Il gioco più bello del mondo, da qualsiasi latitudine del mondo lo si voglia guardare, a marzo si è fermato per la pandemia: il Covid-19 ha messo a tacere stadi e tifosi. Tutti a casa tra campi vuoti, scuole calcio chiuse, dilettanti senza stipendio e tanto silenzio. Via il boato dalle curve. Mentre l’Italia oggi discute su come riavviare il calcio, alla Voce di New York facciamo una riflessione con un grande campione, un calciatore a cui sono grata come milioni di tifosi napoletani del mondo per lo Scudetto vinto con gli Azzurri di Maradona.

Il campione è Andrea Carnevale, oggi dirigente dell’Udinese, un uomo che non ha mai dimenticato i suoi inizi, la sua “Monte San Biagio e Fondi”, i primi calci al pallone dai dilettanti fino allo scudetto del Napoli di Maradona. Una grande umanità che trasuda dalle sue parole. Indossare una maglia ha tanti significati, e restare con i piedi per terra quando 100.000 tifosi esultano al gol dello scudetto, non deve essere facile perdere il senso della realtà e sentirsi a un metro sopra il cielo. Andrea Carnevale, quella maglia azzurra l’ha più che onorata perché oltre la grande gioia di sentire il calore dei tifosi e le vittorie calcistiche, l’ex bomber azzurro, è un professionista del calcio, è un uomo attento alle dinamiche sociali. Lo dimostra il fatto di essere molto vicino alle squadre dilettantistiche e delle serie minori: sono tantissimi i calciatori semi-dilettanti che, causa Coronavirus, sono quasi senza stipendio. La gavetta parte proprio da questi settori e Carnevale di quella esperienza ne ha fatta tanta. E in un mondo dorato come quello del calcio, avere a cuore i calciatori “invisibili” rappresenta un valore umano importante, perché non si è campioni soltanto in campo.

Ma come sta cambiando il calcio che oggi, secondo un sondaggio, perde circa 9,2 miliardi di valore di mercato? E cosa sta accadendo per la ripartenza Fase 2? E il Campionato?
Considerato l’emergenza Coronavirus in Italia ancora in corso, secondo Lei sono giuste le pressioni al Ministro dello Sport Spadafora per riprendere e concludere il Campionato di Serie A?
“Da addetto ai lavori, da dirigente le trovo giustificate. In momento così complesso, la ripresa del campionato potrebbe rappresentare un momento di spensieratezza e di “sollievo” per il nostro Paese. Detto questo dobbiamo fare i conti con questo bruttissimo virus e dobbiamo attenerci scrupolosamente alle indicazioni che ci vengono fornite dagli esperti e dal Governo. Il calcio potrà riprendere se e solo se sussisteranno le giuste condizioni”.
In Francia la decisione “tranchant” è di chiudere i battenti al calcio: secondo lei come si regolerà la Bundesliga?
“La Francia ha preso una decisione forte con grande autorevolezza. La Germania ha lanciato un messaggio diverso, é stata un esempio positivo di voglia di ripartire, un monito di forza e di speranza. Certo anche un Paese e un campionato ben strutturato e organizzato come quello tedesco dovranno comunque gestire la difficile situazione del virus”.

Amarcord: di tutte le squadre in cui ha lavorato, sia come calciatore che come dirigente, quale esperienza le è rimasta nel cuore?
“Lo scudetto del Napoli. Un successo e un traguardo senza tempo, una gioia e una emozione senza eguali. Noi, io assieme ai miei compagni dell’epoca, siamo la storia del Napoli. Abbiamo regalato una emozione a una città e un popolo straordinario. In quella squadra ognuno ha reso forte l’altro, ognuno é migliorato grazie all’altro. La gioia dello scudetto é qualcosa di eterno, non é solo un nome su un almanacco, é una emozione che mi porto e porterò sempre dentro di me”.
Le sue origini, la sua carriera calcistica dal Napoli alla Nazionale parte dalla sua Monte San Biagio: che ricordo ha?
“Ricordo l’appartamento dove vivevo ed il fatto di mangiare regolarmente. A Monte San Biagio, dove vivevo, avevo perso i miei genitori, la situazione a casa mia, non l’ho mai nascosto, non era delle migliori. E a Latina e Fondi devo tutta la mia carriera, mi ha fatto crescere come uomo e come calciatore, sono due città che porterò per sempre nel mio cuore”.

