Scontro d’alta classifica quello giocato ieri allo Stadio Olimpico di Roma: Lazio-Napoli, infatti, non metteva in palio solo tre punti ma anche il terzo posto valevole la possibilità di giocare i preliminari della prossima Champions League. Il Napoli, terzo in graduatoria con 64 punti, con una vittoria avrebbe definitivamente spento i sogni di gloria della squadra biancocelste, lontana solo 4 punti proprio dai partenopei.
Premesse importanti, quindi, per il match clou della 31° giornata della Serie A che, noi de La Voce di New York, abbiamo vissuto al ristorante “Via della Pace”, ritrovo ufficiale del Lazio Fan Club NYC ‘Giorgio Chinaglia’. Il locale, molto apprezzato nella zona per la spiccata vocazione romanesca di diversi suoi piatti e non solo, è situato al 48 E della 7th Street, nell’East Village di Manhattan, e per ironia della sorte, si trova a pochi minuti di distanza dal covo dei tifosi napoletani, quel “Ribalta” dal quale abbiamo vissuto la scorsa domenica la super sfida Napoli-Juventus, terminata 1-1.
Il proprietario del ristorante, nonché uno dei fondatori del Lazio Club, Giovanni Bartocci, ci accoglie in un tripudio di magliette e sciarpe biancocelesti e fin da subito, nonostante manchi ancora mezz’ora all’inizio della partita, si intonano orgogliosamente cori a favore della Lazio e sfottò contro la Roma, eliminata pochi giorni fa in semifinale di Coppa Italia: dal classico “Chi non salta giallorosso è”, si passa al “La stella d’argento eeh ooh”, coro che ironizza sull’inseguimento a vuoto della squadra giallorossa alla “stella d’argento”, simbolo che rappresenta il raggiungimento delle 10 vittorie della Coppa Italia ( la Roma, ferma a quota 9, ha perso la possibilità di fregiarsene nel 2013, venendo sconfitta proprio dalla Lazio.. casi del destino…).

“La differenza fra noi e loro è tanto sottile quanto importante: i romanisti proclamano sempre di vincere tutto ad inizio stagione, non concretizzando mai niente e rimanendo a mani vuote a maggio. Noi laziali, invece, siamo gente con i piedi per terra, più umili e meno spavaldi rispetto ai nostri ‘ cugini'” tende a precisare William, un ragazzo di Roma, in visita turistica nella Grande Mela.
Il derby è sempre il derby, con tutte le sue sfaccettature, specialmente in una città come Roma e, a quanto pare, la forte rivalità che ne consegue non conosce limiti di latitudini e fusi orari. “Il mio amore per la Lazio è viscerale. Quando, prima di venire qua a New York, vivevo a Londra, ogni volta che potevo prendevo il primo aereo ed andavo in Curva Nord a seguire la mia squadra. Domenica ero allo stadio ed il lunedì mattina ritornavo in Inghilterra” ci rivela il proprietario del ristorante.

È tutto pronto per l’inizio della partita e, non appena le squadre scendono in campo, il “Via della Pace” intona, con decine di sciarpe biancocelesti al vento, l’inno della Lazio, mentre Bartocci, con un megafono, dirige il tutto quasi come un capo ultras all’Olimpico. In effetti, ammirando la moltitudine di sciarpe e bandiere laziali e l’orgoglio con il quale vengono scanditi decine di cori a favore dei propri beniamini, il ristorante potrebbe esser denominato anche il Little Curva Nord di NY. La Lazio parte subito bene e cerca di spaventare il Napoli: un tiro al volo di Milinkovic-Savic, deviato da Koulibaly, per poco non beffa Reina. La superiore qualità dei giocatori partenopei esce però ben presto allo scoperto ed infatti, dopo una fase di gioco abbastanza statica, al 25’ il Napoli passa in vantaggio con Callejon che, grazie ad un preciso cross rasoterra di Hamsik, deve solo appoggiare in rete a porta sguarnita il comodo 0-1. Il gol subito non fa perdere speranza e coraggio nella Little Curva Nord newyorkese: infatti, nonostante un primo momento di assoluto silenzio, i cori riprendono incessanti. Insigne, ad una manciata di secondi dalla fine del primo tempo, per pochi centimetri non trova il raddoppio: si va comunque al riposo con il risultato di Lazio-Napoli 0-1.
Lorenzo, ristoratore che vive nella Grande Mela da circa cinque anni, durante l’intervallo, ci racconta come “nonostante la lontananza dall’Italia, facciamo grossi sacrifici per seguire la Lazio. Sono sacrifici che facciamo molto volentieri proprio per amore della nostra squadra. L’Italia, poi, è lontana e, soprattutto per questioni lavorative, raramente possiamo andarci. Io ad esempio, in 5 anni, son potuto ritornarci solo una volta. Però ogni volta che vengo qui per vedere le partite con il Lazio Fans Club NY, è come se fossi in famiglia. Fisicamente siamo lontani da loro, ma idealmente siamo sempre al loro fianco, come se fossimo anche noi all’Olimpico”.

