Da buon contadino Luciano Spalletti sa che per avere un’ottima mietitura occorre seminare bene. Del resto, lui, nato a Certaldo, il paese di Giovanni Boccaccio, è un allenatore bucolico, un uomo di calcio che ama il contatto con la sua terra. Le vigne e gli uliveti della tenuta di Montespertoli, nella campagna toscana, li cura personalmente. A Trigoria, nella sua precedente esperienza romana, ricordano ancora quando si mise a tagliare rami dal centro sportivo. Con la stessa cura, Lucio – come è chiamato dagli amici – ha lavorato, da luglio, alla ricostruzione della tenuta Inter. Pochi innesti (Skrinaia, Borja Valero e Vecino), e qualche pianta sradicata (Kondogbia, Banega, Medel e Murillo), il resto è stato un lento e continuo lavoro di bonifica e amorevole accudimento. Qualcuno ricorderà come quest’estate, in un campo di montagna, difese energicamente il suo Andrea Ranocchia dagli insulti di un tifoso (“non ridere, altrimenti si viene fuori e ti si fa vedere che siamo come te”). Un Ranocchia che ieri, nella partita vinta per 5-0 contro il Chievo, è stato uno dei migliori in campo. E, allo stesso modo, Spalletti ha recuperato Davide Santon, ieri alla sua centesima presenza in nerazzurro. Qualcun altro ricorderà i tormenti estivi di Ivan Perisic, desideroso di giocare in Premier League con il Manchester United. Il croato ha siglato la sua prima tripletta italiana e confessato come l’allenatore sia stato decisivo per la sua permanenza a Milano. Quell’allenatore che lo invitava ad essere più letale vicino alla porta, perché ha le qualità per essere “devastante nella riservina, dietro la punta, dove c’è l’animale buono da cacciare”. Si può aggiungere la maturazione di Mauro Icardi, chiamato dall’allenatore di Certaldo, anche a compiti di copertura. Oggi il suo “serpentesco” centravanti guida la classifica capocannonieri con 16 reti in 15 gare,
È incredibile la metamorfosi di una squadra che lo scorso anno, di questi tempi, aveva collezionato già 6 sconfitte nelle prime 15 partite. Spalletti è un affabulatore, un uomo capace di evocare scenari, in grado di prendersi tutto il peso delle aspettative sulle spalle e lasciare liberi i suoi giocatori. Come faceva Mourinho, anche se lui rifiuta il parallelismo: “Questi paragoni con Mou non stanno né in cielo né in terra. Io sono differente anche solo per quanto ha vinto lui. Il ricordo suo e di Moratti è una bellissima scultura, noi abbiamo comprato lo scalpellino ma ancora dobbiamo modellare tante cose”.
E il prossimo turno vedrà l’Inter di Spalletti andare a far visita alla Juventus a Torino, dove troverà una squadra in salute e su di giri dopo il successo esterno sul Napoli. Allegri ha ritrovato il suo Higuain ed è tornato a vestire i panni del favorito.
Da registrare anche il primo punto in campionato conquistato in maniera fiabesca dal Benevento, con un gol di testa del suo portiere Alberto Brignoli. Rete al 95* nell’ultimo assalto finale contro il Milan del neoallenatore Rino Gattuso.