario italo-canadese Joey Saputo.
In Serie B hanno invece una proprietà americana il Parma di Kyle Krause e la Spal dell’avvocato newyorkese Joe Tacopina.
Considerata la proprietà cinese dell’Inter (gruppo Suning), le uniche grandi società calcistiche pienamente italiane tra le prime 5 in classifica rimangono così il Napoli di Aurelio De Laurentiis (attraverso la Filmauro) e la Juventus della storica famiglia Agnelli (attraverso la Exor).