Il secondo tempo inizia e tutti, dopo la classica pausa sigaretta trascorsa ad intonare cori a favore della Lazio fuori dal ristorante fra lo stupore generale dei passanti, rientrano nel ristorante: è un inizio alquanto amaro dato che, dopo appena 6 minuti, il folletto Insigne sbuca alle spalle della difesa dei padroni di casa ed anticipa l’uscita di Strakosha, fissando il risultato sullo 0-2.
La Lazio non si perde d’animo e Keita, entrato appena un minuto prima, fallisce un’occasione d’oro per riaprire il match. Al 71’ l’onnipresente Insigne salva sulla linea un tiro a botta sicura di Patric: a questo punto molti al “Via della Pace” capiscono che, nonostante l’innegabile superiorità qualitativa dei giocatori del Napoli, anche la fortuna ha voltato le spalle alla squadra di Inzaghi. Bartocci tenta allora un ultimo colpo a sopresa: cambia la maglia portafortuna che indossava fino a quel momento e ne veste un’altra, sempre della Lazio: “Ho indossato questa maglia, solo ogni domenica durante le partite, da circa due mesi a questa parte. Avevo promesso a me stesso che l’avrei lavata solo dopo la nostra prima sconfitta e l’ho fatto dopo il 3-2 nel derby in Coppa Italia martedì scorso. Alla fine, considerando che abbiamo comunque raggiunto la finale, forse non dovevo lavarla… però, dai, pensandoci bene, dopo due mesi, alla fine ho fatto la cosa giusta ( ride )”.

Nel locale, i canti di incitamento per la Lazio non accennano a diminuire nonostante il passivo a favore degli ospiti e, anzi, vengono omaggiate alcune vecchie glorie biancocelesti, come Signori, Gascoigne, Di Canio e, soprattutto, Chinaglia. Nel finale, l’hombre del partido Insigne firma la sua personale doppietta e fissa il risultato finale sullo 0-3. La Lazio abbandona definitivamente i sogni di Champions ma come ci spiega Marco, studente romano de Roma in vacanza a New York, “è meglio così. Le sconfitte non fanno mai piacere, ovviamente, ma considerando il nostro potenziale, anche se fossimo arrivati terzi, con quali credenziali saremmo andati a giocarci la Champions? Meglio arrivare in Europa League che, per il momento, è ampiamente alla nostra portata piuttosto che andare in Champions League per fare figuracce contro squadre che, attualmente, sono molto più attrezzate di noi” .
Finito il match, i tifosi del Lazio Club NY sono poi usciti fuori dal ristorante per una foto di rito con sciarpe e bandiere. Diversi americani, incuriositi, scattano foto della festa biancoceleste, meravigliati dalla passione scatenata da una semplice partita di calcio, qualcosa di incomprensibile per la pragmatica mente del popolo statunitense. Prima del congedo, però, i laziali cantano un ultimo, goliardico, coro “Il primo col secondo ne avemo presi tre, e Lazio alè e Lazio alè e in finale mica ce vai te” : ogni riferimento alla Roma NON è puramente casuale.
Intervista a due dei nove fondatori del Lazio Club NY Giorgio Chinaglia, Giovanni Bartocci e Federico Salvitti (quest’ultimo si occupa del lato “ digitale” del club)