Non ha dimenticato i calciatori dilettanti e ha sostenuto questa categoria.
“E’ giusto che debba sopravvivere anche questa categoria, non solo il Calcio di serie A e di Serie B. Sono amico di Cosimo Sibilia, Presidente della Lega Nazionale Dilettanti e mi rendo perfettamente conto della sofferenza enorme di che questo settore. Ho letto che ci vorrebbero più di 400 milioni per sostenere le varie categorie e, ritengo che soltanto la Federazione e il Coni potrebbero possono fare qualcosa di concreto. Mi auguro di tutto cuore che il tutto sia possibile”.
Andiamo al campionato: quest’anno la Juventus non ha dominato come negli anni scorsi…
“Ma ritengo che ci siano molti aspetti che vadano toccati, se guardiamo la classifica i bianconeri sono ancora primi. Non hanno il vantaggio dello scorso anno proprio perché Inter e Lazio si sono rinforzate e hanno avuto un rendimento solido e costante fino alla sospensione della competizione. Il passaggio da Allegri più concreto e cinico a Sarri più esteta e cultore del calcio ha senza dubbio inciso nella testa dei calciatori e nella maniera di impostare partite e allenamenti. La mancanza del leader difensivo Chiellini, giocatore forte, leader autorevole della difesa, capitano della Juve e della nazionale italiana si é fatta sentire”.
Simone Inzaghi vero leader coach in Italia?
“Gli voglio fare i miei complimenti perché in queste stagioni é cresciuto molto. Sa gestire bene il gruppo, propone un calcio concreto, la sua squadra ha dei concetti e delle identità di gioco ben definite. Ha grandi capacità manageriali e in una piazza come Roma, in cui le pressioni sono fortissime, si sta affermando con continuità e personalità”.

Gattuso, secondo lei rappresenta il futuro del Napoli?
“Si. Aldilà della carriera da grande calciatore che ha avuto l’ho apprezzato sin da subito quando era allenatore del Pisa. Nel contesto della serie B, con una squadra onestamente mediocre, emergevano già competenze e organizzazione. Non era facile subentrare a Napoli in una situazione davvero complessa. Gara dopo gara si sono notati dei miglioramenti, l’innesto di Demme a gennaio ha garantito maggiore equilibrio e ha permesso anche di esprimere meglio quella che è la sua idea di calcio. Infatti la squadra é passata dal tredicesimo al sesto posto in classifica. Peccato che la sosta sia arrivata proprio sul momento più bello degli azzurri. Lo paragono un pò a Bianchi. Gattuso é più fumantino e ruspante, Bianchi più introverso ma sono comunque grandi leader”.
Chi è oggi il vero leader della squadra azzurra?
“In questa stagione non ha brillato nessun calciatore. Direi Mertens che é diventato il record men di gol con la maglia azzurra nonostante una sua prima parte di stagione complicata. Zielinski é cresciuto molto. Una mia piccola considerazione da dirigente, senza entrare troppo nelle dinamiche decisionali del Napoli, io però non mi priverei in futuro di un ragazzo che conosco molto e che ha un grande potenziale quale é Alex Meret”.
Ronaldo pensa che lascerà l’Italia?
“Stupisce per la voglia che ha di vincere, di continuare a volere dominare la scena calcistica mondiale, di proseguire nel suo percorso di crescita. E’ un esempio di professionalità, un grandissimo campione ma ci tengo a precisare che non sarà mai come il 10 più forte della storia : Diego Maradona. A 35 anni però é ancora determinate e decisivo. Credo che non lascerà il nostro Paese”.

A parte quelle in zona retrocessione, quale squadra l’ha delusa di più quest’anno?
“Delle grandi direi la Roma anche se non parlerei di “delusione” a tutti gli effetti. Diciamo che la squadra aveva delle potenzialità importanti, tanti campioni e giocatori di prima fascia. I tanti infortuni hanno però impedito ai giallorossi di trovare continuità nelle prestazioni e il rendimento così é stato altalenante”.
Il calcio fermo significa il blocco di un’attività economica enorme…
“Il mondo del calcio é un indotto importante nel quale lavorano centinaia di migliaia di persone. E’ un’industria significativa per il nostro Paese che purtroppo ha risentito e risentirà in futuro di questa crisi. Speriamo che la ripresa economica possa ripartire proprio dal calcio offrendo a tante realtà una possibilità di reagire e di trovare nuova soluzione su come e dove investire”.
Per chiudere da tifosa del Napoli che ha vissuto quel Napoli, che quel giorno allo stadio San Paolo di Napoli-Fiorentina, era ad esultare tra i centomila al suo gol per lo scudetto… Lei cosa ha provato?
“Una goduria, centomila sugli spalti. Indimenticabile”.
Già, partita indimenticabile. Ho i brividi e l’immagine nitida del San Paolo, e il gol di Carnevale, la cronaca di Bruno Pizzul. Gli ultimi minuti sembravano infiniti, tutti con il fiato sospeso e i calciatori del Napoli e della Fiorentina che si passavano la palla contando i secondi in attesa del fischio fine-partita dell’arbitro. Il resto è storia. Correva l’anno 1987. Oggi ci manca quell’urlo del San Paolo e degli stadi di tutto il mondo. E quei ragazzini sudati, con le maglie dei propri idoli che felici giocano al calcio ma, come dice Carnevale, fortemente speranzoso: “Avremo tanti campi pieni di ragazzini che ritorneranno a correre dietro un pallone”.
Parola di bomber!