Com’ è nato questo Fans Club?
Risponde Giovanni Bartocci: “Il club è nato quest’anno, poco più di due mesi fa, e l’ho fondato insieme ad altri 8 tifosi lazialissimi come me, ci definiamo i ‘padri fondatori’ del club. E’ stato dedicato a Giorgio Chinaglia perché lo consideriamo, oltre che bandiera immortale della nostra squadra, anche come l’elemento di connessione tra la Lazio e New York, in questo caso i Cosmos. Siamo molto attivi sui social networks, come Facebook e Instagram, e stiamo notando come la popolarità del nostro club sia in continua crescita: ad esempio, abbiamo ripreso in diretta la nostra esultanza del 2-0 nel derby d’andata di Coppa Italia e il video ha superato il milione di visualizzazioni. Attualmente siamo una cinquantina di iscritti e considerando che siamo attivi da circa due mesi, credo sia davvero un buon risultato Ci sono pervenute iscrizioni al nostro club da Singapore, Australia, Indonesia, oltre che da Italia e Stati Uniti e spediamo le nostre sciarpe in tutte queste aree del mondo. Abbiamo ricevuto anche molti saluti e messaggi dai giocatori della Lazio, come Immobile e Felipe Anderson, e questo ci rende molto orgogliosi. Inoltre, abbiamo anche impegni nel sociale: uno di questi è aiutare un ragazzo indonesiano, Ibrahim, tifoso della Lazio, cieco dalla nascita. Il nostro sogno è riuscire portarlo all’Olimpico per fagli sentire e vivere le emozioni della partita e quelle della nostra squadra del cuore; poi vorremmo anche aiutare un altro ragazzo, Luca, che vive vicino Roma, affetto dalla SLA, sensibilizzando l’opinione pubblica”.
Considerando i rapporti non sempre idilliaci del tifo biancoceleste con il presidente della Lazio Claudio Lotito, voi che idea vi siete fatti?
Risposta entrambi: “Come diceva Giorgio Chinaglia: di Lazio ci si ammala in maniera inguaribile. Noi ne abbiamo passate tante ma siamo sempre molto attaccati ai nostri colori, ai nostri simboli. Lotito ha anche i suoi meriti, però, secondo noi, non ha mai fatto l’ultimo passo per conquistare veramente un popolo che è follemente innamorato di questi colori ed è forse questo il nostro più grande rammarico. Ma alla fine la Lazio è ciò che veramente conta e noi ci sentiamo evangelisti della ‘Parola laziale’”.
Come cercate di seguire le partite di calcio, fra fuso orario, lavori e frenesia newyorkese?
Risponde Federico Salvitti: “Fortunatamente i calendari delle partite e i vari anticipi e posticipi escono molto prima e ci si organizza, nonostante per molti di noi il lavoro richieda molto ore della giornata. Ma alla fine, come detto, in un modo o nell’altro si riesce a trovare il tempo. Ad esempio, una volta ci siam riuniti qui alle 6 di mattina, per una partita, e pensavamo che nessuno sarebbe venuto ed invece alla fine in totale eravamo una quindicina di persone. E quel giorno venne a seguire la partita con noi quello che sarebbe divenuto la nostra mascotte, un ragazzo di nome Paul, milanese ma col cuore biancazzurro”.
Secondo voi, qual è la considerazione del calcio italiano qui negli USA e a New York in particolare?
Risposta entrambi: “Rispetto ad altri campionati, come la Liga o la Premier League, il nostro campionato è seguito in maniera nettamente inferiore. Sia per una questione puramente tecnica, sia per una questione di marketing. Nel primo caso, oltre ad essere un campionato qualitativamente scadente rispetto ad altri, quest’anno è ancor meno avvincente data la classifica praticamente statica da mesi, nella quale le retrocesse (almeno 2 su 3) sono già quasi decise, idem per lo scudetto e la Champions. Dal punto di vista del marketing, è un tipo di calcio abbastanza datato che, quasi, rispecchia molte realtà del nostro Paese e basti pensare in quale modo noi tifosi all’estero dobbiamo seguire le partite in tv: solo un paio di canali trasmettono le partite del calcio italiano ed inoltre spesso la qualità delle immagini è davvero scadente”.
Un pronostico per la finale di Coppa Italia che giocherete contro la Juventus? Juventus che, oltre ad essere una squadra fortissima, ultimamente è la vera bestia nera della Lazio.
Federico Salvitti: “Secco 2-0. Ci prenderanno a pallonate, giocheranno pure meglio e soffriremo molto. Ma vinceremo 2-0, un gol nel primo tempo ed uno nel secondo”.
Interviene Giovanni Bartocci: “Per me vinciamo ai rigori. 1-1 alla fine dei tempi dei supplementari, ma alla fine vinceremo ai rigori. Stavolta vinciamo noi”.